Quale rappresentanza per la disabilità?

«Sembra proprio – scrive Andrea Pancaldi – che i temi della partecipazione e dei relativi meccanismi di rappresentanza tornino, fortunatamente, ad essere possibile oggetto di un dibattito. L’immenso archivio di Luciano Tavazza, uno dei “padri” del volontariato moderno, oggi disponibile online, così come i libri suoi o a lui dedicati, ci possono fornire utili strumenti di interpretazione, anche per il mondo della disabilità, per cui le barriere non sono il solo tema importante e che non ha bisogno di “eroi a tempo pieno”, ma di straordinaria normale quotidianità»

Dentro un labirinto un omino ne sorregge un altro che scruta fuori dal labirinto stessoDisabilità e politica: ci hanno navigato molto o poco tutte le formazioni politiche, sia nelle tornate elettorali nazionali che in quelle locali.
Disabilità e barriere ancora di più, con la rappresentazione più semplice, grazie all’apparente ovvietà dell’equazione carrozzina/scivolo, meglio ancora se accompagnata da interminabili gallerie fotografiche sulle edizioni online dei giornali, e ancora “più meglio” (…mi si perdoni la sgrammaticatura) se a sollevare il problema è il “disabile eccellente” di turno… giornalista, scrittore, atleta, blogger, webmaster che sia.
Dopo il nulla relativo al Ministero della Disabilità, ora anche le Sardine dichiarano di voler essere il «megafono dei diritti delle persone disabili», dopo l’ennesima galleria fotografica sulle barriere pubblicata dalle pagine bolognesi di «la Repubblica». Speriamo che dopo il titolo sul giornale si buttino anche a studiare, per non vanificare il buono fatto fino ad ora.

Tutto questo per porre alla riflessione il tema della rappresentanza della disabilità e della grande responsabilità che questo assume nei tempi che viviamo, in quanto pezzo della diversità e del sociale che, almeno mediaticamente, non evoca fantasmi. Fatto di “buoni” per definizione, che nemmeno la periodica “fiera dei falsi invalidi” può scalfire, e che deve decidere se essere usato a volte come contraltare ai “cattivi/pericolosi” (immigrati, rom, tossici, carcerati, minori devianti, malati mentali, “barboni” che determinano “degrado”) o, all’opposto, esserne compagno di strada nella battaglia di civiltà contro ogni razzismo, ogni pietistica benevolenza, ma anche contro ogni ignoranza, nel senso di non-conoscenza, che di danni ne fa altrettanti, oltre alla pretesa di essere voce di altri senza nemmeno averglielo chiesto o basandosi solo su un articolo di giornale.

La rappresentanza del sociale, come la rappresentanza in generale, vive una stagione difficile e ambigua. La stessa rappresentanza della disabilità vive una fase “tra non più e non ancora”.
Non è più quella affidata esclusivamente all’associazionismo di categoria, che sta cambiando pelle sotto la spinta delle dinamiche del Terzo Settore, con meno peso, almeno nella mia realtà, per una rappresentanza fatta da genitori o da quadri associativi essi stessi disabili, a discapito di un associazionismo fatto sostanzialmente di operatori.
A questo si aggiunge che la logica della disintermediazione ovviamente esiste anche in questo àmbito e sempre più spesso le dinamiche culturali o politiche viaggiano al traino delle parole e dell’immagine di “eroi” disabili, locali o nazionali, che per essere tali debbono agire in solitudine, e che rimane ancorata ai primi piani (con il e relativo rischio di “miopia”, nel vedere le cose solo da vicino) e che inevitabilmente si depotenzia se vuole allargare il ragionamento a scenari e relative complessità.

Luciano Tavazza, fondatore nel 1978 del MoVI (Movimento del Volontariato Italiano), uno dei “padri” del volontariato moderno, ha sempre sottolineato la necessità di un ruolo politico del volontariato, ciò a cui è ascrivibile la gran parte dell’associazionismo italiano della disabilità, che fosse cioè attento alla politica e al confronto con i partiti, ma anche autonomo e capace di sfuggire, se volontariato vuole continuare ad essere (altre scelte sono più che legittime), alle sirene di una semplice cooptazione. Un’attenzione capace anche di tratti di strada comuni, ma anche di non “con-fondersi”.

Alla vigilia della riscrittura della Carta dei Valori del Volontariato, durante i giorni di Padova Capitale Europea del Volontariato 2020 e delle piazze delle Sardine animate di voglia di esserci, i temi della partecipazione e dei relativi meccanismi di rappresentanza tornano, fortunatamente, ad essere possibile oggetto di un dibattito.
I precedenti non depongono troppo a favore, ma i passi in avanti viaggiano pur sempre sulle gambe e i cuori delle persone. L’ immenso archivio di Luciano Tavazza, messo ora a disposizione online dall’Associazione a lui dedicata, come i libri suoi o che di lui parlano, ci possono fornire utili strumenti di interpretazione. Anche per il mondo della disabilità, per cui le barriere non sono il solo tema importante e che non ha bisogno di “eroi a tempo pieno”, ma di straordinaria normale quotidianità.

Per approfondire ulteriormente:
° Luciano Tavazza, Il volontariato nella transizione. Le prospettive e le sfide fondamentali, Roma, FIVOL (Fondazione Italiana per il Volontariato), 1998.
° Luciano Tavazza, Dalla terra promessa alla terra permessa. Scelte, sfide, progettualità nel cammino del MO.V.I,, Roma, FIVOL (Fondazione Italiana per il Volontariato), 2001.
° Il sito e l’archivio online dell’Associazione Luciana Tavazza.
° Renato Frisanco, Luciano Tavazza e il volontariato: dalla memoria al futuro. L’avventura di un profeta della solidarietà, Roma, Palombi, 2018.
° Renato Frisanco, Luciano Tavazza, un profeta della solidarietà, in «Superando.it», 29 ottobre 2018.
° Renato Frisanco (a cura di), Luciano Tavazza: una vita per la solidarietà. La parola ai testimoni, Roma, Palombi, 2019.
° Andrea Pancaldi, Volontariato: capacità politica ed elaborazione di pensiero cercasi, in «Scambi di Prospettive», novembre 2018.
° Da Padova 2020 una nuova Carta dei valori del volontariato, in «Redattore Sociale», 9 febbraio 2020.

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