Oggi la lebbra è curabile, ma colpisce ancora perché è “dimenticata”

«Oggi la lebbra non è una malattia incurabile; se colpisce ancora, con numeri addirittura crescenti, è solo perché è letteralmente “dimenticata” dai sistemi sanitari nazionali insieme a una ventina di altre “malattie tropicali neglette”, che colpiscono un miliardo di persone nel mondo delle quali la metà bambini e bambine al di sotto dei 14 anni»: lo dicono dall’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), che nel segno della campagna “Nessuno ai margini”, sarò particolarmente impegnata anche quest’anno, per la 70^ Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra del 29 gennaio

Raoul Follereau

Raoul Follereau (Nevers, 18 agosto 1903-Parigi, 6 dicembre 1977), il “profeta dei malati di lebbra”, che nel 1954 istituì la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra

Come avevamo scritto la scorsa settimana, presentando un importante incontro internazionale a Roma, oggi la lebbra o morbo di Hansen – infezione causata dal bacillo Micobatterio Lepre – è una malattia curabile, debellabile completamente se affrontata nel suo stadio iniziale. Essa, tuttavia, è ancora diffusa soprattutto in alcune zone povere del mondo, dove l’accesso all’educazione e all’informazione è molto basso.
Domenica 29 gennaio, vi sarà la 70^ Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra (World Leprosy Day), evento istituito nel 1954 da Raoul Follereau, il “profeta dei malati di lebbra”, che vedrà anche quest’anno particolarmente impegnata l’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), in tante piazze e davanti alle parrocchie d’Italia, con il Miele della solidarietà, per raccogliere donazioni a sostegno dei propri progetti sociosanitari a favore delle persone in situazione di svantaggio, ma anche e soprattutto per ricordare che la lebbra non è ancora scomparsa nel mondo e che è tuttora un problema di salute per le persone più povere.

«Come AIFO – sostiene il presidente dell’Associazione Antonio Lissoni – non abbiamo mai fatto mancare il nostro impegno, durante questi settant’anni. Si pensi che ogni anno, secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono più di 140.000 le nuove persone colpite dalla lebbra, che si aggiungono ai 3-4 milioni di persone che vivono ancora con la malattia o le sue tristi conseguenze (stima l’OMS) e il numero dei nuovi casi sta di nuovo crescendo, se è vero che dal 2020 al 2021 si è registrato un incremento del 10%. Lottiamo dunque per informare e mobilitare fondi, volti ad evitare che le persone siano colpite due volte: da un lato dal morbo di Hansen, dall’altro dalla disabilità quando, ancora troppo spesso, la malattia viene diagnosticata con ritardo e ha già prodotto effetti irreversibili. Lottiamo perché “nessuno sia ai margini”, che è anche il titolo della nostra campagna di raccolta fondi».

Come accennato inizialmente, oggi la lebbra non è una malattia incurabile; infatti, se essa colpisce ancora, è solo perché è letteralmente “dimenticata” dai sistemi sanitari nazionali insieme a una ventina di altre “malattie tropicali neglette”, che colpiscono un miliardo di persone nel mondo delle quali la metà bambini e bambine al di sotto dei 14 anni.
«La lebbra e le altre malattie tropicali neglette – sottolinea ancora Lissoni – hanno le cause più profonde nella povertà che ostacola l’accesso alle cure primarie e provoca emarginazione. Per questo abbiamo posto la Giornata Mondiale del prossimo 29 gennaio sotto il segno dell’obiettivo Nessuno ai margini. Dal canto nostro, per prevenire la lebbra e le altre malattie tropicali neglette, sosteniamo in Asia, Africa e America Latina i programmi nazionali di prevenzione e i sistemi di salute di base nei territori dove essa è presente. Inoltre, per superare la povertà e l’emarginazione, che a loro volta riproducono malattie ed esclusioni, promuoviamo il coinvolgimento delle comunità nel prendere coscienza dei fattori di rischio, sul piano sanitario e socioeconomico, nel superare paure ancestrali e pregiudizi che condannano all’esclusione dalle comunità stesse coloro che sono colpiti dalla lebbra, da altre malattie e da disabilità».
«Infatti – conclude il Presidente dell’AIFO – sostenere le comunità è altrettanto importante, per far sì che le persone stesse prendano in mano il proprio destino e non siano più “beneficiari passivi”, ma soggetti attivi nel costruire il proprio futuro. È così che attraverso la formazione e il microcredito i membri della comunità – in modo particolare le donne e le persone con disabilità, che sono le più emarginate – possono ritrovare la propria autonomia economica e l’opportunità per superare pregiudizi di ogni sorta». (S.B.) 

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Federica Dona (federica.dona@aifo.it).

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