Leggendo il titolo di questa nota – che come si sa vuol dire più o meno “la voce di colui che grida nel deserto”, frase attribuita a San Giovani Battista – qualcuno penserà certamente: «Ahi, ahi, questo matto qui, invece di Napoleone (ricordate, vero, le vecchie vignette del “matto pre-Basaglia”, con la mano infilata all’interno della camicia – di forza – in posa prettamente imperiale?), si crede il Battista!».
Niente di tutto ciò, è solo un modo sintetico e sconsolato, per esprimere una previsione – spero sbagliata – sull’impatto reale che avranno le grida di dolore delle persone con disabilità nei confronti del Governo.
Forse alla fine ci scapperà qualche strombazzatissimo provvedimento (misero, settoriale e poi scarsamente applicato), ma il risultato complessivo – al di là delle parole di rito – sarà quello di chi non vuol vedere, non vuol sentire, non vuol agire.
Tale frutto – o meglio, la mancanza di tale frutto – è il prodotto di un ventennio di disinteresse, quasi di fastidio, nei confronti delle persone con disabilità, “ree” di non produrre se non “costi sociali”.
I nomi delle persone responsabili del decadimento culturale e morale del Bel Paese sono nei pensieri di tutti e sulla lingua di molti. Basti rammentare le incaute frasi pronunciate da eminenti personalità politiche del ventennio recente (sovente poi smentite il giorno dopo) e trasformate subito, con tremenda efficienza, in atti amministrativi, da solerti public servant che, per il vero, servono molto di più il loro stipendio mensile ad almeno cinque zeri che non il pubblico interesse.
Se avessimo “mangiato” un po’ più di cultura – io presuntuosamente credo che si chiami così, perché “va coltivata” e dev’essere “oggetto di culto”! – in luogo di liberistici “hamburger con codine di topo”, avremmo tutti capito che non si può e non si deve vivere solo di finanza creativa, anzi che di finanza creativa non vive nessuno, se non quel miliardo di persone che la crea e la sfrutta, depredando il resto del mondo.
Si poteva e si può invece vivere decorosamente bene e senza stringere la cinghia per più di un paio di buchi, con una sana “dieta mediterranea”, che valorizzi le proprietà salutistiche e finanziarie dell’arte e della cultura in genere, delle bellezze naturali e del “pensare italiano”, includendo in quest’ultima definizione il vecchio “made in Italy”, l’integrazione scolastica e l’inclusione sociale per tutte le persone con disabilità.