Con il Decreto Legislativo n. 147 del 15 settembre 2017, il Legislatore ha promulgato le Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, provvedimento probabilmente ai più noto come “reddito di inclusione”.
Si tratta del primo atto normativo nazionale che ha disciplinato, in modo compiuto e non frammentato, specifiche misure pertinenti il fenomeno del contrasto alla povertà, prevedendo istituti normativi che non riguardano solo il riconoscimento di somme di denaro – come spesso divulgato dai mass-media – ma anche strumenti volti all’inclusione sociale e lavorativa, oltre che il riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto alla povertà.
Occorre da subito rappresentare che molte delle misure disciplinate costituiscono livelli essenziali delle prestazioni.
Con questo contributo, per altro, non si intende porre in essere un’analisi compiuta del Decreto Legislativo in commento, ma un approfondimento e un raffronto di alcune delle misure (e procedure) in esso previste, con particolare riguardo alla “valutazione multidimensionale” prevista dall’articolo 5 e al “progetto personalizzato”, disciplinato dall’articolo 6.
L’articolo 5, comma 2 prevede infatti che «agli interventi di cui al presente decreto, i nuclei familiari accedono previa valutazione multidimensionale finalizzata ad identificare i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti, tenuto conto delle risorse e dei fattori di vulnerabilità del nucleo, nonché dei fattori ambientali e di sostegni presenti. In particolare sono oggetto di analisi: a) Condizioni e funzionamenti personali e sociali; b) situazione economica; c) situazione lavorativa e profilo di occupabilità; d) educazione, istruzione e formazione; e) condizione abitativa; f) reti familiari, di prossimità e sociali».
Ebbene, chi ha avuto modo di seguire alcuni approfondimenti di chi scrive sul tema del progetto individuale per le persone con disabilità di cui all’articolo 14 della Legge 328/00 e sulla modalità di accesso agli interventi e servizi sociali e sanitari, avrà avuto modo di comprendere che la valutazione multidimensionale – anche con riguardo alle persone con disabilità – è attività prodromica e necessaria proprio all’individuazione dei bisogni e degli interventi e servizi che la Pubblica Amministrazione dovrà prevedere nel progetto individuale a beneficio del cittadino [a questo e a questo link sono disponibili due degli approfondimenti citati dall’Autore, N.d.R.].
Non più quindi un accesso “a domanda” e in modo frammentato, ma un canale unico di valutazione e di accesso sulla base dei bisogni e degli obiettivi da raggiungere.
Il Legislatore del 2017 che ha inteso introdurre la prima misura nazionale di contrasto alla povertà ha preso ampiamente spunto dall’esperienza scientifica e giuridica (ormai risalente all’anno 2000) prevista in materia di disabilità e disciplinata dal citato articolo 14 della Legge 328/00, dal Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) del 14 febbraio 2001 e da una moltitudine di interventi normativi regionali. Anzi, ancor più chiaramente di quanto sia stato previsto negli Anni 2000 a beneficio delle persone con disabilità, il Decreto Legislativo 147/17 risulta essere più chiaro, con riguardo alle procedure, ai tempi, alle finalità e ai controlli del sistema di valutazione, progettazione e accesso ai servizi di inclusione.
L’articolo 5, comma 2 e seguenti del Decreto in esame, ad esempio, chiarisce tempi e finalità della «valutazione multidimensionale», prevedendo, al comma 3 del medesimo articolo, che «la valutazione multidimensionale» sia «organizzata in un’analisi preliminare rivolta a tutti», e ciò – facendo un raffronto con la disciplina in materia di disabilità – confermerebbe anche che per il progetto di cui all’articolo 14 della Legge 328/00, la valutazione multidimensionale dei soggetti legittimati e richiedenti è atto necessario e propedeutico alla stesura della progettazione stessa da parte della Pubblica Amministrazione (come sostenuto da chi scrive ormai da tanti anni).
Sempre la norma in commento, prevede, al comma 4 dell’articolo 5, che «in caso di esito positivo delle verifiche sul possesso dei requisiti […] è programmata l’analisi preliminare, entro il termine di 25 giorni lavorativi dalla richiesta […] al fine di orientare, mediante colloqui con il nucleo familiare, le successive scelte relative alla definizione del progetto personalizzato», confermandosi così, come anche nel progetto di cui all’articolo 14 della Legge 328/00, che la previsione di tempi rapidi e certi è, oltreché auspicabile, tecnicamente necessaria, sebbene essa non sia stata espressamente prevista dal Legislatore del 2000 (ma più volte ribadita dallo scrivente e da altri, tra cui anche il TAR di Catania, con la Sentenza 243/11 e il TAR della Calabria, con la Sentenza 440/13).
E ancora, il comma 7 dell’articolo 5 prevede che ove «in esito all’analisi preliminare, emerga la necessità di sviluppare un quadro di analisi approfondito, è costituita una équipe multidisciplinare composta da un operatore sociale identificato dal servizio sociale competente e da altri operatori afferenti alla rete dei servizi territoriali». Ciò confermerebbe quanto da tempo sostenuto – con riguardo all’ipotesi di progetto ex articolo 14 della Legge 328/00 – e cioè che l’intervento multidisciplinare di diverse professionalità e tra i diversi rami della Pubblica Amministrazione è fondamento necessario della buona riuscita della cosiddetta “presa in carico” del beneficiario.
Già da queste prime analisi appare chiaro come la recente disciplina in materia di contrasto alla povertà abbia preso spunti scientifici e giuridici consistenti dalla materia dell’accesso ai servizi sociali e sanitari per le persone con disabilità, prevedendo anche più chiaramente alcune questioni procedurali che, come vedremo, si riverberano proficuamente con riguardo all’esigibilità di alcuni diritti.
L’articolo 5 del Decreto in commento si chiude con il comma 10 nel quale, infatti, è espressamente previsto che «i servizi per l’informazione e l’accesso al ReI [Reddito di Inclusione, N.d.R.] e la valutazione multidimensionale costituiscono livelli essenziali delle prestazioni».
È così chiarita e giuridicamente qualificata – dal Legislatore stesso e a tutela del beneficiario – la rilevanza di diritto costituzionalmente tutelato già di questa prima fase procedurale e, quindi, dei servizi e della valutazione di cui può/deve godere il beneficiario richiedente.
Anche alla luce di ciò – così come da anni si afferma sulla base della lesione del principio sancito dall’articolo 22, comma 2, lettera f della Legge 328/00 – l’eventuale mancata valutazione multidimensionale e/o stesura della progettazione individualizzata per le persone con disabilità ai sensi dell’articolo 14 della stessa Legge 328/00 deve essere considerata violazione del diritto costituzionalmente tutelato dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Violazione che, oggi, troverebbe tra l’altro ulteriore forza anche nei rinnovati Livelli Essenziali di Assistenza di cui al DPCM del 12 gennaio 2017.
L’articolo 6 del Decreto 147/17, dal titolo Progetto Personalizzato, esordisce chiaramente prevedendo che «in esito alla valutazione multidimensionale» sia «definito un progetto personalizzato, sottoscritto dai componenti il nucleo familiare entro venti giorni lavorativi dalla data in cui è stata effettuata l’analisi preliminare».
Dall’esordio della norma non solo trova enfasi l’importanza della propedeutica valutazione, ma anche la condivisione e sottoscrizione dei beneficiari e la “tempistica” (20 giorni) in cui ciò deve essere fatto.
La chiarezza di quest’ultimo disposto normativo in materia di contrasto alla povertà dimostrerebbe, ancora una volta – continuando il raffronto con l’articolo 14 della Legge 328/00 – la legittimità delle pretese delle persone con disabilità (e del mondo associativo che sorregge l’applicazione della norma) con riguardo alle procedure e ai tempi di soddisfazione dei beneficiari. E ciò soprattutto in quei territori nei quali si è registrata, purtroppo, una lesione anche del generale termine di 30 giorni per la definizione del procedimento amministrativo previsto dall’articolo 2, comma 2 della Legge 241/90.
Ma ancora più chiaramente di quanto espresso dall’articolo 14 della Legge 328/00 – sebbene in questi quasi due decenni la procedura sia stata ben chiarita da dottrina, giurisprudenza e ricerca scientifica – l’articolo 6 del Decreto 147/17 prevede al comma 2 che il progetto individui, «sulla base dei fabbisogni del nucleo familiare, come emersi nell’ambito della valutazione multidimensionale: a) gli obiettivi generali e i risultati specifici che si intendono raggiungere in un percorso volto al superamento […] all’inserimento o reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale; b) i sostegni, in termini di specifici interventi e servizi di cui […] necessita […]; c) gli impegni a […]».
Ebbene, se il provvedimento in analisi non fosse specificamente redatto e finalizzato al contrasto alla povertà, sarebbe sufficiente omettere o modificare alcuni termini inerenti i beneficiari e potrebbe essere benissimo adattato e utilizzato a beneficio delle persone con disabilità, con riguardo al loro accesso agli interventi e servizi sociali e sanitari e, più ampiamente, con riguardo alla loro inclusione sociale. Tant’è che anche rispetto al successivo comma 3, inerente gli obiettivi e i risultati da raggiungere, che devono essere definiti nel progetto personalizzato, si rinviene un’assoluta possibilità, non solo di “raffronto”, ma anche di utilizzabilità del linguaggio e delle procedure a beneficio del progetto individuale di cui all’articolo 14 della Legge 328/00.
Ciò, ovviamente, fermo restando che anche le persone con disabilità, laddove ne dovessero avere i requisiti specifici previsti dalla legge, potranno/dovranno accedere ai benefìci previsti dalle disposizioni di legge in commento quale contrasto alla povertà. Anzi, a tale specifico riguardo, sarebbe interessante verificare e monitorare come l’applicazione a queste dell’articolo 6 del Decreto 147/17 verrebbe coniugata con il progetto individualizzato di cui all’articolo 14 della Legge 328/00.
I commi successivi dell’articolo 6 (il 4, il 5 e il 6) scandiscono i rapporti con il servizio sociale che si occupa della “presa in carico” del beneficiario. Previsioni non espresse in materia di progettazione ex articolo 14 della Legge 328/00, ma di cui si trova ampio chiarimento in molteplici discipline specifiche regionali.
Una particolare menzione meritano il disposto del comma 7 dell’articolo 6, il quale prevede che il progetto sia definito, «anche nella sua durata, secondo principi di proporzionalità, appropriatezza e non eccedenza rispetto alle necessità di sostegno del nucleo familiare rilevate, in coerenze con la valutazione multidimensionale e con le risorse disponibili, in funzione della corretta allocazione delle risorse medesime. La durata del progetto può eccedere la durata del beneficio economico» e il disposto del comma 8, il quale prevede che il progetto personalizzato sia «definito […] tenendo conto dei desideri, aspettative e preferenze del beneficiario».
Risulta evidente come queste sono tutte affermazioni e considerazioni tecnico-giuridico-scientifiche che sono state compiute molte volte, in questi diciotto anni, anche con riguardo al progetto individuale per le persone con disabilità. Ed è facilmente rinvenibile anche online come i princìpi di proporzionalità, appropriatezza nonché i desideri, le aspettative e le preferenze, siano stati oggetto di specifici approfondimenti da parte di intere compagini associative e di gruppi di lavoro di esperti.
Così come, allo stesso modo, più volte si è sostenuto in materia di progetto individuale per le persone con disabilità quanto oggi è disciplinato dal comma 10 dell’articolo 6 in commento, ovvero che «Il progetto definisce metodologie di monitoraggio, verifica periodica ed eventuale revisione, tenuto conto della soddisfazione e delle preferenze dei componenti il nucleo familiare».
Forse proprio sulla scorta dell’esperienza in materia di articolo 14 della Legge 328/00 – a tratti anche fallimentare su alcuni territori – il Legislatore disciplinante le norme di contrasto alla povertà ha previsto al comma 12 che «al fine di assicurare omogeneità e appropriatezza nell’individuazione degli obiettivi e dei risultati, dei sostegni nonché degli impegni, con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali […] sono approvate le linee guida per la definizione dei progetti personalizzati».
Ciò confermerebbe, tra l’altro, la tesi dello scrivente il quale suggeriva (ormai molto tempo fa), in materia di articolo 14 della Legge 328/00, una forte azione di collaborazione in tal senso con gli Uffici Ministeriali preposti, anche in considerazione del fatto che questo è espressamente previsto quale Livello Essenziale da garantirsi uniformemente su tutto il territorio. Rammarica che, purtroppo, questa personale sollecitazione non abbia trovato sufficiente supporto e costanza, pur oggi ciò alleviato dalla previsione, in materia di povertà, di una specifica «linea guida» del Ministero da offrire ai diversi territori!
L’articolo 6 si chiude con il tredicesimo comma nel quale, inequivocabilmente, si statuisce che il «progetto personalizzato e i sostegni in esso previsti costituiscono livelli essenziali delle prestazioni».
Ancora una volta, quindi, il riconoscimento di una forte qualificazione giuridica che, prima ancora di essere rivendicata o tutelata, deve essere riconosciuta con una corretta procedura amministrativa da parte degli Enti deputati.
In conclusione, credo sia inequivocabile e inconfutabile che il Legislatore del 2017 si sia mosso sulla scorta dell’esperienza, scientificamente consolidata, di quanto sia stato posto in essere in materia di accesso ai servizi integrati sociali e sanitari con lo strumento della valutazione multidimensionale e della progettazione personalizzata, previsto in materia sociale e sanitaria e, nello specifico, previsto e fortemente preteso dalle persone con disabilità e da una parte dell’associazionismo di categoria.
Il Legislatore del 2017 è stato più chiaro in quest’ultima disciplina (certamente perfettibile ancora) di quanto non sia stato nel 2000, e ciò ovviamente anche grazie all’evoluzione tecnico-giuridica e scientifica, alla produzione giurisprudenziale e alle prassi amministrative sopravvenute nel tempo e che specificatamente si sono formate con riguardo ai beneficiari delle persone con disabilità richiedenti l’articolo 14 della Legge. 328/00.
Anche alla luce di ciò sarebbe corretta una migrazione bidirezionale di previsioni normative, sia anche solo nella forma interpretativa e comparativa. È certo però che l’infrastruttura giuridica e scientifica in materia di presa in carico globale della persona (sia essa per finalità di contrasto alla povertà, ovvero per l’accesso ai servizi e alle prestazioni per le persone con disabilità o per altre ragioni) con lo strumento della valutazione multidimensionale e della stesura di una progettazione personalizzata, è attività dalla quale non ci si può esimere e della quale la Pubblica Amministrazione e le sue figure professionali devono diventare sempre più esperti, facilitandone l’accesso, l’approccio e i risultati al cittadino beneficiario.