Molti cittadini con disabilità vorrebbero votare, ma non potranno ancora farlo

Nello scorso mese di marzo, il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) – fondamentale organo consultivo della Commissione Europea – ha reso pubblica la relazione informativa intitolata “La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle Elezioni del Parlamento Europeo”, dalla quale emerge che, nonostante i numerosi atti giuridici vincolanti che nell’Unione Europea tutelano i diritti delle persone con disabilità, milioni di esse non potranno esprimere il loro voto alle prossime Elezioni Europee di fine maggio o quanto meno potrebbero incontrare difficoltà a farlo

Realizzazione grafica con tanti omini colorati che vanno a votareCome avevamo segnalato sulle nostre pagine, nello scorso mese di marzo il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) – fondamentale organo consultivo della Commissione Europea – ha reso pubblica la relazione informativa intitolata La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle Elezioni del Parlamento Europeo, dalla quale emerge che, nonostante i numerosi atti giuridici vincolanti che nell’Unione Europea tutelano i diritti delle persone con disabilità, milioni di esse non potranno esprimere il loro voto alle prossime Elezioni Europee di fine maggio o quanto meno potrebbero incontrare difficoltà a farlo.
In tal senso il relatore del rapporto, il polacco Krzysztof Pater, ha dichiarato in sede di presentazione che «questa relazione rivela un’Europa dal volto ancora poco umano, mettendo a nudo una realtà assai lontana dalle nostre aspettative, dagli atti giuridici fondamentali del diritto internazionale e dalle dichiarazioni politiche».
Facendo poi riferimento alla campagna Stavolta voto (This time I’m voting), lanciata recentemente dal Parlamento Europeo, Pater ha aggiunto: «Sembra proprio che, per i responsabili politici e per gli organi d’informazione, l’unico problema sia come motivare i cittadini europei a votare. Eppure tutto ciò che molti cittadini con disabilità desiderosi di votare potranno fare sarà solo constatare che, ancora una volta, non saranno materialmente in grado di esprimere il loro voto, a causa delle “barriere tecniche” ancora esistenti nel proprio Paese, mentre molti altri non saranno autorizzati a votare in base al diritto nazionale vigente nel proprio Stato».

Entrando nel dettaglio della relazione del CESE, va innanzitutto sottolineato che milioni di elettori con disabilità saranno dissuasi dall’esercitare il proprio diritto di voto, a causa delle “barriere tecniche” presenti nei seggi elettorali – come ricordato da Pater -, che non tengono conto delle necessità derivanti dai loro vari tipi di disabilità.
Si stima poi che in 16 Stati dell’Unione circa 800.000 cittadini europei con problemi di salute mentale o con disabilità intellettive saranno privati del diritto di voto sulla base delle norme nazionali in vigore, dato, questo, a dir poco preoccupante.
In nove Stati, infatti, queste persone perdono automaticamente il diritto di voto quando viene limitata la loro capacità di agire o quando viene loro assegnato un tutore, mentre in base alla legge di altri sette Stati, la capacità di votare di questi cittadini viene valutata caso per caso dall’Autorità Giudiziaria o da Commissioni Mediche.
In tal senso, le procedure di revoca del diritto di voto variano notevolmente da uno Stato Membro all’altro. Mentre infatti in alcuni Paesi riguardano soltanto persone in gravi condizioni di salute e non in grado di avere alcun contatto con altre persone, in altri costringono migliaia di persone ad una complessa procedura che talvolta comprende persino una prova di cultura generale, con domande di fisica o di storia (ad esempio: «Cos’è la velocità della luce?» o «Chi era Caterina la Grande?»).
Le cifre stesse, del resto, sono molto variabili: in Portogallo, ad esempio, risulterebbe che solo un centinaio di persone non sarebbe in grado di esercitare il diritto di voto, mentre in Germania e in Polonia il loro numero salirebbe rispettivamente a 82.000 e 90.000 persone.

Per quanto riguarda quelle che nel rapporto del CESE vengono definite come “barriere tecniche” e che segnatamente comprendono sia le barriere architettoniche che quelle percettivo-sensoriali, la questione dell’adeguamento dei seggi viene affrontata in modo molto diverso dai singoli Stati dell’Unione Europea. Sei Paesi, infatti, non dispongono di alcuna norma in materia di accessibilità dei seggi stessi alle persone con disabilità. E se è vero che undici Paesi applicano il principio generale secondo cui tutti i seggi devono essere accessibili, nella pratica tale accessibilità viene intesa in modo assai restrittivo.
«In molti casi – ha spiegato Pater – le autorità pubbliche definiscono un seggio elettorale “accessibile” solo se può accedervi un elettore in carrozzina, tralasciando quindi le esigenze di coloro che presentano (molti) altri tipi di disabilità. A tal proposito si può certamente affermare con cognizione di causa che la stragrande maggioranza dei seggi elettorali non è pienamente adattata alle esigenze delle persone con tipi diversi di disabilità».
Anche qui è il caso di entrare nel dettaglio, rilevando come in ben 18 Stati dell’Unione gli elettori non vedenti non possano votare in maniera autonoma e che in otto Stati non sono previste forme alternative di voto, quali il voto per corrispondenza, il voto elettronico o il voto con un’urna elettorale mobile. Ciò significa naturalmente che in tali Paesi chiunque non sia fisicamente in grado di recarsi presso il seggio elettorale non potrà votare.
E ancora, in ben 12 Stati le norme nazionali non consentono agli elettori di cambiare seggio elettorale, votando in uno più adatto di quello loro assegnato in base al luogo di residenza.

«Tuttavia – ha sottolineato Pater -, a dispetto di questo quadro desolante, la nostra relazione indica anche alcuni motivi di speranza. In essa, infatti, vengono elencati circa duecento esempi di buone pratiche e soluzioni positive riscontrabili in ciascuno Stato dell’Unione».
In Romania, ad esempio, agli elettori è consentito apporre un segno accanto al nome del candidato utilizzando un timbro ottenuto dalla Commissione Elettorale.
In Lituania le autorità pubblicano online una mappa in cui sono indicati i seggi elettorali più adatti agli elettori a mobilità ridotta.
In Estonia tutti i cittadini hanno la possibilità di votare mediante un sistema elettronico.
In Danimarca si può votare anticipatamente, da due giorni a tre settimane prima della data delle elezioni, presso appositi seggi elettorali.
E vengono anche elencati i più recenti sviluppi positivi nei Paesi dell’Unione, come la progressiva abolizione di quelle norme che privano automaticamente del diritto di voto tutti i cittadini posti sotto tutela.

A conclusione della presentazione della relazione, i componenti del CESE hanno deciso all’unanimità di trasmetterla alle Istituzioni dell’Unione Europea, ai Governi Nazionali e alle Organizzazioni Non Governative che rappresentano le persone con disabilità o si battono per i diritti umani.
Lo stesso Pater, del resto, ha voluto sottolineare che lo scopo del documento non è quello di criticare questo o quel Paese, ma di «auspicare che, traendo spunto dagli esempi positivi presentati, i responsabili decisionali elaborino, sia a livello di Unione Europea che dei singoli Stati, soluzioni globali per rimuovere le barriere giuridiche e tecniche che ancora impediscono a un gruppo così cospicuo di cittadini europei di esercitare un diritto fondamentale. E ci si augura di avere prodotto un rapporto utile anche alle Organizzazioni Non Governative che si battono nei vari Paesi dell’Unione, affinché sia garantito il diritto di voto anche a queste persone».
«Se fossero attuate le buone pratiche raccolte in tutti i Paesi – ha concluso -, si creerebbe un sistema ideale in cui ogni cittadino europeo con disabilità potrebbe non solo esercitare pienamente il diritto di voto, ma anche scegliere il mezzo più idoneo per farlo. Sono altresì convinto che questa nostra relazione contribuirà all’elaborazione di norme volte a garantire che non un solo cittadino dell’Unione Europea sia privato del diritto di voto alle Elezioni del Parlamento Europeo che si svolgeranno tra cinque anni, nel 2024».

Un’ultima annotazione riguardante i criteri con i quali è stata elaborata la relazione del CESE. Essa si è basata su una serie di indagini condotte tra il 2016 e la fine del 2018 in tutti gli Stati membri dell’Unione, tranne che nel Regno Unito. Le informazioni sono state fornite, per la maggior parte, da autorità pubbliche responsabili del processo elettorale e da Organizzazioni Non Governative che rappresentano o sostengono le persone con disabilità, ma anche da Europarlamentari e da rappresentanti dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità. (Stefano Borgato)

Ringraziamo per la fondamentale collaborazione Laura Irena Lui e Daniela Marangoni del CESE.

A questo link è disponibile (in tutte le lingue ufficiali dell’Unione Europea), il testo integrale della relazione La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle Elezioni del Parlamento Europeo, realizzata dal CESE. Una sintesi della stessa, in forma di opuscolo (in inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano e polacco), è disponibile invece a quest’altro link.

Sul tema del diritto di voto delle persone con disabilità, suggeriamo ai Lettori di fare riferimento anche all’elenco di articoli da noi pubblicati, presente nella colonnina a destra del testo Partecipazione politica e diritto di voto per tutte le persone con disabilità.

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