La più bella del mondo, lo spettacolo dedicato alla Costituzione, che Roberto Benigni ha condiviso su Raiuno il 17 dicembre, con oltre 12 milioni di telespettatori, è stato un “canto” dedicato a tutti coloro che hanno a cuore il bene comune, che mettono al centro la dignità della persona, i diritti, la partecipazione, l’uguaglianza. «Quando un giorno entrerà in vigore – ha detto Benigni – vivremo nello Stato migliore del mondo».
Con esempi di una chiarezza commovente, ha parlato a tutti noi dei diritti inviolabili dell’uomo e dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, e ci ha accompagnati dietro le quinte di quel testo asciutto ed essenziale alla scoperta dei sentimenti dei quali è pervaso.
Quello della solidarietà, per esempio. Quello del rispetto e della dignità della persona e della sua centralità. Quello dello sguardo lungo sul futuro, oltre noi, e quello del “sentirsi parte” di un tutto, protagonisti e responsabili della nostra vita e di quella degli altri.
Curiosando in internet, leggo che qualcuno ha definito lo spettacolo «una lezione di cittadinanza attiva». È stato un invito generoso, appassionato e intelligente a riprendere in mano la politica, l’arte, cioè di dare forma alla nostra vita. Dei singoli e delle comunità.
Ha gridato, dalle parole dell’articolo 9, il senso profondo di una Repubblica che «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Perché è nel patrimonio artistico, nella lingua e nel paesaggio che risiedono la nostra memoria e la nostra identità e non può non interessarci la loro difesa.
E poi, il diritto d’asilo, l’apertura al mondo, il rispetto delle minoranze e di tutti gli orientamenti sessuali fino a un’accorata riflessione sulla violenza nei confronti delle donne: «Una nazione si misura dallo stato sociale delle donne. Ora le si uccidono, è crimine contro l’umanità ed è la violenza dei vigliacchi».
E ancora il grido sulle condizioni dei carcerati. «Non è uno Stato civile quello che permette una condizione delle carceri come quelle che ci sono… Dobbiamo occuparcene, è pietà e solidarietà», suggerisce Benigni «e i nostri padri costituenti sapevano bene cosa scrivere sulle carceri».
Una cavalcata senza fiato. Bellissima. Un artista al servizio delle cause che contano davvero. Un grande intellettuale. Un uomo di pace che, per questo, merita un riconoscimento che vada al di là dei confini nazionali.