Quelle della Sardegna sono risorse aggiuntive

Fa ancora discutere l’opinione espressa nei giorni scorsi da Simona Bellini nei confronti del Decreto relativo al riparto del Fondo 2013 per la Non Autosufficienza e dopo la replica del Comitato 16 Novembre ONLUS, arriva anche quella di Marco Espa, consigliere regionale della Sardegna, che si sofferma in particolare su quanto scritto da Bellini rispetto alle risorse erogate nell’Isola alle famiglie di persone con disabilità

Marco Espa

Il consigliere della Regione Sardegna Marco Espa

È vero, non usa mezzi termini, Simona Bellini, nella sua Opinione intitolata Un obolo amaro su un piatto d’argento, pubblicata qualche giorno fa da «Superando.it», ove commenta il Decreto Interministeriale che definisce la ripartizione regionale e la destinazione del Fondo Nazionale 2013 per la Non Autosufficienza. I termini che usa, però, sono molto sbagliati.
Innanzitutto fa specie che ci si impegni in una presunta “guerra tra poveri”. Sono stato infatti testimone di come in tutte le sedi il Comitato 16 Novembre [l’Associazione Malati SLA e Malattie Altamente Invalidanti, che alla fine del 2012 aveva attuato manifestazioni estreme di protesta per ottenere quel Decreto, pur successivamente discusso dallo stesso Comitato, N.d.R.], abbia sempre precisato – a chiunque semplificasse – di non chiedere nulla solo per la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), ma per tutti i malati gravi e gravissimi: se poi i politici e la stampa hanno semplificato, non è certo colpa del Comitato.

Poi Simona Bellini scrive: «Qui mi sembra evidente che si cerchi di “duplicare” quella Delibera dell’Amministrazione Regionale Sardegna [il riferimento è presumibilmente alla Deliberazione della Giunta Regionale della Sardegna 49/14 del 7 dicembre 2011, N.d.R.] la quale – bisognerebbe rifletterci – offre ai caregiver familiari [“assistenti di cura”, N.d.R.] solamente la possibilità di “cancellarsi” del tutto come cittadini e come soggetti portatori di diritti costituzionali, in cambio di un obolo che costringe a lavorare per lo Stato 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno!».
Ebbene, questo è un giudizio fuorviante e anche offensivo per le famiglie sarde che lo hanno letto, un giudizio che non tiene minimamente conto di quanto invece quelle famiglie sarde, che hanno voluto quelle normative, siano state alleviate grazie ad esse e, si può dire, “uscite dagli arresti domiciliari”. Perche quegli 11.000 euro annui di quello che viene chiamato “obolo” si aggiungono ai 47.000 euro annui dei servizi personalizzati, per una dotazione complessiva di circa 60.000 euro a persona, a progetto.
Non sarebbe quindi forse il caso di chiedere scusa proprio a quelle famiglie sarde, per avere espresso su di loro un giudizio cosi sbagliato?

Consigliere della Regione Sardegna e membro della Commissione Regionale Sanità e Politiche Sociali.

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