Serve un ripensamento complessivo del sistema legato alle strutture residenziali

Lo ha sottolineato Mauro Palma, presidente della struttura del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, presentando al Parlamento la Relazione Annuale 2021, dichiarando tra l’altro, durante il suo intervento, che «la tensione al potenziamento di ogni pur limitata e residuale possibilità di scegliere e orientare il proprio tempo deve caratterizzare l’ospitalità di chi è accolto in residenze per anziani o per disabili, scongiurando in modo assoluto la possibilità di traduzione di questa sua specifica collocazione in una forma di internamento»

Persona con disabilità in un corridoio oscuro«Tutte le diverse aree di privazione della libertà personale hanno vissuto una sofferenza specifica nell’ultimo anno. Tuttavia, proprio da tale specifica e dirompente difficoltà è possibile trarre un elemento positivo che deve essere ben considerato nel delineare l’orizzonte di ripresa. L’elemento positivo è costituito dal fatto che alcune latenti contraddizioni spesso poco evidenti sono divenute chiare, visibili: non si potrà dire di non esserne consapevoli e non si potrà parlare di ricostruzione senza considerarle adeguatamente [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]»: è quanto si legge in uno dei passaggi dell’intervento con cui Mauro Palma, presidente della struttura del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, ha presentato al Parlamento la propria Relazione Annuale 2021 (a questo link è disponibile il testo integrale dell’intervento).

Vari sono stati i passaggi dedicati da Palma alla situazione delle persone con disabilità che vivono nelle strutture residenziali, sia guardando a quanto si è verificato in quest’ultimo anno, sia in àmbito più generale. Senza mezzi termini, ad esempio, ha affermato che «la tensione al potenziamento di ogni pur limitata e residuale possibilità di scegliere e orientare il proprio tempo deve caratterizzare l’ospitalità di chi è accolto in residenze per anziani o per disabili, scongiurando in modo assoluto la possibilità di traduzione di questa sua specifica collocazione in una forma di internamento». Infatti, «la volontà espressa della persona non può mai essere un indicatore non considerato o considerato marginalmente, anche quando si vuole ipoteticamente agire per il suo bene, come invece, purtroppo, il Garante nazionale ha verificato anche in occasioni recentemente riportate dalla cronaca».
«Questi orientamenti di significato del tempo di limitazione, o addirittura di privazione, della libertà personale – ha aggiunto -, volti ad assumere una finalità positiva come legittimante tale misura, oltre a dover determinare la direzione delle forme e delle modalità in cui essa si realizza, retroagiscono, quindi, configurando un diritto della persona che a essa è sottoposta. Perché ogni persona ha diritto alla significatività del proprio tempo».

Soffermandosi poi in particolare su quanto accaduto con la pandemia, il Garante ha dichiarato che «non potremo ignorare la separatezza che frequentemente avvolge le strutture residenziali per anziani o disabili e che era normalmente attenuata dal lavoro “supplente” delle famiglie o anche non portare a valore il contributo del mondo del volontariato all’interno di queste istituzioni chiuse nel momento in cui la non presenza di tali figure all’interno di quegli spazi e quei corridoi ha prodotto un vuoto che nei casi di sostegno alle disabilità rischia di determinare una regressione cognitiva importante: dovremo capire come portare a sistema questi apporti e come recuperare un concetto di “sussidiarietà” che non sconfini nella delega e nella deresponsabilizzazione di chi istituzionalmente deve assicurare interventi densi di umanità e capacità. Soprattutto omogenei nelle diverse aree del territorio nazionale: i dati stessi che vengono riportati nella Relazione dimostrano la disuguaglianza nella distribuzione di assistenza e supporto».

A proposito dei dati sulle strutte residenziali, nella Relazione al Parlamento essi vengono riportati dettagliatamente «non soltanto rispetto alle strutture formalmente definite come residenze sanitarie assistenziali (RSA) – ha sottolineato Palma -, ma a tutte le varie forme di residenzialità, che portano a un totale di più di 420.000 posti letto».
In tal senso, il Garante ha rinnovato l’accordo di collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, stipulato lo scorso anno (se ne legga anche sulle nostre pagine) e finalizzato alla realizzazione di un percorso condiviso di monitoraggio della diffusione del contagio nelle strutture residenziali. Grazie anche a questa collaborazione, il Garante stesso partecipa ora al sistema di Sorveglianza strutture residenziali socio-sanitarie nell’emergenza Covid-19,  che ha appunto lo scopo di monitorare la frequenza e l’impatto delle infezioni da Covid nelle strutture residenziali e di indicare le necessità rilevanti che, in caso di epidemia, richiedano un intervento di sanità pubblica urgente a livello locale, regionale o nazionale.
Per la cronaca, le Regioni attualmente aderenti al monitoraggio sono l’Abruzzo, la Campania, le Marche, il Molise, la Sicilia, la Toscana e la Valle d’Aosta.

E da ultimo, ma non certo ultimo, uno dei passaggi che conferisce ulteriore sostanza alla richiesta di un ripensamento complessivo del sistema di residenzialità da parte del Garante. «È doverosa – ha dichiarato infatti – una complessiva riflessione sul sistema in sé delle residenze sanitarie assistenziali che sono nella maggior parte dei casi strutture private accreditate; nonché sui criteri di accreditamento che proprio perché calibrati sull’organizzazione a stanze e relativo numero di letti, a cui si aggiunge qualche ambiente comune, hanno finito col configurarsi nel periodo dell’impossibilità di attività comuni per il rischio di contagio, in qualcosa di simile a piccoli reparti ospedalieri, dove il letto diveniva il “luogo’” della giornata, peraltro trascorsa in assenza di figure esterne. Molte volte il Garante nazionale ha sollecitato la loro controllata apertura in sicurezza e troppo spesso le indicazioni in tal senso date dal Ministero della salute risultano tuttora disattese regionalmente perché affidate alla discrezionalità del gestore della struttura. Con danni importanti di regresso cognitivo nel caso di utenti con specifiche disabilità. Da qui la duplice proposta: dell’avvio di una riflessione ampia sulla risposta istituzionale alle fragilità dovute all’età, alle disabilità, più in generale ai particolari bisogni specifici, che riconfiguri l’attuale modello; e, parallelamente l’istituzione di un registro nazionale effettivo che possa dare con continuità un quadro delle situazioni e indichi come e dove intervenire, supportando, controllando, rivedendo ove necessario, convenzioni anche talvolta di antica tradizione».

Sono temi di grande importanza, quelli sollevati dal Garante, che anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) solleva ormai da tempo, anche su queste pagine, ritenendo ormai imprescindibile il passaggio «da un sistema welfare di protezione a un welfare volto all’inclusione e al rispetto dei diritti umani», chiedendo al mondo delle Istituzioni e dei rappresentanti della politica di assumersi precise responsabilità rispetto «ai rischi concreti di segregazione delle persone con disabilità, emersi con forza durante quest ultimo anno di pandemia». (S.B.)

A questo e a questo link sono rispettivamente disponibili la prima e la seconda parte della Relazione al Parlamento 2021 del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Ricordiamo inoltre ancora il link tramite il quale si può accedere al testo integrale dell’intervento del Presidente Palma.

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