L’odierna crisi economica pone l’esigenza di affrontare una serie di scelte e in molte famiglie le scelte sono vitali; cibo, alloggio, servizi essenziali come gas, elettricità e sanità, anche se spesso questa voce rimane all’ultimo posto: o ci si cura o si mangia.
Essere ammalati, disabili, rappresenta un “costo sociale” e ora dovremmo sentirci in colpa per essere tali? Sentirci un peso per il nostro Paese?
Godiamo del “privilegio” di 256,67 euro al mese purché non si abbia un lavoro e ci sia riconosciuta un’invalidità compresa tra il 74% e il 100% (con la nuova Manovra Finanziaria ci vorrà almeno l’ 85%). Certo che se un quarantenne che perde il posto è già “fuori dal mercato del lavoro” perché non è conveniente assumerlo e non è competitivo con neolaureati assunti come co.co.pro. [contratti di lavoro a progetto, N.d.R.] a vita, in formazione permanente, in questa situazione quante possibilità ha un disabile?
E se per caso lavoriamo, diventa “privilegio” il lavoro, come se quel reddito fosse un “di più”, come se il nostro lavoro fosse soprattutto “passatempo”, “integrazione”, “riabilitazione” e non sostentamento.
Quindi abbiamo “per vivere” 256,67 euro al mese, ma se veniamo considerati «persone impossibilitate a compiere gli atti quotidiani della vita con conseguente necessità di un’assistenza continua», allora ci aggiungono “l’accompagnamento”, ovvero altri 480,47 euro al mese.
Sarebbe quasi un buon reddito per un individuo autosufficiente che magari integra con qualche lavoretto in nero. Ma per chi invece, oltre alle spese correnti, deve provvedere alla propria assistenza stipendiando “badanti”, oppure per la famiglia che deve farsene carico, spesso rinunciando al lavoro o alla carriera e al tempo libero?…
Riporto dal sito «Olokaustos» (alla pagina raggiungibile cliccando qui): «Al processo di Norimberga il segretario di Stato Lammers ricordò il punto di vista di Hitler sull’eutanasia: “Ho sentito parlare per la prima volta di eutanasia nel 1939 in autunno: era la fine di settembre o l’inizio di ottobre quando il Segretario di Stato dottor Conti, Direttore del Dipartimento di Sanità del Ministero degli Interni, fu convocato ad una conferenza del Führer e vi fui portato anche io. Il Führer trattò per la prima volta in mia presenza il problema dell’eutanasia, affermando che riteneva giusto eliminare le vite prive di valore dei malati psichiatrici gravi attraverso interventi che ne inducessero la morte. Se ben ricordo portò ad esempio le più gravi malattie mentali, quelle che consentivano di far stare i malati solo sulla segatura o sulla sabbia perché, altrimenti, si sarebbero sporcati continuamente, oppure i casi in cui i malati ingerivano i propri escrementi e cose simili. Ne concludeva che era senz’altro giusto porre fine all’inutile esistenza di tali creature e che questa soluzione avrebbe consentito di realizzare un risparmio di spesa per gli ospedali, i medici e il personale”. Con questo ordine la macchina per l’eliminazione fisica dei disabili fisici e mentali trovava la sua copertura giuridica».
Ebbene, ricordare l’Aktion T4 [piano di sterminio delle persone con disabilità durante il regime nazista. Se ne legga nel nostro sito ad esempio cliccando qui, N.d.R.] potrà sembrare eccessivo, spropositato, ma in tempi di crisi dell’economia, le spese che la società mal “sopporta” sono proprio quelle dei “parassiti improduttivi”, da curare, a cui destinare risorse da sottrarre al cosiddetto PIL.
Noi “individui truffaldini”, “sanguisughe”, pronti a rivendicare il parcheggio riservato e il pass per il centro, magari per andare al bar per un caffè con gli amici… «Ma perché non evita il centro e non va in periferia?»: questo è stato il commento che ho sentito per il “fastidio” dato dall’auto di un disabile in centro storico, mentre magari per quella stessa persona che commentava in tal modo è ovvio che per l’acquisto del SUV si possa usufruire dell’IVA al 4%, intestandolo alla suocera disabile ottantenne che naturalmente mai ci salirà…
E non preoccupiamoci se gli Uffici dei Servizi Sociali sono difficilmente accessibili, avremo il privilegio che l’Assessore scenda per parlare con noi: in mezzo a un passo carraio, potremo raccontargli la nostra vita, le nostre difficoltà, senza pudori o stupide esigenze di privacy. Certamente non possiamo pretendere che l’Assessore rinunci all’ufficio bello e prestigioso nel palazzo antico, meglio tenerci i gradini inaccessibili…
Insomma, stretti tra diritti e privilegi, dovremmo starcene buoni in un angolo, al buio, a pane e acqua, esattamente ciò che potremmo permetterci con la pensione. E l’assistenza? Non so, forse dovremmo starcene seduti su una “comoda”, così resteremmo asciutti e puliti con minimi interventi assistenziali… Dopotutto – mi è stato detto da un dirigente dei Servizi Sociali – accudire due persone totalmente dipendenti, di cui una allettata e l’altra anche con problemi respiratori e con necessità di aspirazione dalla tracheotomia, «si tratta di un lavoro sostanzialmente d’attesa»… Ma chi giornalmente è vicino a persone con disabilità grave e le assiste, conosce bene l’impegno e il logorio fisico/mentale richiesto.
Quale scelta farà la Società Civile? Rivivremo la negazione del nostro esistere -forse – con la “morte civile dell’invisibilità”, della non inclusione motivata dal costo troppo elevato che la società dovrebbe suddividersi per darci dignità di vita? Oppure sceglierà di condividere e riconoscerci come cittadini, mostrando nella solidarietà il valore della sua Civiltà?
Certo, personalmente non mi limiterò ad osservare, ad aspettare la decisione: so che abbiamo dei doveri, ma anche dei diritti, so che non siamo soli e ormai di questa Società Civile pretendo di far parte anch’io, rivendicando i miei diritti e consapevole dei miei doveri.