Perché non condivido quelle critiche alla Legge Lombarda sulla vita indipendente

«Pur essendo probabilmente troppo condizionato dalla formazione professionale di ex avvocato che guarda alle norme come a un tentativo di soluzione pratica di problemi complessi – scrive Salvatore Nocera – ritengo di non avere ravvisato né “poca chiarezza”, né “molti fraintendimenti” in quella recente Legge Regionale Lombarda sulla vita indipendente delle persone con disabilità, come invece sottolineato, su queste stesse pagine, dall’organizzazione ENIL Lombardia»

Uomo in carrozzina mentre lavora a un tavolo, fotografato di spalleHo letto con meraviglia in «Superando.it» quella che costituisce una vera e propria “stroncatura”, da parte di ENIL Lombardia (Rete per la Vita Indipendente in Lombardia) della recente Legge Regionale Lombarda 25/22 (Politiche di welfare sociale regionale per il riconoscimento del diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità), che ha sostanzialmente recepito una Proposta di Legge avanzata nel novembre del 2020 al Consiglio Regionale della Lombardia dalla LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Secondo la critica di  ENIL Lombardia, dunque, in tale legge vi sarebbero «poca chiarezza e molti fraintendimenti». La mia meraviglia non deriva tanto dal fatto che in un mio precedente commento su quella Legge, pubblicato anch’esso su queste pagine, non avessi ravvisato né «poca chiarezza», né «molti fraintendimenti», quanto dal fatto che rilevo alcuni “fraintendimenti” proprio nella critica di ENIL Lombardia e vorrei spiegare perché.

Si lamenta innanzitutto che occorra necessariamente un “progetto di vita” per realizzare la vita indipendente delle persone con disabilità. Ma questo è previsto come un “diritto” e non già come un obbligo dall’articolo 14 della Legge Nazionale 328/00. Se è un diritto, chi vuole se ne avvale e chi ritiene di non averne bisogno può farne legittimamente a meno.

Si dà poi una duplice interpretazione del termine “partecipato”, denunciando prima il fatto che ciò significherebbe rendere necessaria la presenza di altri Enti, oltre al Comune, che debbano intervenire nel formulare il progetto, affermando successivamente che il termine significherebbe rendere necessaria la «partecipazione finanziaria» da parte di chi chiede il progetto di vita.

Ora, sul primo significato è da tener presente che i progetti più complessi debbono necessariamente avvalersi anche delle risorse, previste per legge, da parte di altri soggetti pubblici, quali ASL, Scuole, Centri di Formazione Professionale, Centri per l’Impiego, Enti del Terzo Settore. E proprio per favorire la convergenza di tutti questi possibili soggetti, la già citata Legge 328/00, all’articolo 19, prevede la stipula di Accordi di Programma promossi dal Comune con tutti i soggetti interessati al progetto.

Quanto al secondo significato lascia sbalorditi l’interpretazione del termine “partecipazione”, poiché comunemente tale termine, per attività che coinvolgono molti soggetti, come appunto il progetto di vita, si riferisce all’“intervento giuridico” di più soggetti, aspetto che non ha nulla a che fare con la “partecipazione finanziaria” dell’interessato.

Si critica quindi la norma che prevede il rimborso dell’“assistente personale”, anziché il finanziamnto diretto da parte dal Comune. Personalmente ritengo che, se il servizio dev’essere finanziato dal Comune, quest’ultimo dovrebbe bandire una gara tra i possibili fornitori e la persona dovrebbe ricevere l’assistente assegnato; mentre la scelta, da parte dell’interessato, dell’assistente personale è fondamentale e quindi di qui il diritto al rimborso. In ogni caso a livello applicativo si potrebbe prevedere un previo accordo tra Comune e interessato, che consentisse l’anticipazione dei fondi allo stesso, come da anni avviene ad esempio in Sardegna, grazie alla normativa sui progetti di vita per la quale ha tanto lavorato l’ABC Sardegna (Associazione Bambini cerebrolesi).

E ancora, viene giudicata come «generica» la norma che prevede di promuovere «modalità di fruizione dei servizi e delle strutture destinate alla generalità…», che a me sembra invece pienamente rispondente al principio di “progettazione universale”.

Non si ritiene infine accettabile il riferimento alla “valutazione multidisciplinare” per la formulazione dei progetti di vita indipendente. E tuttavia, ritengo che nei casi più complessi essa sia sicuramente indispensabile per una corretta conoscenza degli effettivi bisogni degli interessati e per la predisposizione di servizi adeguati, rispettosi proprio dei loro diritti.

In conclusione sembra che le osservazioni critiche di ENIL Lombardia siano piuttosto dettate da una visione fondata solo sui bisogni delle persone con disabilità non complesse, non bisognose, cioè, di “adeguati supporti”. Ci sono effettivamente casi di persone con disabilità motorie lievi che, ovviamente, non hanno bisogno di progetti complessi di vita. Purtroppo, però, non sono la stragrande maggioranza delle persone con disabilità certificata.
Probabilmente si può cercare di comprendere la posizione assunta da ENIL Lombardia leggendo l’interessante analisi elaborata da Giovanni Merlo e pubblicata anch’essa da «Superando.it», riguardante i contenuti delle Linee Guida sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza, prodotte dal Comitato ONU sui  Diritti delle Persone con Disabilità. Ebbene, a mio sommesso avviso,  alcune proposte di tale documento sono pervase della stessa “radicalità” presente nel contributo di ENIL Lombardia.
Chi scrive, vorrei per altro aggiungere, è certamente troppo condizionato dalla formazione professionale di ex avvocato che guarda alle norme come a un tentativo di soluzione pratica di problemi complessi. Sicuramente ci sono esperti di questi problemi molto più competenti di me, che potranno intervenire su queste tematiche, affinché la vita indipendente si realizzi sempre di più, a partire dalla deistituzionalizzazione, per garantire quanto più possibile il rispetto dei bisogni e delle aspirazioni delle «persone prive in tutto od in parte di autonomia», come recita il titolo della Legge 6/04 che istituì l’amministrazione di sostegno.

Presidente del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Nella colonnina a destra del presente testo (Articoli correlati), vi è l’elenco degli altri contributi da noi dedicati alla Legge Regionale Lombarda 25/22, prima ancora dell’approvazione di essa. Come sempre, naturalmente, «Superando.it» è aperto a ogni altro motivato contributo di discussione sul medesimo tema

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