Si è tenuta a Bruxelles, il 6 e 7 novembre, presso il Comitato delle Regioni dell’Unione Europea, la conferenza Achieving disability rights at regional and local level, dedicata al mainstreaming in materia di disabilità a livello regionale e locale, cui Superando.it ha dato ampio spazio in sede di presentazione.
Con il termine mainstreaming – è sempre bene ricordarlo – si intende in sostanza l’integrazione di tutti gli aspetti inerenti la disabilità ad ogni livello della società, dall’ideazione alla programmazione, dall’attuazione al monitoraggio, fino alla valutazione di tutte quelle misure che coinvolgono le persone con disabilità nei vari settori della vita umana.
La Conferenza ha rappresentato l’atto finale di un progetto biennale finanziato dalla Commissione Europea in otto Paesi dell’Europa dei 25 (Belgio, Danimarca, Estonia, Italia, Lettonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia), sostenuto dal Forum Europeo sulla Disabilità (EDF), in collaborazione con i suoi partner (il Consiglio Nazionale sulla Disabilità svedese – HSO, quello olandese – VGPN e il CCRE-CEMR, Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa), condotto tra il 2005 e il 2006.
Il principale obiettivo era quello di attuare una piena integrazione delle questioni riguardanti le persone con disabilità all’interno dell’elaborazione delle politiche regionali e locali.
I metodi e le strategie di lavoro del progetto hanno poggiato sull’Agenda 22, strumento utile alla messa in atto delle 22 Regole Standard (Standard Rules), emanate nel 1993 dalle Nazioni Unite, per la realizzazione delle pari opportunità per le persone con disabilità.
L’incontro di Bruxelles, oltre a dare spazio alla presentazione e alla conclusione dei progetti adottati negli otto Paesi partecipanti, ha promosso l’importanza della comprensione e dell’adozione del concetto di mainstreaming nello sviluppo delle future politiche regionali e locali – ovvero quelle più vicine ai cittadini – oltre a ribadire l’imprescindibile nesso che esiste e che dev’essere applicato nelle decisioni politiche, tra disabilità e diritti umani.
Durante la prima giornata i relatori hanno spaziato all’interno della grande tematica relativa a mainstreaming e diritti umani nell’ambito delle politiche sulla disabilità, con l’apertura affidata a Yannis Vardakastanis, presidente dell’European Disability Forum, che ha ribadito il nesso imprescindibile tra disabilità e diritti umani e ha evidenziato l’importanza dell’interazione tra autorità locali e organizzazioni di persone con disabilità (DPOs), nello sviluppo di un piano comprensivo di inclusione e pari opportunità che permei tutte le misure riguardanti la vita quotidiana delle comunità, dall’educazione alla sanità, dall’istruzione al tempo libero, dall’accessibilità all’impiego, fino alla comunicazione.
Vardakastanis ha poi brevemente elencato gli obiettivi della Conferenza, moderata da Richard Rieser (DEE, Disability Equality in Education, Regno Unito):
1) divulgare il mainstreaming come metodo di attuazione dei diritti umani delle persone con disabilità;
2) rafforzare la cooperazione e lo scambio di esperienze fra i livelli governativi regionali e locali, seguendo il principio di sussidiarietà con le autorità nazionali ed europee;
3) adoperare la conferenza finale come rampa di lancio per future iniziative in altri Paesi continentali, concernenti l’adozione di Agenda 22 nelle linee programmatiche regionali e locali.
Il presidente greco ha poi concluso con un monito sulla necessità di esprimere, difendere e promuovere i diritti umani delle persone con disabilità.
Successivamente, Bengt Lindqvist, ex relatore ufficiale delle Nazioni Unite per le Regole Standard, ha insistito sul fatto che la disabilità è un affare di diritti umani, sottolineando poi l’esistenza attuale di una base legale (Regole Standard; decisioni della Commissione Diritti Umani dell’ONU; nuova Convenzione Internazionale), che legittima le persone con disabilità ad agire per la protezione dei propri diritti e che sollecita l’applicazione di metodi di mainstreming.
Inoltre, ha aggiunto, solo con un pieno coinvolgimento delle persone disabili nei processi di programmazione, attuazione, valutazione e monitoraggio delle politiche che li riguardano (secondo il motto Nulla su di Noi senza di Noi), si potrà ottenere piena inclusione e garantire una cittadinanza attiva delle persone con disabilità.
Dopo un’analisi esplicativa delle strategie e delle metodologie di lavoro per l’attuazione di Agenda 22 nelle politiche municipali – svolta da Maryanne Ronnersten del Forum Svedese sulla Disabilità – gli otto Paesi partecipanti al programma hanno poi descritto i loro progetti pilota.
Gli esempi di attuazione sono risultati sicuramente ben gestiti e organizzati, ma hanno risentito della mancanza di omogeneità per quanto concerne le caratteristiche economico-sociali dei singoli Paesi, annullando così le speranze di costruire un modello unico e condiviso su cui lavorare per future implementazioni.
Per quanto concerne l’esperienza italiana – attuata nel comune di Terni – essa è stata presentata superbamente dal giovanissimo Pierangelo Cenci, uno dei protagonisti del progetto, appartenente al Centro per l’Autonomia di Terni.
In tal modo Luisella Bosisio Fazzi, presidente del Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND) e capo della delegazione italiana alla conferenza, ha voluto dare risalto all’operato delle parti coinvolte. Erano presenti infatti anche due rappresentanti della Pubblica Amministrazione ternana.
Infine, è stata presentata l’esperienza della città di Rotterdam, tramite il suo vicesindaco Jantine Kriens, in riferimento al ruolo e alla responsabilità delle autorità locali nel garantire i diritti delle persone con disabilità.
La prima giornata di lavoro si è conclusa con l’esposizione del caso studio relativo alla città di Talsi (Lettonia), gestito dalle autorità locali e dall’organizzazione Sustento Latvia, seguito da un dibattito tra i relatori e il pubblico in sala.
Nella seconda giornata, la conferenza ha focalizzato la propia attenzione sugli strumenti condivisi e le metodologie idonee ad applicare un mainstreaming che sia efficace e che presenti linee guida traducibili in tutti i casi concreti delle singole realtà locali europee.
In apertura è stata menzionata l’importante, recente approvazione dei Fondi Strutturali Europei per il periodo 2007-2013, con un budget di 308 miliardi di euro (circa il 35,7% del bilancio totale UE), finalizzato alla promozione della solidarietà tra le Regioni dell’Unione Europea.
Secondo Yannis Vardakastanis, che ha aperto anche la giornata del 7 novembre, i vari Fondi (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo e Fondo di Coesione) rappresentano il più importante strumento finanziario a livello continentale per migliorare la situazione delle persone con disabilità. Essi infatti costituiscono un meccanismo essenziale per raggiungere cinque obiettivi fondamentali:
1) ridurre e alleviare l’esclusione sociale delle persone con disabilità;
2) promuovere un mainstreaming di politiche e prassi di non-discriminazione;
3) promuovere un ambiente fisico accessibile alle persone con disabilità;
4) assicurare che non vengano create nuove barriere all’accesso e rimuovere quelle esistenti;
5) intensificare la capacità di rappresentanza delle organizzazioni di persone con disabilità.
Al di là delle pur vitali questioni di principio, resta comunque improrogabile e imprescindibile la successiva fase di attuazione degli obiettivi sopra descritti che dev’essere svolta sul piano nazionale. E dunque, nell’implementazione dei singoli piani strategici nazionali, nelle politiche e nelle legislazioni sulla disabilità, accessibilità e non discriminazione devono trovare effettivi riscontri.
Il finanziamento di tali piani resta infatti strettamente vincolato alla reale previsione in essi di misure idonee a garantire tali princìpi, prevedendo così una forma di sanzione per i piani nazionali non adeguati, per i quali è prevista la revoca stessa del fondo.
Nel prosieguo dell’incontro, dopo la presentazione di un’altra esperienza regionale – quella della regione francese del Languedoc-Roussillon – seguita da una breve parentesi in cui le singole delegazioni nazionali hanno lavorato per comunicare al moderatore le priorità che dovrebbero essere previste nel piano locale di Agenda 22 e dallo svolgimento di un panel di esperti sulle conclusioni da adottare al termine dei due giorni, la conferenza si è avviata verso la chiusura, non prima di avere ospitato le osservazioni e i commenti finali prodotti da Wallis van Goelen, capo dell’Unità Integrazione UE delle persone con disabilità, in rappresentanza della Commissione europea, principale finanziatrice del progetto.
Goelen ha sottolineato l’importanza del concetto di mainstreaming, una miscela di misure specifiche e generali atte a garantire l’attività e l’inclusione delle persone con disabilità, che non dev’essere attuata solo a livello comunitario, ma anche, e soprattutto, a livello nazionale, regionale e locale, perché la società comprenda le difficoltà e gli impedimenti che le persone con disabilità devono affrontare nella vita di tutti i giorni, ma sia anche conscia del grande contributo che queste stesse persone possono dare alla società.
All’interno del mainstreaming e tenendo sempre presente la dimensione dei diritti umani, il Piano d’Azione Europeo 2006-2015 fornisce un quadro dinamico di definizione di obiettivi primari e i Fondi Strutturali consentono alla Commissione di lavorare in contatto più stretto con i cittadini.
L’obiettivo del progetto Agenda 22, ha aggiunto Goelen, dev’essere quello di un dialogo strutturato tra società civile, autorità e persone con disabilità, attribuendo chiare responsabilità in ogni fase del piano, utilizzando tutti gli strumenti giuridici a disposizione per l’attuazione (anche di soft law), consultando sistematicamente e mobilitando le organizzazioni di persone con disabilità e dei loro familiari (in osservanza dell’articolo 18 delle Regole Standard).
Bisogna in sostanza produrre tutti gli sforzi necessari perché i decision-makers [coloro che prendono le decisioni, N.d.R.] comprendano il valore del mainstreaming, senza dimenticare l’esigenza di creare una cultura metodologica, del monitoraggio e della valutazione dei risultati raggiunti, per adeguare le buone prassi a tutti i livelli di governo.
Concludendo, Goelen, testimoniando l’interesse e l’impegno della Commissione Europea per la tematica della disabilità, ha evidenziato che il mainstreaming non è un processo automatico e istantaneo, ma «un’evoluzione di lungo corso volta a trasformare la teoria nella pratica, per raggiungere l’obiettivo dell’inclusione, della non-discriminazione e della realizzazione delle pari opportunità per tutti i cittadini con disabilità».