L’importanza della musicoterapia per bimbi e bimbe con disabilità neuromotorie

La musicoterapia non è solo uno tra gli interventi riabilitativi più efficaci per i bambini con una disabilità neuromotoria, ma lo è anche per i loro genitori, migliorando di gran lunga l’interazione con i propri figli. Ne è consapevole la Fondazione Arielm che proprio in questi mesi promuove il progetto “Suona con me”, destinato a bambini e bambine con paralisi cerebrale infantile tra gli 8 mesi e i 5 anni, con l’obiettivo di porre rimedio alle lunghe liste di attesa del Sistema Sanitario Nazionale per poter accedere a sedute di questa importante strategia terapeutica

Fondazione Ariel, progetto "Suona con me"

L’immagine-simbolo del progetto “Suona con me”, promosso dalla Fondazione Ariel

Da ex bambina colpita da una paralisi cerebrale infantile, faccio spesso una considerazione: i bimbi e le bimbe di oggi con la mia stessa patologia hanno una maggiore varietà di metodi riabilitativi specifici a cui sottoporsi, diversamente a quanto accadeva ai miei tempi, oltre cinquant’anni fa, quando le terapie utilizzate erano poche e standardizzate. Una delle realtà impegnata in questo settore medico-riabilitativo è la Fondazione lombarda Ariel che tra i propri progetti promuove Suona con me, iniziativa destinata appunto a bambini con paralisi cerebrale infantile tra gli 8 mesi e i 5 anni [se ne legga già la presentazione su queste pagine, N.d.R.].
Considerati i molti giovamenti che la musicoterapia porta ai bimbi con questa patologia, l’obiettivo di Ariel è di porre rimedio alle lunghe liste di attesa del Sistema Sanitario Nazionale per poter accedere a sedute di musicoterapia.

Una recente ricerca, condotta dall’Università dell’Arizona e pubblicata dalla rivista «Journal of Family Comunication», dimostra come la musicoterapia non sia solo uno tra gli interventi riabilitativi più efficaci per i bambini con una disabilità neuromotoria, ma lo è anche per i loro genitori, migliorando di gran lunga l’interazione con i propri figli.
In questi bimbi, la musica crea un linguaggio espressivo, composto di sonorità, melodie e armonie, capace di guidare, assecondare, accompagnare, approvare, dando un senso e associando un significato a ogni movimento, come camminare, correre, vocalizzare, e perfino stare in silenzio o aspettare uno sguardo. In particolare nei più piccoli, si crea un dialogo in grado di precedere e andare oltre la parola, suscitando il desiderio di ascolto, che può essere stato perduto a causa di una patologia o di difficoltà relazionali e comunicative. Tutto ciò stimola le aree ritmiche del cervello, potenzia le risposte motorie e i riflessi e aumenta la loro capacità di attenzione, che in questi casi è spesso compromessa.
Oltre quarant’anni di osservazioni sul campo hanno permesso di appurare che ogni persona è un “corpo vibrante”, e che l’ascolto, alla base di ogni relazione, è un gesto intenzionale che interessa l’intera persona. La musicoterapia, infatti, ha il potere di coinvolgere il bambino a trecentosessanta gradi, il suono, raggiungendo il corpo mediante la risonanza corporea, fornisce un’esperienza sensoriale, affettiva, motoria e cognitiva, in grado di sollecitare la regione corticale e subcorticale del cervello.
Il metodo riabilitativo, in particolare secondo l’approccio umanistico, mette al centro il bambino, la sua famiglia e le relazioni, offrendogli strumenti adeguati di comprensione e di condivisione di quanto avviene dentro il gioco. La musica ha il potere di far scoprire ai piccoli pazienti il mondo come un luogo bello, accogliente e piacevole, facendo loro dimenticare le prime esperienze di ospedalizzazione e di dolore.
Suono e musica fanno parte della vita di ciascun individuo fin dal ventre materno, il battito cardiaco, il ritmo respiratorio e la voce materna parlata e cantata sono stimoli che vanno a formare un vero e proprio imprinting sonoro musicale, in base al quale i bambini nascono con una “competenza a comunicare”. La musicoterapia ha il potere di fare accrescere tali capacità.

«La nostra Fondazione – spiega Stefania Cirelli, responsabile della Formazione e della Progettazione Sociale dì Ariel – è da sempre impegnata a fianco dei genitori per migliorare le loro competenze di cura e il benessere famigliare. Questo progetto è un grande opportunità che spero le famiglie sappiano cogliere, perché la metodologia che abbiamo scelto permette, più di altre, di costruire un percorso riabilitativo ricco e personalizzato per ogni bambino».
Proprio in queste settimane Ariel, in collaborazione con la FIM (Federazione Italiana Musicoteraupeuti), ha iniziato a proporre i propri corsi, nell’àmbito di Suona con me, a Bergamo, Crema (Cremona) e Gorgonzola (Milano), rivolgendosi, come detto, alle famiglie di bambini tra gli 8 mesi e i 5 anni in lista d’attesa per accedere a uno dei centri di riabilitazione accreditati (per potersi iscrivere e per un primo colloquio conoscitivo, scrivere a serviziopsicologico@fondazioneariel.it).

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» e viene qui ripreso – con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

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