Bianco come il buio

«La diversità, contrariamente a quanto si possa pensare, ci accomuna e ci rende tutti uguali»: è questo il messaggio ultimo di “Bianco come il buio”, spettacolo teatrale tratto dall’opera “Cecità” del Premio Nobel per la Letteratura José Saramago, che andrà in scena il 10 dicembre al Museo Tattile Statale Omero di Ancona, a cura dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e dell’IRIFOR (Istituto di Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione della stessa UICI) della città marchigiana

José Saramago

Il Premio Nobel per la Letteratura José Saramago, scomparso nel 2010, dalla cui opera “Cecità” è tratta la rappresentazione teatrale “Bianco come il buio”

Andrà in scena sabato 10 dicembre al Museo Tattile Statale Omero di Ancona, la rappresentazione teatrale Bianco come il buio (Mole Vanivitelliana, ore 17 e ore 21.15), ispirata all’opera Cecità del Premio Nobel José Saramago.
Scritto da Stefania Terrè e diretto Antonio Lovascio, lo spettacolo nasce dal progetto denominato Vediamoci a teatro, iniziativa delle delegazioni anconetane di UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e IRIFOR (Istituto di Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione della stessa UICI).

«Sebbene il romanzo di Saramago sia di circa vent’anni fa – spiegano i realizzatori dello spettacolo -, il suo messaggio è ancora oggi universale, poiché racconta di come l’essere umano, posto di fronte a situazioni estreme, in pericolo di vita, sia capace di commettere le peggiori atrocità».
La vicenda, ambientata proprio all’interno dell’UICI di Ancona, è affidata a un gruppo di attori della stessa, affiancati dai giovani del Servizio Civile Nazionale, vale a dire Francesco Celsi, Claudio Dubini, Francesca Gasparoni, Maurizio Mazzieri, Barbara Roefaro, Giulia Sabatini, Stefania Terrè Lucrezia Violante.
«Lo scopo del progetto – viene sottolineato ancora -, affrontato con spirito goliardico, è sondare le dinamiche umane, cercando di capire cosa accadrebbe se una simile situazione dovesse realmente sopraggiungere azzerando ogni diversità, e ogni rapporto costruito secondo le proprie convinzioni e percezioni della realtà. Che cosa accadrebbe? La risposta non è affatto scontata e lontano da ogni moralismo, con la più totale onestà, siamo approdati all’ipotesi che le differenze non migliorano né peggiorano la nostra condizione, semmai la arricchiscono della varietà tipica dell’essere umano. Un po’ come dire che la diversità, contrariamente a quanto si possa pensare, ci accomuna e ci rende tutti uguali». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: redazione@museoomero.it.

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