Un mondo senza disabilità?

Sembra proprio che sia così, a giudicare dalla mancanza – nei vari documenti che si stanno producendo in vista dell’“Expo 2015” di Milano – persino della parola “disabilità”! E tuttavia, scrive Franco Bomprezzi, pensando alle centinaia di migliaia di visitatori con disabilità che arriveranno tra due anni in Italia, «questa è una battaglia che non si può perdere e che sin d’ora va combattuta con forza»

Logo di "Expo 2015"Ho letto e riletto il testo dell’importante e positivo accordo sulle possibili ottocento assunzioni in vista dell’Expo 2015 di Milano. Ne ho letto i resoconti sui giornali, ho anche scaricato il testo commpleto degli allegati che è già presente nel sito della Società Expo. Ma non ho trovato traccia dell’espressione “lavoratori con disabilità”. Mi assicurano che questo tipo di attenzione c’è e ci sarà. Non ho motivo di dubitare degli intenti, ma mi fermo alle parole, e anche ai fatti, per quanto sinora ho potuto constatare, a proposito di attenzione ai temi riguardanti la presenza di persone con disabilità nei sei mesi più attesi della storia metropolitana di Milano e a questo punto dell’Italia (se è vero che la ripresa passera da qui).

L’impatto di una manifestazione mondiale sulla rete delle infrastrutture di servizio, dai trasporti alla ricettività alberghiera, dalla ristorazione agli eventi, è sicuramente complesso e di enorme rilevanza. Il tema ogni volta è lo stesso: che cosa resterà dopo l’effimero? In che modo potremo migliorare il sistema nel quale viviamo, sfruttando una contingenza fortunata e conquistata a suon di promesse?
E per quanto riguarda le persone con disabilità, esistiamo anche noi, con pari dignità e diritto di cittadinanza, nella predisposizione delle soluzioni, delle strategie, delle opportunità di ogni tipo, che, al di là dell’aspetto strettamente economico, possono rappresentare un’occasione irripetibile ed esemplare di buona prassi pubblica e privata?
L’accordo sul lavoro viene additato come possibile esempio per future nuove articolazioni contrattuali, all’insegna della flessibilità e della durata non lunga, ma comunque seria, dei contratti. Benissimo: appare evidente a chiunque che inserire in questo accordo una specifica attenzione al diritto al lavoro anche delle persone con disabilità esige un’attenzione e una competenza del tutto particolare. Mai come in questo caso si potrebbe mettere alla prova, ad esempio, la cultura tecnica di decine di neolaureati disabili, sfornati dalle nostre università, che hanno tutte le caratteristiche per competere con gli altri giovani in cerca di occupazione, ma che sicuramente rischiano di pagare lo scotto di un pregiudizio negativo, oltre alla certezza di non essere in grado di garantire mobilità e flessibilità come da copione appena illustrato. Chi garantirà questo percorso, visto che nel testo manca persino la parola “disabilità”?

Al momento, l’unica luce viene dal Terzo Settore, che nel realizzare la Fondazione Triulza, dal nome della Cascina nella quale, sperabilmente, le organizzazioni non profit e il mondo della cooperazione sociale faranno vedere al mondo un messaggio importante sul tema che è al centro dell’Expo, ovvero l’alimentazione quale fattore di sviluppo per tutti. In quel contesto, anche il mondo della disabilità sarà presente e attivo, con la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), la rete delle associazioni lombarde, componente regionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che ha aderito all’Associazione Exponiamoci, uno dei soci della Fondazione appena nata.
Ma Expo 2015 significa anche, se non prima di tutto, verificare che i visitatori con disabilità o comunque con necessità speciali (quindi anche anziani, per dire) siano in condizione di muoversi liberamente e in autonomia, di informarsi senza difficoltà, di essere ospitati in strutture pienamente accessibili e a prezzi altrettanto accessibili (non solo a 4 o a 5 stelle, per capirsi), di partecipare agli eventi in modo da comprenderli perfettamente, di essere inclusi in modo sistematico nei sei mesi di evento. Stiamo parlando di almeno duecentomila persone (stima personale bassissima, in pratica il 2% di una previsione di 10 milioni di visitatori).
Al momento in cui scrivo non ho conoscenza di progetti seri, di partnership adeguate, di decisioni prese, di lavori in corso fra i soci fondatori di Expo, di iniziative pubbliche, trasparenti e politicamente rilevanti. Spero di essere smentito rapidamente, perché sono assolutamente convinto che questa battaglia non si può perdere, e comunque va combattuta con forza, prima che diventi ridicola, perché fuori tempo massimo.

Direttore responsabile di «Superando.it».

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