Integrata e ripresentata quella Proposta di Legge per le madri con disabilità

Già presentata in primavera alla Camera, la Proposta di Legge di iniziativa dei deputati Gribaudo e Furfaro, che mira ad introdurre misure a sostegno delle madri con disabilità, è stata ripresentata sempre alla Camera, sostenuta anche da molti altri deputati e deputate e significativamente integrata. Pur essendo formalmente una Proposta di iniziativa parlamentare, essa di fatto scaturisce dai vissuti di molte donne con disabilità (madri e non) e ambisce a conciliare diritti e desideri. Proprio per questa impostazione la sua approvazione segnerebbe uno “scatto culturale” davvero notevole

Madre con disabilità motoria insieme al suo bambino

Una mamma con disabilità motoria insieme al suo bambino

Lo scorso 10 maggio era stata presentata alla Camera la Proposta di Legge di iniziativa dei deputati Chiara Gribaudo (prima firmataria) e Marco Furfaro, avente ad oggetto Interventi a sostegno delle madri con disabilità. Nel rilanciare la notizia (se ne legga a questo link) segnalammo come, nella sostanza, la Proposta in questione recepisse le istanze e le esperienze raccolte da DisabilmenteMamme, una realtà nata come un semplice Gruppo di mutuo-aiuto di madri con disabilità, poi evoluta in un’Associazione.
Il 6 dicembre scorso Serena Riformato ha pubblicato sul quotidiano «La Stampa» un articolo dal titolo Il lavoro espelle 44mila mamme. In esso si spiega che «nel 2022 quasi 45mila madri hanno dovuto lasciare la loro occupazione», e che nel 63% dei casi la ragione è data dalla difficoltà di conciliare il lavoro di cura dei figli con la vita aziendale.
Se quella denunciata da Riformato è la situazione delle mamme in generale, per le donne con disabilità, a queste “difficoltà condivise”, se ne vanno ad aggiungere moltissime altre, che potremmo definire “specifiche”, a partire da quella di vedersi riconosciuto il diritto ad intraprendere, qualora lo desiderino, un percorso di maternità. “Difficoltà specifiche” che emergono con limpidezza anche nell’opera Tienimi per mano, l’unione fa la forza. Storie, interviste ed esperienze, prodotta proprio dall’Associazione DisabilmenteMamme, e pubblicata da PAV Edizioni nello scorso mese di settembre (se ne legga su queste stesse pagine).

Tornando ora alla Proposta di Legge, va segnalato che essa è stata ripresentata alla Camera dei Deputati (n. 1386) lo scorso 6 settembre, sostenuta, oltre che dagli stessi Gribaudo e Furfaro, da molti altri deputati e deputate, e significativamente integrata in diverse parti, grazie anche all’apporto del Gruppo Donne FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Il nuovo testo della Proposta di Legge (disponibile a questo link) si compone sempre di dieci articoli. Per una conoscenza completa di esso rimandiamo senz’altro alla lettura di esso, mentre in questa sede focalizzeremo l’attenzione solo su alcuni aspetti di particolare rilievo.

Tra i tanti elementi apprezzabili contenuti nella parte introduttiva, vi è la considerazione che le tantissime esperienze positive delle madri con disabilità «dimostrano come le maggiori difficoltà nella gestione personale possono essere superate dalle loro capacità organizzative. Le donne con disabilità, tanto più se supportate adeguatamente dal partner o dalla famiglia, dalla rete socio-sanitaria e dalle associazioni dedicate, possono occuparsi in maniera esemplare di un figlio» (grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali). Viene inoltre sottolineato il dovere di superare i diversi pregiudizi e gli stereotipi legati alla capacità delle donne con disabilità di prendersi adeguatamente cura dei propri figli.
Si evidenzia quindi il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, tutelato anche dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/09).
Un altro atto significativo più volte citato nella parte introduttiva è il Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea (disponibile a questo link), documento programmatico prodotto nel 2011 dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, che si propone come una rilettura in termini di genere della citata Convenzione ONU la quale, per altro, contiene già in sé numerose disposizioni che impegnano gli Stati firmatari a contrastare le discriminazioni multiple e intersezionali a cui sono esposte le donne con disabilità.
La finalità della Proposta di Legge è dunque quella di introdurre misure «per la tutela del diritto alla maternità delle donne con disabilità assicurando il supporto di figure professionali operanti nelle diverse tipologie dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, sia durante la gravidanza sia nel periodo post partum, nonché nelle successive fasi di rientro al lavoro e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, tenuto conto delle peculiari criticità che possono verificarsi anche in tali fasi per le madri con disabilità» (articolo 1).
Tra le finalità esplicitate vi è anche quella di contrastare le discriminazioni multiple a cui le donne con disabilità sono esposte. È inoltre specificato che la tutela del diritto alla maternità delle donne con disabilità si applica anche ai percorsi di adozione e di procreazione medicalmente assistita o similari, fatta salva la conoscenza dei rischi per la salute di tali procedure.

L’articolo 2 prevede la definizione di un percorso di accompagnamento alla gravidanza e al periodo post partum, nonché all’adozione e alla procreazione medicalmente assistita, e la predisposizione di apposite Linee Guida Nazionali volte a disciplinarlo. È inoltre prevista la costruzione di un nuovo codice di esenzione dal pagamento delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie che si aggiungono a quelle già previste dal codice di esenzione per la gravidanza a rischio.
Un ulteriore elemento qualificante è che oltre alle figure di supporto “consuete” (personale sanitario e socio-sanitario, la figura della puericultrice o del puericultore), è prevista, se ritenuta necessaria, anche la presenza della figura dell’«assistente personale che può coadiuvare la donna nelle proprie attività con lo scopo di garantire alla stessa il diritto a svolgere il proprio ruolo materno e al figlio il diritto di crescere con la propria madre, ferma comunque restando la facoltà di autogestione del bambino da parte della madre con disabilità».
E ancora, vi è una specifica disposizione a tenere conto «delle particolari esigenze delle donne con disabilità intellettiva, cognitiva e comportamentale nell’espressione della propria sfera affettiva e sessuale, prevedendo apposite misure, quali l’individuazione di una rete di persone e di professionisti per il sostegno e il supporto delle donne in tali percorsi».

L’articolo 3 prevede che le lavoratrici madri con disabilità possano chiedere lo svolgimento della prestazione lavorativa in “modalità agile”, e fissa i requisiti richiesti per accedere a tale beneficio. È inoltre riconosciuto il «diritto, entro il compimento del quattordicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo […] non superiore a tre anni. In tal caso, il congedo parentale può essere fruito in alternativa dall’altro genitore, se facente parte del medesimo nucleo familiare, per un periodo complessivamente non superiore a un anno».
Sempre in materia di occupazione, l’articolo 7 amplia gli incentivi per le imprese per l’inserimento stabile nel mercato del lavoro delle lavoratrici madri con disabilità assunte con contratto a tempo indeterminato.

L’articolo 4 istituisce sportelli informativi regionali e un numero unico nazionale dedicato. Per assicurare poi la copertura economica delle misure previste nella Proposta di Legge, l’articolo 5 prevede l’istituzione, presso il Ministero della Salute, di un «“Fondo per l’accessibilità per le madri con disabilità” con una dotazione pari a 5 milioni di euro per l’anno 2023 e a 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024, al fine di garantire l’accessibilità alle cure sanitarie, alle strutture e alle apparecchiature diagnostiche dei reparti di ostetricia e ginecologia e dei consultori alle madri con disabilità». Lo stesso articolo dispone anche che beni, spazi, servizi e materiali di informazione e comunicazione necessari per il percorso di accoglienza, accompagnamento e gestione debbano essere accessibili e fruibili dalle donne con diverse tipologie di disabilità e che ogni anno il 30% delle risorse del Fondo dedicato sia «destinato alla formazione di apposite équipe medico-sanitarie».

L’articolo 6 specifica che il Fondo dedicato può essere impiegato anche «per garantire l’accessibilità dei servizi antiviolenza e dei servizi a supporto delle donne con disabilità» e introduce il seguente vincolo: «Le pubbliche amministrazioni, nella stipula dei bandi di assegnazioni di spazi per i centri antiviolenza e per l’accesso ai finanziamenti pubblici, tengono conto delle barriere architettoniche, senso-percettive, comunicative e digitali, nonché della idonea formazione del personale per l’accoglienza di donne e di madri con disabilità e del personale che opera a vario titolo nel centro antiviolenza».

L’articolo 8 impegna il Ministro per le Disabilità a promuovere campagne o programmi nazionali di sensibilizzazione per combattere stereotipi diffusi in àmbito scolastico, in famiglia, nel mondo del lavoro, nella popolazione generale, con particolare riguardo alle discriminazioni generate dall’intersezione tra il genere e la disabilità, nonché ai pregiudizi legati alla sfera sessuale e riproduttiva». Di particolare rilevanza è anche la disposizione che tali campagne di sensibilizzazione e informazione debbano «altresì riguardare le specifiche forme di violenza a danno delle donne con disabilità diverse e gli specifici percorsi che si possono attivare per garantirne la tutela».

In merito alla raccolta e al monitoraggio dei dati, l’articolo 9 prevede che l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) assicurino «il rilascio, con cadenza almeno triennale, di una rilevazione statistica che certifichi il numero di madri con disabilità, la loro distribuzione nel territorio nazionale e la disaggregazione dei dati anche per la variabile delle diverse disabilità».
Il medesimo articolo chiede inoltre che la Legge 53/22, avente ad oggetto Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere, sia integrata, prevedendo «il rilevamento e la valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della violenza di genere ai danni delle donne con disabilità, anche attraverso la disaggregazione dei dati per le diverse disabilità», e la rilevazione dei dati sull’accessibilità dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio.

Come già specificato inizialmente, in questo testo abbiamo focalizzato l’attenzione solo su alcuni elementi di particolare rilievo della Proposta di Legge presa in esame, ma nel complesso si può affermare che gli aspetti qualificanti e innovativi in essa contenuti sono davvero numerosi. Infatti, pur trattandosi formalmente di una Proposta di iniziativa parlamentare, di fatto scaturisce dai vissuti delle donne con disabilità (madri e non) e ambisce a conciliare diritti e desideri. Proprio per questa particolare impostazione la sua approvazione segnerebbe uno “scatto culturale” davvero notevole.

Si ringrazia Elisa Marino per la segnalazione.

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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