A proposito di quella diffida inviata alla famiglia di un bimbo autistico

Alle obiezioni mosse da Antonio Colonna della Fondazione Promozione Sociale su alcune dichiarazioni di Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), commentando una recente vicenda, legata alla diffida inviata in una città del Reggiano dal legale dei condòmini di una famiglia con un bimbo di 7 anni con disturbo dello spettro autistico, per le urla di quest’ultimo, replica con alcune precisazioni lo stesso Presidente della FISH

Foto in bianco e nero di uomo che rifletteIl commento di «Superando.it» del 5 giugno scorso alle dichiarazioni pubblicate sul «Resto del Carlino» da parte di una famiglia con figlio autistico merita una risposta su alcuni passaggi problematici [il testo cui si fa riferimento è: “Una diffida per le urla di un bimbo con disturbo dello spettro autistico”, N.d.R.].
A fronte della diffida che la famiglia riceve dai condòmini per la grave situazione di disagio che vivono a causa di urla e rumori molesti, colpisce la presa di posizione del Presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che riduce il tutto a un problema di mancata conoscenza del funzionamento dei servizi manifestata da chi ha intentato la diffida.
La questione viene sollevata perché nella diffida si invita la famiglia a rivolgersi ai servizi sanitari «per chiedere assistenza qualificata», mentre per il presidente della FISH il supporto a una persona con disabilità non è esclusivamente sanitario ma anche sociale. Sottolineando la gravità del fatto, guarda caso conclude con la disponibilità a un supporto perché «l’inclusione passa anche per la conoscenza».
Siamo di fronte a una modalità per lo meno non appropriata da parte della FISH di affrontare il problema. Innanzitutto, perché si danno informazioni sbagliate su quali sono gli Enti titolari degli interventi necessari sul caso, che non sono i Servizi Sociali, ma è il Servizio Sanitario. Inoltre, la FISH, anziché orientare la famiglia a rivolgersi all’ASL di residenza per richiedere le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie previste dai LEA [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.] con una semplice richiesta scritta, come prevede la norma, si dichiara disponibile con generiche promesse di aiuto.
A mio avviso invece andrebbero valorizzate le dichiarazioni del Sindaco della cittadina per l’attenzione che dimostra nel seguire il caso, assumendosi la responsabilità di incontrare sia la famiglia che i condòmini, esprimendo il pieno sostegno alla famiglia stessa e sottolineando che in questo caso i vicini non hanno manifestato un atteggiamento solidale perché «nessuno è mai andato a bussare alla porta per chiedere se avevano bisogno di qualcosa».
Non è una presa di posizione scontata perché nella maggioranza dei casi è più facile che passi una posizione più opportunista e interlocutoria per non perdere il consenso di un potenziale elettorato.
Restiamo a disposizione della famiglia per sostenerla nella presentazione di eventuali richieste di prestazioni a cui hanno diritto in base alla normativa vigente, disponibile sul nostro sito [della Fondazione Promozione Sociale di Torino, N.d.R.].
Antonio Colonna – per Fondazione Promozione Sociale ETS di Torino

Diamo spazio qui di seguito alla replica di Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Per evitare ogni fraintendimento o strumentalizzazione sulle dichiarazioni da me espresse rispetto alla vicenda di Casalgrande (Reggio Emilia), ritengo opportune alcune precisazioni.
Sull’obiezione mossa alla FISH di «dare informazioni sbagliate su quali siano gli Enti titolari degli interventi necessari sul caso», è scontato che siano i Servizi Sanitari a doversene occupare, ma quanto da me dichiarato a suo tempo, che «l’assistenza e il supporto a una persona con disabilità non debba essere esclusivamente sanitaria, ma anche sociale» fa riferimento in generale a quanto perseguito da sempre, in maniera chiara e inequivoca, dalla nostra Federazione, ovvero che per fornire risposte essenziali ai bisogni di una persona con disabilità, il Progetto di Vita della stessa debba essere il frutto di un’integrazione sociosanitaria reale, basandosi su servizi che dialoghino e interagiscano tra loro per soddisfare i bisogni e le aspettative della persona.
Quanto poi all’obiezione di avere fornito la disponibilità di supporto alla famiglia coinvolta, con «generiche promesse di aiuto», dopo avere innanzitutto ricordato che la nostra Federazione non è un patronato, crediamo sia scontato che fornendo la nostra disponibilità a un supporto ci si riferisse all’affiancamento alla famiglia, se richiesto, da un punto di vista di eventuali azioni legali o interventi con le Istituzioni e i servizi territoriali anche attraverso la nostra rete associativa locale.
Un’ultima considerazione: quando accadono fatti come quello di Casalgrande, riteniamo che più che dare spazio a sterili polemiche, che non giovano a nessuno, occorrerebbe che ogni organizzazione, a seconda delle rispettive competenze e capacità, cercasse di fare la propria parte perché fatti del genere non si verificassero più. Ed è quello che la nostra Federazione cerca di fare, andando oltre polemiche o provocazioni, operando quotidianamente sia a livello nazionale che locale per garantire a tutte le persone con disabilità dignità, pari opportunità e piena esigibilità dei diritti. Le polemiche le lasciamo fare agli altri, noi cerchiamo di fare i fatti.
Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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