Andalusia, la regola del fare

«Da semplice turista con disabilità – scrive Simone Fanti – in Andalusia mi sono sentito un ospite, in una Spagna del sud che a dispetto della crisi, ha agito molto, negli ultimi due decenni, per aumentare l’accessibilità, sia abbattendo gradini, che allestendo rampe o adattando taxi. Il “paradiso del disabile”? No, ma che strano per me, disabile milanese, poter tornare a prendere i mezzi pubblici!»

Malaga, Museo Picasso

Il Museo Picasso di Malaga

Vorrei portare i Lettori in un luogo dove i taxi della grandi città sono adattati e i principali monumenti e i negozi del centro sono accessibili. Parlo dell’antica El Andalus, la moderna Andalusia, dove i miei ricordi, che risalivano a più di vent’anni fa, si sono cancellati d’incanto. Sì, perché i palazzi sono stati restaurati, molti gradini abbattuti, i centri ripuliti e resi pedonali. La Spagna del sud che ricordavo come turisticamente arretrata sul fronte delle disabilità ci ha superato con un balzo. A dispetto della crisi.
È la regola del fare, dell’agire. Non quella dei grandi proclami, che invece sin troppo spesso caratterizzano il nostro Paese, perdendosi nel nulla. Pur con grandi problemi economici, forse più forti dei nostri sul piano dell’occupazione, anche per colpa del tracollo dell’edilizia, la Spagna ha agito. Noi abbiamo parlato e fantasticato, loro hanno costruito infrastrutture, autostrade e superstrade, hanno adeguato gli edifici e ne hanno eretti di nuovi dalle forme plastiche che si integrano e arricchiscono il paesaggio cittadino. Come la Città delle Arti e della Scienza di Valencia, città che merita una sosta lungo il tragitto che dall’Italia portò verso le “Colonne d’Ercole” e i suoi 110 ettari di parco cittadino, ricavato dal vecchio letto del fiume Turia.

Gli spagnoli hanno fatto scelte difficili: via le auto dal centro (attenzione: i tanti parcheggi sotterranei in cui si deve lasciare la vettura spesso non dispongono di un ascensore per risalire in superficie). I turisti, tanti anche fuori stagione, sono lasciati a piede e ruota libera di scorrazzare tra i negozi e i tavolini dei bar all’aperto.
Le Amministrazioni cittadine hanno scelto di integrare anche le persone con disabilità motorie, grazie a rampe, superfici lisce per la pavimentazione, qualche ascensore e taxi adattati al trasporto di persone, anche se sedute su una sedia a rotelle.
È forse quest’ultimo dato che mi ha sorpreso: i tanti taxi adattati per i disabili. Non solo uno, come a Milano (che tra qualche mese diventerà la “caput mundi” grazie all’Expo) [di ciò aveva scritto qualche tempo fa in «Superando.it» Franco Bomprezzi, N.d.R.]. Mi è capitato più volte di trovarne uno in coda al parcheggio riservato ad attendere i clienti, bipedi o in carrozzina che fossero.
E poi che strano, per me disabile milanese, tornare a prendere i mezzi pubblici! Sì, inspiegabilmente per me italiano, le semplici pedane “a mano” o quelle meccaniche degli autobus attrezzati (un gran numero se non la totalità) lì funzionano. Forse sono stato particolarmente fortunato, ma le ho trovate tutte funzionanti. Sinceramente non lo farei a Milano, dove montascale, pedane e ausili vari sembrano sempre essere rotti, trascurati o senza la chiave per metterli in funzione.

E così il Museo Picasso a Malaga, l’Alcazar di Siviglia e il suo centro storico, l’Alhambra di Granada (che però devo ammettere peccava nell’indicare i tragitti più adatti alle sedie a rotelle, ma che dispone di una videoguida, al posto dell’audioguida, per i non udenti) sono diventati preda ghiotta delle mie visite, così come i passeo, le passeggiate nella bianca Cadice e le cantine dove si affina lo Sherry a Jerez (cliccare qui per trovare altre idee di viaggio accessibili in Spagna).
Ecco dunque che da semplice turista con disabilità mi sono sentito un ospite. Libero di fare, girare in semiautonomia – alcune pendenze erano fuori portata dalle mie braccia e ho dovuto chiedere una spinta – tanto quanto, a suo tempo, lo ero stato a Lanzarote, nelle Canarie, quando avevo potuto affittare una macchina a noleggio adattata e girovagare per l’ìsola.

Il “paradiso del disabile”? Direi di no. Ad esempio Ronda, con i suoi sanpietrini sconnessi, è stata per me una città da incubo: niente parcheggio, strade sconnesse e pochi edifici accessibili. Altrettanto problematico trovare un bagno adeguato nei ristorantini dove tapas e sangria si gustano in esterno. Meno male che ci sono i musei e le hall dei grandi alberghi in cui trovare rifugio per un rapido bisognino. Senza incontrare sguardi torvi alla reception, ma solo grandi sorrisi.

Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Olè, tra tapas e sanfria il disabile è un ospite”. Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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