Storie di diritti negati in viaggio a chi ha una malattia rara e una disabilità

«Il 27 settembre – sottolineano dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) – è stata la Giornata Mondiale del Turismo, ma per chi ha una malattia rara e una disabilità viaggiare per turismo o per motivi professionali può essere ancora difficile, se non rischioso per la salute, come è accaduto a Michela all’Aeroporto di Berlino, una delle vicende di diritti negati di questi ultimi mesi. Eppure la normativa internazionale che tutela i diritti delle persone con disabilità esiste eccome, ma a quanto pare latitano ancora la formazione e soprattutto un’applicazione omogenea delle norme nei vari Stati»

Foto in bianco e nero di uomo che rifletteIl 27 settembre scorso è stata la Giornata Mondiale del Turismo, «un fenomeno sociale, culturale ed economico che implica il movimento di persone verso luoghi o Paesi al di fuori del loro consueto ambiente per scopi personali o professionali», come viene definito dall’UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo). «Un’occasione di scambio sociale – sottolineano dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) -, di arricchimento culturale e di superamento delle diseguaglianze, ma prima ancora un diritto, alle vacanze, stabilito dalla stessa Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, principio che però non sempre viene rispettato, proprio come è successo a Michela, che ci ha raccontato la sua storia e che può essere presa da caso esempio per comprendere le difficoltà che si riscontrano nei viaggi».

Ultrasettantenne affetta da IPF (fibrosi polmonare idiopatica), malattia rara che rende necessari supporti per la respirazione, Michela, nel suo viaggio di ritorno in Italia da Berlino avrebbe dovuto utilizzare un concentratore di ossigeno, ma ha vissuto invece una situazione rischiosa per la sua condizione, come lei stessa ha denunciato anche con una lettera indirizzata all’Ambasciata d’Italia a Berlino, all’Istituto Superiore di Sanità, al Ministero della Salute e al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
«Tutto si è svolto nel giugno scorso all’Aeroporto di Berlino – raccontano dall’OMAR -, quando Michela è stata fermata dalla sicurezza per i controlli di routine e le è stato tolto lo zainetto con il concentratore, che è stato aperto e maneggiato da alcuni addetti. Per l’agitazione, oltre che per l’impossibilità di utilizzare il dispositivo, la sua saturazione è scesa sotto il livello di guardia, provocandole uno stato di malessere che poteva portare a una crisi respiratoria. Michela ha provato a far capire l’importanza del concentratore, ma è stato del tutto inutile: quando infatti le è stato riconsegnato, le cannule nasali per respirare erano fuori uso e di conseguenza non ha potuto usare l’ossigeno non solo per tutto il volo, ma anche nel tragitto per tornare a casa».

«L’ultimo anno – commenta Stefano Pavanello, vicepresidente dell’Unione Trapiantati Polmone Padova, organizzazione di pazienti che fa parte dell’Alleanza Malattie Rare – è stato costellato da troppi episodi in cui malati rari con diverse problematiche si sono visti privare la loro sacrosanta libertà di movimento, in particolar modo per quanto riguarda gli spostamenti in aereo. Episodi avvenuti non solo all’estero, ma anche sul territorio italiano, soprattutto nella tratta che lega lo stivale alla Sardegna. Tutto ciò è inammissibile: la vita dei malati rari è in balia di incertezze che ne rendono la quotidianità molto difficile. La burocrazia e l’impreparazione delle compagnie aeree non può aggiungersi a questa lista».

«Al momento – spiegano dall’OMAR – alla lettera di denuncia di Michela ha risposto solo l’Ambasciata d’Italia a Berlino che si è attivata, contattando lo scalo tedesco il quale, a propria volta, ha assicurato che le varie ditte operanti nell’infrastruttura sono state istruite e sensibilizzate sul tema dell’assistenza alle persone con ridotta mobilità. L’aeroporto ha inoltre riportato che la richiesta dell’Ambasciata di verificare quanto accaduto è stata inoltrata alla Bundespolizei, la Polizia Federale Tedesca, che ha competenza sui controlli. Quest’ultima, dal canto suo, ha comunicato all’Ambasciata che, in base alla ricostruzione dei fatti, non sono state rilevate anomalie nel controllo di sicurezza effettuato e ha escluso che l’apparecchio sia stato danneggiato nel corso di quest’ultimo. Ha inoltre riferito che i documenti in italiano presentati da Michela erano incomprensibili agli operatori e che solo tramite il traduttore è stato chiarito che si trattava della descrizione del dispositivo. Infine, sempre la Polizia Federale Tedesca ha assicurato che dell’episodio si terrà conto nei corsi interni di addestramento».

«Quello che più di tutto vorrei mettere in luce – afferma Michela -, e che ho scritto anche in replica all’Ambasciata, è la necessità di fare formazione non solo per prestare attenzione a chi ha un impedimento motorio, visto che si parla di carrozzina, ma anche alla delicatezza dei dispositivi medicali, come può essere un concentratore, un ventilatore, una macchina per la tosse o qualsiasi altro dispositivo che non deve essere manipolato e quindi reso inservibile, come è successo a me con il concentratore di ossigeno e le cannule che devono essere sterili per poterle usare».

«Quella di Michela – commentano dunque dall’OMAR – è solo una delle tante vicende che regolarmente cerchiamo di portate all’attenzione. C’è ad esempio la storia di Marco, la cui famiglia è stata lasciata a terra all’Aeroporto di Francoforte perché mancava la necessaria assistenza per imbarcare il figlio maggiore, di 13 anni, con disabilità [se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.], una vicenda sulla quale è intervenuta anche la deputata Ilenia Malavasi con un’Interrogazione Parlamentare. O anche la storia di Daniele, ingegnere affetto da SLA (sclerosi laterale amiotrofica), al quale Ryanair ha negato l’imbarco su un volo Cagliari-Venezia a causa della necessità di utilizzare a bordo il suo respiratore. E non si parla solo di criticità sul trasporto aereo. Tra gli episodi incresciosi più recenti, infatti, vi è anche quello capitato ad Anita Pallara, presidente dell’Associazione Famiglie SMA, alla quale è stato negato l’accesso a una barca da escursione in provincia di Lecce, dopo che pochi giorni prima le era stata garantita la possibilità di partecipare a un giro con gli amici [anche di questo si legga già ampiamente sulle nostre pagine, N.d.R.]».
«Eppure – proseguono dall’OMAR – una normativa che tutela i diritti delle persone con disabilità esiste eccome. L’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, ad esempio, afferma il principio di non discriminazione, mentre l’articolo 26 stabilisce che l’Unione “riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”. Senza naturalmente dimenticare che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità riconduce la condizione di disabilità all’esistenza di barriere ambientali e sociali e impone agli Stati Membri di eliminare tali ostacoli. Viene quindi superato il concetto di “accessibilità” come semplice eliminazione delle barriere architettoniche e al centro vengono posti i concetti di dignità, autonomia individuale, eguaglianza, accessibilità, inclusione nella società e accettazione della disabilità come parte della diversità umana, diventando dunque questi i princìpi cardine attorno a cui ruota il testo della Convenzione stessa».

«È evidente che a livello internazionale le leggi ci siano – afferma Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’OMAR -: basti pensare alla recente approvazione del Regolamento Europeo sul Trasporto Ferroviario di persone con disabilità. Tuttavia non sempre sono pienamente rispettate, come è stato dimostrato dal caso di Michela e da tutti gli altri che abbiamo posto all’evidenzacitati. Anche lo stesso EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità ha da poco ribadito che i diritti per il trasporto aereo di queste persone devono essere sempre garantiti. Una legislazione “di partenza”, quindi, esiste, ma tutto il lavoro spetta poi al singolo Paese che deve recepire quanto stabilito a monte, e poi ad ogni compagnia di trasporti che deve metterla in pratica: questo implica che la stessa norma possa essere applicata in modi differenti, causando confusione e rischi per la salute. Le difficoltà maggiori al momento ci sono con i voli aerei, per la peculiarità del mezzo di trasporto e perché esistono tante diverse compagnie. Occorre quindi che i diversi aeroporti italiani si coordinino e che vi sia poi un lavoro di confronto anche con gli enti aeroportuali degli altri Paesi, almeno a livello dell’Unione Europea, per un’interpretazione chiara delle norme e per implementare percorsi dedicati, e quindi la formazione degli operatori, che garantiscano un’esperienza di imbarco e volo pari a quella di tutti i passeggeri».
«Parallelamente – conclude -, ampliando lo sguardo dal solo trasporto a tutta l’esperienza di fruizione delle opere d’arte e del paesaggio del nostro Paese, che è diritto di ogni cittadino e cittadina, auspichiamo che la Proposta di Legge n. 997 (Disposizioni in materia di turismo accessibile e di partecipazione delle persone disabili alle attività culturali, turistiche e ricreative), approdata alla Camera nella primavera scorsa [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.], possa compiere in tempi il più possibile veloci l’iter per la sua approvazione. Sarebbe un tassello importante nel miglioramento di una situazione sulla quale c’è ancora tanto da fare». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Rossella Melchionna (melchionna@rarelab.eu).

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