È certamente uno dei più importanti sceneggiatori italiani, Stefano Rulli, cui il nostro sito ha dedicato a suo tempo una lunga intervista (se ne legga cliccando qui. Il titolo dell’intervista è Disabili abilmente raccontati). Basterà ricordarne il lavoro per film noti come Mery per sempre, Il portaborse, Il ladro di bambini, Pasolini. Un delitto italiano, Vesna va veloce, La tregua, I piccoli maestri, La meglio gioventù, Le chiavi di casa e Romanzo criminale, senza dimenticare serie televisive di successo come La piovra, Uno bianca o Perlasca. Un eroe italiano.
E venerdì 29 maggio sarà proprio Stefano Rulli, insieme al suo film Un silenzio particolare, il protagonista dell’ultimo appuntamento del ciclo di incontri Il tempo delle nostre vite. Dall’esperienza dei padri e delle madri un sapere condiviso, iniziativa voluta a San Lazzaro di Savena (Bologna), dallo Spazio Risorse di Habilandia del Comune e dalla Cooperativa Accaparlante, allo scopo di avvicinare la cittadinanza a storie in cui è presente la disabilita (Mediateca di San Lazzaro, Via Caselle, 22).
«Molti anni dopo Matti da slegare – ha raccontato lo stesso Rulli a proposito di Un silenzio particolare, documentario diretto nel 2004 sulla sua famiglia e in particolare sul figlio Matteo e sulla casa vacanze La città del sole – ho sperimentato, stavolta in prima persona, che cosa significa vivere con qualcuno che, scomodo al cuore e alla ragione, viene da altri definito “matto”. Nel mio lavoro di sceneggiatore, per quanto ho potuto e saputo, ho provato a fornire spunti per guardare in modo diverso alla diversità. Ma c’è voluto un lungo viaggio per poter accettare di portare sullo schermo me stesso, mia moglie, Clara Sereni, e mio figlio Matteo. Una scelta che non sono riuscito a dirmi neanche quando ho cominciato a filmare quelli che all’inizio erano solo dei materiali sulla country-house della Fondazione La città del sole e i suoi ospiti. Poi, poco a poco, Matteo, che era lì fuori campo, mi ha fatto capire, nel suo linguaggio fatto più di sguardi e di gesti che di parole, che poteva esserci anche lui, che era pronto a raccontare e farsi raccontare da me. Così è nata l’idea di Un silenzio particolare, come una storia di diario di una famiglia “diversa”, senza la presenza di occhi esterni a modificare l’esperienza. E solo all’interno di questa idea di racconto ho deciso, dopo più di vent’anni, di tornare alla regia, perché per la prima volta ho sentito di non poter affidare ad altri, anche molto più bravi di me, la mia storia». (S.B.)