Contro la spersonalizzazione dei Servizi per la Salute Mentale

Si terrà il 18 gennaio a Bologna un sit-in di protesta contro la spersonalizzazione dei Servizi per la Salute Mentale, organizzato dall’Associazione Diritti Senza Barriere per denunciare la grave situazione di una donna con disabilità psichica, istituzionalizzata e in carico ai Servizi per la Salute Mentale. Manca un progetto riabilitativo individualizzato che tenga conto dei suoi bisogni e desideri, che preveda un suo coinvolgimento nella definizione del proprio percorso di vita e che individui obiettivi da perseguire. L’unica risposta dei Servizi sono gli psicofarmaci

Maria Louisa Vancea, "Depersonalization" (©Maria Louisa Vancea)

Maria Louisa Vancea, “Depersonalization” (©Maria Louisa Vancea)

Nella mattinata di dopodomani 18 gennaio, a Bologna (presso il Centro di Salute Mentale della Casa della Salute Borgo Panigale, Via Ercole Nani, 10, ore 9), vi sarà un sit-in di protesta contro la spersonalizzazione dei Servizi per la Salute Mentale.
L’iniziativa è organizzata da Diritti Senza Barriere, Associazione di volontariato locale che si occupa della tutela e della promozione dei diritti nel settore sanitario e assistenziale. Lo scopo della manifestazione pubblica è denunciare la grave situazione di una donna con disabilità psichica, istituzionalizzata e in carico presso i Servizi per la Salute Mentale.

La psichiatra che segue la donna ormai da quattro anni basa le sue valutazioni sui soli dati clinici, senza conoscere e prestare attenzione alla persona, alla sua biografia, i suoi vissuti e le sue risorse, come spiegano dall’Associazione. Prova ne sia la mancanza di un progetto riabilitativo individualizzato che tenga conto delle sue caratteristiche personali, dei suoi bisogni e desideri, che preveda un suo coinvolgimento nella definizione del proprio percorso di vita, e che individui obiettivi da perseguire.
Nonostante le molteplici segnalazioni di inefficienza e trascuratezza dello stato psicologico e fisico della donna avanzate dalla sorella, unica parente superstite, la sola risposta dei Servizi per la Salute Mentale è data dagli psicofarmaci. Anche il tutore della donna mostra di non conoscerla e svolge il suo ruolo in modo burocratico, limitandosi a sottoscrivere le proposte della psichiatra.
L’unica familiare che conosce e segue la propria congiunta da una vita non è coinvolta ed è tenuta all’oscuro della situazione clinica della paziente. La sua presenza è vissuta come un disturbo, sebbene la sua conoscenza esperienziale sarebbe molto utile a promuovere la salute della donna e ad umanizzare il Servizio.

Per queste ragioni, dunque, Diritti Senza Barriere chiede con urgenza: che la familiare sia resa partecipe della situazione clinica della propria congiunta. Che per la donna con disabilità psichica venga predisposto un progetto personalizzato riabilitativo che tenga conto dei suoi sintomi, di come affrontare le “voci” che ode, dei suoi bisogni, delle sue necessità, delle sue risorse. Un progetto in cui siano indicati degli obiettivi da perseguire a breve e medio termine, e che sia sottoposto a verifiche periodiche, verbalizzate e sottoscritte dai partecipanti. E infine, che l’équipe multidisciplinare che segue il caso organizzi degli incontri periodici che coinvolgano la stessa donna con disabilità psichica e la sua familiare, affinché le decisioni sanitarie e sugli altri aspetti della sua vita, essendo frutto di una scelta condivisa, migliorino l’organizzazione dei Servizi e lo stato di salute complessivo della donna. (Simona Lancioni)

Per ulteriori informazioni: dirsenbar@yahoo.it.

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo