Francesca Cesarini ovvero la teoria dei criceti

«Francesca Cesarini – scrive Silvia Lisena -, atleta di parapole, la versione paralimpica della pole dance, ha vinto l’ultima edizione del programma televisivo “Italia’s got talent”. Ma come sempre, in casi analoghi a questo, arriva una domanda: ha vinto la sua performance artistica o la sua disabilità?». E aggiunge: «Si sente dire spesso che “in Italia si parla così poco di disabilità, per una volta che c’è un margine di apertura!”… Ma anche no. La parolina magica è “come”. Come si parla di disabilità, è quella la differenza. Altrimenti la gente guarda, ascolta, pensa. E pensa male»

Francesca Cesarini a "Italia's got talent"

Un’immagine dell’esibizione di Francesca Cesarini a “Italia’s got talent”

«A vincere questa prima edizione di Italia’s got talent targata Disney è… Francesca Cesarini!»: così un bacino più o meno largo di persone nuove viene a conoscenza di questa sedicenne umbra nata con l’agenesia degli arti per cui è priva di mani e ha una protesi a uno degli arti inferiori come ausilio per la locomozione.
Francesca è campionessa italiana di parapole (2021 e 2022), la versione paralimpica della pole dance, che ha cominciato a praticare nel 2019. È anche la protagonista del docufilm Come una piuma, diretto da Daniele Suraci e promosso dall’associazione perugina MenteGlocale.

Io non seguo Italia’s got talent, ma mi sono imbattuta in un articolo dell’attivista Iacopo Melio che ha presentato una riflessione con cui mi ritrovo a essere pienamente d’accordo. Quindi mi sono documentata leggendo articoli e visionando video sia della performance della campionessa sia di quella degli altri finalisti.
La vittoria di Francesca, dicevo. Tutto molto bello, un sogno per una giovane atleta, ma… cosa, effettivamente, è stato premiato?
È una domanda che mi frulla sempre nella testa ogniqualvolta accadono episodi simili – pensiamo alla vittoria di Giusy Versace e Raimondo Todaro alla decima edizione di Ballando con le stelle. Quanto è stata vista la persona? Quanto è stata vista la disabilità? Quale delle due componenti è prevalsa?

Siamo nel XXI secolo, il mondo ha imboccato la via dell’inclusione e il nostro Paese, seppur faticosamente, ci sta provando. Ma attenzione! Il fatto che tra i concorrenti ci sia anche una persona con disabilità non dev’essere un’assoluta garanzia di vittoria basata su una sorta di “obbligo” a mostrarsi inclusivi. Inclusivi… a tutti i costi.
Tra i finalisti, assieme a Francesca Cesarini, c’erano gli acrobati Turkeev Family, la crew indiana di ballo B Unique, la comica Yoko Yamada e molti altri. Proprio Yoko ha sfoderato un repertorio di stand up comedy estremamente geniale, giocando ironicamente sulla sua doppia nazionalità italo-nipponica. Non è scontato trovare donne che esercitino la professione di comiche. Ancor meno lo è trovare persone che, con guizzante sarcasmo, diano un calcio agli stereotipi che indirettamente possono sorgere. Tanto per fare un esempio.
Io ho visto l’esibizione di Francesca. È stata brava, indubbiamente. Lo è stata perché io non so cimentarmi nella pole dance, in primis.
Ma quegli interrogativi di cui sopra continuano a tormentarmi, mannaggia. Soprattutto quando vedo gli occhi lucidi di Mara Maionchi. O quando, nel video ufficiale del canale di Italia’s got talent, troneggia la scritta Oltre gli ostacoli. O quando di Francesca si esalta la forza di volontà senza, ad esempio, commentare l’esibizione in modo tecnico. O quando lei stessa dichiara: «Se ce l’ho fatta io, ce la possono fare tutti».

Nessuno mette in dubbio le difficoltà che ha incontrato Francesca nel suo percorso artistico, ma da qui al considerarsi una sorta di Hercules che è partito da zero per poi diventare un eroe, il passo è breve.
Se davvero si celebra e si fa celebrare la propria catarsi from zero to hero, si dovrebbe ricordare che alla fine del film, a Hercules spetta il posto nell’Olimpo degli dei. Un posto onirico e remoto che i mortali guardano con soggezione e devozione.
In termini tecnici, tutto ciò corrisponde al fenomeno dell’inspiration porn, ossia la sovrastima delle persone con disabilità rispetto ad azioni assolutamente quotidiane o comunque facendo prevalere la loro condizione sulla persona in sé in un’ottica superomistica (sì, è una branca dell’abilismo, ve l’ho detto!).
A che serve avallare la narrazione di noi stessi come persone stra-ordinarie quando il fine ultimo, nonché il senso, di tutto è proprio dimostrare che, nel nostro essere diversi, siamo tutti uguali?

«In Italia si parla così poco di disabilità, per una volta che c’è un margine di apertura!»… Ma anche no. La parolina magica è “come”. Come si parla di disabilità, è quella la differenza. Altrimenti la gente guarda, ascolta, pensa. E pensa male.
Rivendicare una comunicazione più paritaria (e forse veramente inclusiva) è un nostro diritto. Parlare di inspiration porn è un nostro diritto. Non accontentarsi delle briciole è un nostro diritto.
Dopotutto non siamo mica dei criceti.

Disfemminismo e altre storie
Si intitola così lo spazio fisso recentemente inaugurato da «Superando.it» e affidato alla cura di Silvia Lisena, insegnante, scrittrice e attivista con disabilità motoria, che con esso intende «raccontare, indagare e riflettere sulla realtà delle donne con disabilità in un’ottica femminista, inclusiva e intersezionale», come ha scritto lei stessa.

Nella colonnina a fianco (Articoli correlati) il link ai primi articoli pubblicati nell’àmbito di questo spazio.

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