Servizi sanitari: altre opinioni di donne con disabilità

Presentiamo altre due interviste a donne con disabilità, sul loro rapporto con i servizi sanitari e in particolare con alcuni più specifici di altri. Il tutto è curato sempre dal Coordinamento del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), già promotore di un’indagine sull’accessibilità dei servizi di ginecologia e ostetricia. E questa volta, a differenza che in altre testimonianze, i riscontri sono abbastanza positivi

donne-con-disabilita-1Presentiamo altre due testimonianze di altrettante donne con disabilità, riguardanti l’accessibilità dei servizi sanitari, contributi, questi, curati dal Coordinamento del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), così come l’indagine intitolata Accessibilità dei servizi di ginecologia e ostetricia alle donne con disabilità, da noi ampiamente presentata qualche tempo fa.
«Ringraziamo di cuore queste donne – scrivono dal Coordinamento del Gruppo Donne UILDM – per avere accettato di condividere la loro esperienza con noi, e segnaliamo che, per ragioni di riservatezza, tutti i loro nomi sono stati sostituiti da pseudonimi scelti dalle stesse intervistate. Non aggiungiamo altro. Ogni donna, a suo modo, ha espresso il proprio punto di vista partendo dal proprio vissuto. Si tratta solo di ascoltare la loro voce».
Dopo quindi le testimonianze di “Stella” e “Fiona”
, è la volta di “Maia” e “Renyclo”.

Potete dirci qual è la vostra età, il titolo di studio, quale tipo di lavoro svolgete e la vostra disabilità?
Maia:
«Ho 49 anni, sono laureata in Psicologia, sono un’impiegata, e sono affetta da SMA2 [atrofia muscolare spinale o amiotrofia di tipo 2, N.d.R.]».
Renyclo: «Ho 36 anni, sono laureata in Scienze dell’Educazione, sono pensionata e ho una miopatia congenita. Sono in sedia a rotelle».

Potete anche dirci qual è la vostra Regione di residenza, se vivete da sole o con altre persone e qual è il vostro livello di autonomia in casa e fuori?
M.:
«Risiedo nel Lazio e vivo con un genitore. Il livello di autonomia è buono, ma sempre con il supporto dell’assistente».
R.: «Risiedo in Emilia Romagna, sono sposata e vivo con mio marito. In casa mi muovo con una sedia da ufficio. Non riesco a vestirmi e ad andare in bagno da sola. Riesco però a fare la doccia da sola, a cucinare, a usare il computer, a tenere in ordine la casa, a fare piccole pulizie e a stirare per poco tempo. All’esterno mi muovo con la carrozzina elettrica e guido un’auto adattata sia ai comandi che per salire e scendere. Pertanto riesco a muovermi abbastanza autonomamente, tranne laddove ci sono delle barriere architettoniche».

Siete mai state invitate a partecipare a qualche campagna di prevenzione sanitaria, come ad esempio lo screening del carcinoma del collo dell’utero, che riguarda tutte le donne di età compresa fra i 25 e i 64 anni?
M.:
«Sì, ho partecipato una volta allo screening per il carcinoma al collo dell’utero, e mi sono recata presso un consultorio. L’approccio è stato ottimo talché posso dire di non essermi sentita una donna disabile».
R.: «Una volta ho partecipato allo screening per fare il Pap Test, mentre a un secondo invito non ho potuto partecipare. La difficoltà principale che si è presentata – sia in quell’occasione che in occasione di altre visite ginecologiche e dei Pap Test -, è quella di mettersi sulla “sedia ginecologica”. In quelle occasioni, infatti, il medico non era sempre lo stesso, per cui le disponibilità variavano a seconda di chi avevo di fronte. In generale sono state maggiori le esperienze positive che quelle negative, a parte il primo impatto: appena mi vedevano, restavano un po’ attoniti, soprattutto nel momento in cui dicevo che ho un compagno/marito, e che ho dei rapporti sessuali!».

Il vostro presidio sanitario di riferimento è raggiungibile attraverso mezzi pubblici accessibili? E nelle vicinanze di esso ci sono parcheggi riservati alle persone con disabilità?
M.:
«Ci sono diversi presìdi, a seconda delle visite che dobbiamo fare. Comunque vado con la mia macchina e di posti riservati ce ne sono».
R.: «I mezzi pubblici sono molto poco accessibili. Di solito vado in auto oppure, se si tratta di strutture vicine, con la sedia a rotelle elettrica. A proposito dei parcheggi, in alcuni casi ci sono, in altri no».

Vi è mai capitato di recarvi in un ospedale o in un ambulatorio, e di non riuscire a raggiungere il luogo per la presenza di ostacoli lungo il percorso? Oppure di non riuscire ad entrare nell’ambulatorio perché inaccessibile?
M.:
«No».
R.: «Pochissime volte».

Avete mai svolto qualcuno di questi esami/visite: visita ginecologica, PAP Test, mammografia, ecografia pelvica, densitometria ossea, prove urodinamiche, colposcopia, ecografia mammaria, isteroscopia?
M.:
«Sì, le ecografie pelvica e mammaria e il Pap Test».
R.: «La visita ginecologica, il PAP Test, l’ecografia pelvica, la densitometria ossea e l’ecografia mammaria».

E in relazione a queste visite, come si è svolta la comunicazione con il medico?
M.:
«Devo dire di non avere mai avuto problemi di approccio e di essere sempre stata coinvolta durante le visite».
R.: «In linea di massima le cose sono andate abbastanza bene: non mi sono sentita molto a mio agio, ma penso che questo accomuni molte donne, soprattutto nel caso della visita ginecologica o del Pap Test. Mi è sempre stato poi comunicato l’esito della visita».

Nella fase preparatoria alla visita, avete potuto usufruire di uno spogliatoio accessibile? E in generale, vi siete sentite rispettate nella vostra riservatezza?
M.:
«Non ho mai visto spogliatoi e sì, sono sempre stata rispettata nella mia privacy».
R.: «No, non ho mai trovato uno spogliatoio: tutte si devono spogliare di fianco al lettino; talvolta c’è un paravento».

Per quelle visite che comportano lo spostamento su un apposito lettino, vi è stato chiesto come avreste voluto essere aiutate nello spostamento? Il lettino in questione era regolabile in altezza? E c’era un sollevatore disponibile, o del personale formato in grado di aiutarvi? Come si sono svolte, infine, le manovre di spostamento per raggiungere il lettino (e viceversa)?
M.:
«Sì, mi viene sempre chiesto se ho bisogno di aiuto, ma io vado a queste visite con le assistenti che sono formate. Devo poi dire che non ho mai trovato lettini regolabili in altezza e ausili di aiuto».
R.: «Quasi sempre mi è stato offerto di essere aiutata. In tutte le visite, per altro, mi sono sempre recata con il mio compagno che mi ha dato l’aiuto principale, talvolta affiancato dall’infermiera. Il medico non mi ha mai aiutato. Quasi mai il lettino era regolabile in altezza, né c’era un sollevatore. Per mettermi sul lettino, mio marito – e talvolta l’infermiera – mi hanno sollevato di peso, come del resto capita in tutte le visite. Idem per scendere, ma per me è più facile, nel senso che riesco ad aiutarmi un po’ di più, mentre quando salgo sono “a peso morto”».

E per altri tipi di visite che comportano invece l’uso di apparecchiature particolari (ad esempio il mammografo, l’apparecchio per eseguire la densitometria ossea ecc.), avete riscontrato difficoltà nel dover utilizzare tali strumentazioni?
M.:
«Fortunatamente non ho mai dovuto usare questo tipo di strumentazioni».
R.: «Le difficoltà riguardano la “sedia ginecologica”. Per quanto concerne invece la densitometria, l’ho fatta stando sul lettino, per cui è stato difficile stendersi, mentre l’ecografia al seno l’ho fatta stando in sedia a rotelle, cosicché non ci sono stati problemi».

In caso di difficoltà, avete mai fatto un ricorso o pensato di farlo?
R.:
«No, non ho mai fatto ricorso. In Italia penso sia inutile, perché viene data sempre la solita risposta: “Non ci sono soldi per avere un’attrezzatura adeguata”!».

Basandovi sulla vostra esperienza personale, dunque, qual è la vostra impressione generale rispetto all’accesso ai servizi sanitari da parte delle persone con disabilità?
M.:
«In conclusione posso dire che personalmente – se parliamo di visite ginecologiche -, non ho mai avuto problemi. Per altre, invece, sì».
R.: «L’ostacolo principale è il lettino, poiché ve ne sono pochissimi di regolabili in altezza. Inoltre, raramente c’è il personale predisposto ad aiutarmi, a vestirmi e svestirmi, per cui devo essere sempre accompagnata… e ciò mi infastidisce».

Le presenti interviste sono già apparse nel sito del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e vengono qui riprese, con alcuni riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

Il Gruppo Donne UILDM
Quattordici eventi e altrettante pubblicazioni della collana Donna e disabilità, tantissimi articoli, interviste, recensioni, adesioni a campagne ecc., organizzati per temi, varie segnalazioni di film attinenti alle donne disabili, centinaia di film attinenti alle donne disabili, centinaia di segnalazioni bibliografiche e di risorse internet schedate: è questa la produzione del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.
Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio àmbito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto allora da Francesca Arcadu, Annalisa Benedetti, Valentina Boscolo, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Fulvia Reggiani e Gaia Valmarin), decise di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i propri obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la creazione di un repertorio (VRD – Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità.
Nel 2011 il Gruppo Donne UILDM (che è anche su Facebook) ha anche ricevuto da Decima Musa Caravaggio (Associazione Culturale Europea-Compagnia Teatrale) il Premio Decima Musa «per il valore di un’attività finalizzata al raggiungimento delle pari opportunità, che sottolinea e affronta il problema specifico e la situazione delle donne disabili».

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