Normale prassi? No, quelli sono maltrattamenti!

Riferendosi ad alcuni articoli di giornale e ad altri testi apparsi nei social network, che interpretano come “normale prassi” il comportamento degli operatori della Casa di Alice di Grottammare (Ascoli Piceno), arrestati con l’accusa di violenze nei confronti di persone con autismo, l’ANGSA Marche – Associazione costituitasi parte civile nella vicenda – respinge quelli che ritiene come «squallidi tentativi di minimizzare i fatti accaduti»

Ragazzo seduto con la testa chinataSulla recente vicenda dei cinque operatori della struttura di Grottammare (Ascoli Piceno), arrestati per le violenze perpetrate nei confronti di persone con autismo, riceviamo e ben volentieri pubblichiamo la seguente opinione espressa dall’ANGSA Marche (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), la quale tra l’altro – come abbiamo anche noi riferito – ha deciso, rispetto al grave fatto, di costituirsi parte civile «a tutela delle persone autistiche gravemente violate e delle loro famiglie, affinché vengano accertate tutte le eventuali responsabilità personali, amministrative e politiche e venga fatta giustizia esemplare».

Dalla lettura di alcuni articoli pubblicati dai giornali e di altri testi circolati nei social network, in difesa del comportamento degli educatori della Casa di Alice di Grottammare (Ascoli Piceno), abbiamo potuto constatare, con nostra grande costernazione, come il “contenimento” nella tristemente famosa “stanza azzurra” sia da molti considerato una prassi del tutto normale e consolidata nelle strutture che ospitano persone autistiche [l’intervento delle Forze dell’Ordine nella struttura marchigiana avrebbe infatti portato alla luce anche l’uso sistematico di mezzi di contenzione, come appunto quello legato a una cosiddetta “stanza azzurra di contenimento”, N.d.R.].
Noi genitori, in attesa che la giustizia faccia il suo corso, respingiamo fermamente questi squallidi tentativi di minimizzare i fatti accaduti, e ci sentiamo profondamente offesi dalle ignobili parole di queste persone che stigmatizzano i nostri figli, dipingendoli come «violenti e aggressivi», come se i ragazzi autistici stessi fossero i veri colpevoli della situazione, poiché non lascerebbero agli operatori altra alternativa che la violenza, per cercare di fermare un loro eventuale comportamento problematico.

La nostra decisione di costituirci parte civile nella vicenda, insieme all’Associazione Magica-Mente (noi e l’autismo) di Folignano (Ascoli Piceno), non è una crociata contro la Casa di Alice, ma un modo di far sentire a quei genitori e ragazzi la nostra vicinanza concreta, e di sottoporre in modo deciso all’attenzione delle Istituzioni la nostra grande preoccupazione che questo episodio non costituisca un caso isolato, ma sia più frequente di quello che si vuole immaginare, nelle strutture che ospitano persone con fragilità, dai disabili agli anziani, alle persone con problemi di salute mentale.
Nel nostro caso, inoltre, al dolore del sospetto si aggiunge anche la triste consapevolezza che la maggior parte delle persone autistiche non riesce ad esprimere in modo comprensibile il proprio disagio e, pur potendo manifestare una certa aggressività nei momenti di crisi, rimane del tutto inerme di fronte ai maltrattamenti.
Come genitori ci aspetteremmo che, in una struttura accogliente, qualora gli educatori si trovassero in difficoltà, normalmente condividessero i loro problemi con le famiglie, così da poter elaborare insieme (personale, coordinatori, genitori) strategie efficaci per attenuare le situazioni di disagio. Ma se invece non esiste alcun tipo di collaborazione con i familiari – ormai universalmente riconosciuti come fondamentali co-protagonisti nel progetto di vita del proprio figlio – né umana empatia o coscienza, anche avendo la migliore formazione degli educatori (fortemente auspicata), non si potranno ottenere i risultati sperati.

Siamo ben consapevoli che prendersi cura – non amiamo i termini “gestire”, “trattare” ecc. – dei nostri figli non sia semplice, ed è proprio per questo che da quando è stato avviato il Progetto Autismo Marche, ci siamo sempre posti a fianco degli educatori, persone come noi in prima linea, impegnandoci con tutti gli strumenti a nostra disposizione per ottenere l’apertura di un Centro di Riferimento Regionale per Adolescenti e Adulti Autistici, corrispettivo del Centro di Riferimento Regionale per l’Età Evolutiva già avviato da anni. Questo perché siamo sempre stati coscienti che, in mancanza di un polo operativo di riferimento e coordinamento, le varie strutture del territorio regionale non avrebbero mai potuto costituire quella rete di progettazione, scambio e sostegno che tutti auspicavamo nella delibera con cui il Progetto Autismo venne concepito.
Purtroppo il Centro non è stato ancora attivato, ma finalmente le Istituzioni si sono rese conto che esso debba avere necessariamente priorità massima nell’attuazione della “Legge Regionale per i Disturbi dello Spettro Autistico” di prossima presentazione in aula. In questa Legge, inoltre, noi genitori abbiamo chiesto che vengano istituiti Comitati di controllo, con la possibilità di esserne parte integrante, per garantire la tutela della salute e della serenità dei nostri figli in tutte le sue accezioni. Infatti, semplici controlli istituzionali preannunciati – anche se effettuati – non sono sicuramente sufficienti a darci rassicurazioni.
Ragazzi, adulti, e anche bambini autistici vivono in un mondo di ansia e timore del futuro e quest’ansia andrebbe placata attraverso strategie personalizzate di comunicazione, atte sia a rassicurare che a fornire strumenti che permettano loro di affrontare con la massima serenità possibile una vita non certo facile.

Abbiamo poi dovuto leggere e ascoltare veri e proprio fiumi di falsità sulla presunta responsabilità del Progetto Autismo stesso su quanto accaduto a Grottammare, perché in esso sarebbero previste obbligatoriamente “stanze di contenimento” nelle strutture, e a questo proposito, da Associazione che ha partecipato alla redazione di quel progetto, riteniamo necessario fare un minimo di chiarezza. I fatti, dunque, sono i seguenti.

Ai tempi dell’avvio del progetto, noi genitori avevamo fatto presente alla Regione che le strutture per disabili (Centri Diurni e Residenziali, non dedicati all’autismo perché non ce n’erano) respingevano sistematicamente le domande di inserimento dei nostri figli perché troppo difficili da gestire. Così erano state elaborate alcune facilitazioni per favorire l’inserimento stesso. Tra le più significative, vogliamo menzionare:
– finanziamento ai Centri Diurni e Residenziali di un monte ore settimanale per la presenza di un educatore, formato con specifici corsi e in rapporto di 1 a 1, a totale carico della Regione, dietro la presentazione di un progetto ri-abilitativo personalizzato;
– finanziamento della ristrutturazione di una stanza, in cui il ragazzo potesse lavorare al suo programma ri-abilitativo in qualche momento delle sue ore di rapporto 1 a 1, qualora l’ambiente circostante fosse stato troppo disturbante dal punto di vista sensoriale. La stanza stessa avrebbe potuto essere utilizzata dall’educatore per meglio superare eventuali momenti di crisi, allontanando temporaneamente il ragazzo dal gruppo e permettendogli di rilassarsi e calmarsi, ovviamente sotto controllo costante.
A tal proposito, riportiamo per correttezza alcuni stralci dalle relative Delibere: nella Delibera di Giunta Regionale n. 1891 del 29 ottobre 2002 – per intenderci, la prima Delibera che dava l’avvio al Progetto Autismo Marche -, si prevedeva una stanza in questi termini: «…una stanza per il lavoro strutturato in funzione di specifici apprendimenti (autonomie, competenze cognitive, utilizzo di strumenti informatici, attività comunicative, attività pre-lavorative, ecc.)». Una successiva Delibera attuativa (n. 1206 dell’8 settembre 2003) prevedeva che «…i lavori di riadattamento dell’immobile devono consentire di ricavare una stanza per svolgere attività individuali con l’ospite autistico e per gestire eventuali momenti di crisi. La stanza deve avere una dimensione di non meno di 12 mq, disporre di adeguata aerazione ed illuminazione e non presentare punti pericolosi. La dotazione di attrezzature ed arredi, considerando la tipologia di utenza cui va destinata, deve essere minimale e prevedere esclusivamente: un tavolo, due sedie, un divanetto, uno o due scaffali con rotelle [grassetti nostri nelle citazioni, N.d.R.]».

Mai, dunque, in quelle Delibere viene menzionata una “stanza di contenimento” completamente priva di arredi in cui rinchiudere il ragazzo autistico. Non solo: da quelle frasi si evince senza ombra di dubbio come tale stanza fosse concepita per finalità e modalità di utilizzo che nulla hanno a che vedere con quelle attuate nella giustamente famigerata “stanza azzurra” della Casa di Alice…

Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autsitici Marche.

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