Genova è una città difficile, una città in salita, scarsamente accessibile se non dal mare. Per tutti, ma marcatamente per le persone con disabilità. Parallelamente al tramonto della Genova industriale e finanziaria è nata poi, qualche decennio fa, la moderna “Genova turistica”, basata – oltre che sulle tradizionali bellezze ambientali – su due grandi innovazioni, quali il Porto Antico e il Palazzo Ducale.
Dire Porto Antico significa dire Acquario di Genova e Museo del Mare, ma non solo, ovvero parlare di strutture nate accessibili e talmente famose e visitate, da rendere inutile una loro presentazione. Chi invece è utile presentare alle “famiglie con disabilità” di tutta Italia è “Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura”, che appunto gestisce l’omonima struttura museale ed espositiva. Ne abbiamo parlato con il presidente di essa Luca Borzani.
La nostra conoscenza, dottor Borzani, è nata “via mail” da un piccolo inconveniente: mi ero infatti pubblicamente lamentato di due gradini che interrompevano la fruibilità di una bella mostra fotografica [la mostra era “Il Miramondo”. Se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.] e lei, con sollecitudine e intelligenza, mi ha fatto conoscere il lavoro della Fondazione a favore dell’utenza con disabilità. Può gentilmente ricapitolare per le famiglie con disabilità che in occasione di un viaggio a Genova intendano magari visitare Palazzo Ducale, quali difficoltà, di natura fisica, ma anche “di mentalità”, avete incontrato nel garantire l’accesso e la fruibilità di un edificio storico plurisecolare all’utenza con mobilità ridotta?
«Purtroppo la sua pubblica lamentela non era priva di argomenti. E come ho avuto occasione di dirle privatamente, ma che non ho difficoltà a ripetere pubblicamente, c’è il rischio che al di là dei supporti tecnici, manchi – se non continuamente alimentata – una cultura dell’accessibilità per tutti. Cosa particolarmente grave nel palazzo della cultura di una città come Genova. La sua segnalazione e il disagio vissuto, quindi, di cui mi scuso ancora, sono serviti a rimotivare l’attenzione e a revisionare le procedure.
Detto questo, dentro a Palazzo Ducale – come in tutti gli edifici antichi – le barriere architettoniche sono numerosissime, ma dai restauri attuati nel ’92 fino ad oggi, lavorando costantemente a contatto con la Consulta per l’Handicap, abbiamo installato cinque servoscala, un montascale a cingolo per carrozzine, nove rampe metalliche, una rampa lignea mobile per il salone, un impianto di induzione magnetica e quattro ascensori di cui uno omologato per persone con disabilità.
Tutte le zone espositive e di attività culturale aperte al pubblico – con l’esclusione della “Loggia”, su cui stiamo intervenendo – sono perfettamente agibili. Mi riferisco al Salone del Maggior Consiglio, al Salonetto, alla Sala Camino, all’Appartamento del Doge, al Munizioniere, al Sottoporticato, al Porticato, alla Sala Dogana. Credo sia un buon risultato che permette a Palazzo Ducale di misurarsi con i migliori standard europei».
“Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura” e non semplicemente “Fondazione Palazzo Ducale”. Qual è la genesi di questa “meravigliosa” attribuzione?
«La “Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale” nasce da una trasformazione della Società Palazzo Ducale. L’obiettivo, ad oggi raggiunto, era quello di dar vita a un’istituzione culturale capace di misurarsi con la sostenibilità economica, il pareggio di gestione e contemporaneamente essere luogo di circolazione di idee, di confronto pubblico e di educazione civile.
Lo scorso anno abbiamo chiuso le nostre attività con 600.000 presenze e con il pareggio di bilancio, nonostante forti tagli dei finanziamenti pubblici. Il Palazzo è aperto 365 giorni all’anno ed è diventato la vera “piazza culturale” della città».
E a proposito di “palazzi”, quanto sono difficili gli odierni rapporti tra cultura e potere?
«Purtroppo viviamo in un tempo dove il potere (e la politica) non crede nella forza della cultura per ricomporre una comunità sempre più frammentata e segnata dalla crisi. La crescita di una cittadinanza consapevole non è ritenuto un obiettivo da raggiungere per larga parte dei nostri decisori, sempre più chiusi in logiche oligarchiche. Al tempo stesso scontiamo il silenzio degli intellettuali, pratiche culturali autoreferenziali e inutilmente costose, corporativismi e conservatorismi che consegnano un’idea di cultura solo per le élite. Anche in questo si misura il declino del Paese, l’indifferenza per lo sfascio della scuola e dell’università, per l’analfabetismo di ritorno. Stiamo negando il futuro. Credo che solo un profondo rinnovamento delle coscienze e della politica possa ridisegnare scenari di speranza».
Le famiglie con disabilità, e quindi tutte le persone che ne fanno parte, rivendicano tra i loro diritti fondamentali quello dell’accessibilità e della fruibilità della cultura, quale naturale prosecuzione dell’integrazione scolastica. L’accessibilità e la fruibilità della cultura (e quindi anche, ma non solo, dei luoghi della cultura), come veicolo di inclusione sociale. Qual è il pensiero della Fondazione su questi temi?
«Condivido in pieno queste affermazioni, anche se vedo sempre più in difficoltà l’integrazione scolastica e il riaffiorare di culture discriminanti che si sperava fossero state superate. Non credo sia possibile fare cultura, e in particolare cultura pubblica, se al fondo non c’è la scelta dell’inclusione sociale e della fruibilità per tutti».
“Palazzo Ducale” è un’isola “sperduta in mezzo al mare”, vicina solo all’altra isola del Porto Antico, o è parte di un più vasto “arcipelago genovese”, in gran parte ancora da scoprire ?
«No, non vedo Palazzo Ducale come un’isola. Nell’arco degli ultimi anni, Genova ha consolidato processi importanti di integrazione e di collaborazione tra i soggetti culturali della città. Processi per tanti versi innovativi rispetto ad altre città italiane.
Genova, però, si misura ancora con il suo passato industriale e ha difficoltà a praticare un nuovo modello di sviluppo fondato sulla conoscenza, la cultura, il turismo, la sostenibilità ambientale. Scelte decisive in questa direzione ne sono state compiute molte, ma manca ancora una forte convinzione e consapevolezza collettiva che è questa la strada da intraprendere. La crisi, purtroppo, non aiuta e rischia di farci fare pesanti passi indietro».
Grazie, Presidente, e buon lavoro!