Fabiano Lioi, tante fratture, faccia da cinema e la disabilità senza pietismi

Fabiano Lioi ha l’osteogenesi imperfetta, le sue ossa si rompono molto facilmente (oltre 300 fratture) e ha una faccia da cinema: ha lavorato, infatti, in film come “Brutti e cattivi” e in serie televisive come “The Generi”. Autore di svariati progetti, ha recentemente pubblicato, grazie a una raccolta fondi nel web, il libro “O.I. L’arte in una frattura”, per raccontare la disabilità senza pietismi, tramite ventuno sue lastre fotografiche, corredate di riflessioni di amici, che diventeranno anche una mostra a supporto di un progetto dell’ASITOI (Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta)

Fabiano Lioi con il suo libro "O.I. L'arte in una frattura"

Fabiano Lioi con il suo libro “O.I. L’arte in una frattura”

Fabiano Lioi ha l’osteogenesi imperfetta: «Sono come mi si vede. Nulla da nascondere: mostro tutto, condensato in un metro e quindici di statura. Tutto quello che penso e sento lo dico senza filtri, sempre rispettando chi ho accanto perché la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri».
È deciso, quest’uomo con la faccia da cinema, riconoscibile nel film Brutti e cattivi e nella serie televisiva The Generi.

Nato a Santiago del Cile nel 1977, Lioi è arrivato in Europa nel 1999 per stanziarsi a Roma e si presenta come «attore, musicista, performer e non solo».
Le sue ossa si rompono facilmente, ha oltre trecento fratture: «Ho un caratteraccio, sono in costante competizione con me, non con gli altri. Del mio essere non ho mai fatto problema né virtù». Dalla madre ha preso l’amore per l’arte, la curiosità e l’attitudine a volare coi pensieri. Il padre diceva di non avere allevato un figlio, ma un marine. Coi fratelli giocava, le prendeva e le dava.
Per lui vale il metodo che se vuoi una cosa te la vai a prendere. Singolare il suo punto di vista sulla frattura più grande: «Deve ancora arrivare: ricorda che le fratture passano e vengono accantonate, ma l’insegnamento che ti lascia una frattura resta e fa tesoro».

Per il cinema sostiene di non essere mai stato scelto per l’aspetto, di bassa statura e molto originale, anzi ha rifiutato lavori anche importanti perché «è troppo semplice fare lo zimbello con un fisico fuori dalla norma. So di essere bravo nel mio lavoro».
Nel 2012 il ritorno in Cile per ritrovare la famiglia: senza confort in giro per il Paese tra fuoristrada e immersioni subacquee, spostandosi in autobus con la carrozzina smontata sul tetto.

Autore di svariati progetti, il 21 dicembre ha chiuso la campagna di raccolta fondi nel web (crowdfunding) O.I. L’arte in una frattura, per raccontare la disabilità senza pietismi. 30.000 euro per pubblicare un libro di ventuno sue lastre fotografiche, corredate di riflessioni di amici, farne una mostra e sostenere il progetto Roma dell’ASITOI (Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta). Fra le opere il simbolo dell’infinito: «In Cile guardavo spesso l’orizzonte, dove cielo e mare si uniscono, chiedendomi cosa ci fosse oltre e sentendomi rispondere l’infinito. Siamo tutti infinito».

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Fabiano Lioi: «Vi racconto la malattia in 21 lastre»”). Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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