Che si possa (finalmente) arrivare a una svolta positiva per la situazione delle persone straniere di “seconda generazione”, con disabilità intellettiva, alle quali viene regolarmente negata la cittadinanza italiana – nonostante ciò sia previsto dalla legge del nostro Paese – in quanto ritenute, senza distinzioni, «incapaci di intendere e volere»?
Sembrerebbe di sì, dal momento che dopo le ripetute denunce dei giorni scorsi, da parte di numerose associazioni e organi d’informazione, tra cui anche il nostro giornale, la questione – come riferisce l’Agenzia «Redattore Sociale» – è stata «presa in carico dal Ministero dell’Interno, con l’assicurazione che le domande per l’ottenimento della cittadinanza saranno “valutate nel modo più appropriato possibile”», e anche con la precisazione che ad esempio «la sindrome di Down non risulta preclusiva alla concessione della cittadinanza» e che quest’ultima potrà essere ottenuta, «purché il richiedente possa esprimere la sua volontà».
Come avevamo ampiamente riferito, in linea di principio, chi richiede la cittadinanza, pur in presenza di una disabilità intellettiva, potrebbe comunque essere giudicato dai soggetti coinvolti nell’iter (l’ufficiale giudiziario, il funzionario della prefettura ecc.), come capace di compiere con piena consapevolezza il giuramento «di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato», passaggio determinante per acquisire la cittadinanza. Nella prassi, però, succede che in presenza di una qualunque disabilità intellettiva, venga invocata l’incapacità naturale del soggetto.
Il tutto trascurando completamente il fatto che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, divenuta nel 2009 la Legge dello Stato Italiano 18/09, prescrive all’articolo 18 che le persone con disabilità «abbiano il diritto di acquisire e cambiare la cittadinanza e non siano private della cittadinanza arbitrariamente o a causa della loro disabilità [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.]».
Tra i casi concreti che avevamo presentato – ultimo dei quali quello riguardante un diciottenne figlio di immigrati regolari albanesi – ve n’era anche uno per il quale l’Ufficio Legale della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) attende tuttora un pronunciamento definitivo da parte del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Lazio e quello seguìto da Andrea Sinno, responsabile del servizio di consulenza gratuita Telefono D dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), concernente Cristian, figlio di una donna sudamericana, nato e cresciuto in Italia, che una volta presentatosi alla Questura di Roma per richiedere la cittadinanza, era stato rimandato indietro sempre con le stesse motivazioni.
Proprio su quest’ultimo caso sembra si sia specificamente concentrata l’attenzione del Ministero dell’Interno, dal quale, secondo «Redattore Sociale», sarebbe arrivato l’invito al giovane a presentare l’istanza di concessione della cittadinanza, «con l’assicurazione che verrà valutata nel modo più appropriato possibile». Lo stesso ministro Cancellieri, inoltre, avrebbe dato mandato, all’Ufficio Legislativo del Viminale, di predisporre un disegno di legge, da lasciare pronto per la nuova legislatura, che modifichi la normativa attuale e si adegui a quanto prescritto dalla Convenzione ONU, impedendo per il futuro il ripetersi di casi simili.
Al momento, tuttavia, di soluzioni ufficiali non sembra si sia ancora parlato, tanto che la madre di Cristian ha anche lanciato in internet una petizione al Ministro degli Interni, denominata Cittadinanza per Cristian, discriminato in quanto disabile, aperta alla firma di tutti. (S.B.)