Negli USA la pubblicità rappresenta la disabilità ancora poco e male

Da una recente ricerca volta ad indagare la rappresentazione delle persone con disabilità nelle pubblicità trasmesse in prima serata dalle TV statunitensi, è emerso che, pur essendo le stesse persone con disabilità un quarto della popolazione USA, solo l’1% delle pubblicità includeva la rappresentazione di temi, immagini o argomenti relativi alla disabilità. Ad esclusione, quindi, dei prodotti sanitari e farmaceutici, molto di rado gli annunci pubblicitari mostravano persone con disabilità nella vita di tutti i giorni (lavoro, genitorialità, faccende domestiche o attività ricreative)

Consumatrice con disabilità al supermercato

Una consumatrice con disabilità mentre fa la spesa al supermercato

Nei giorni scorsi Nielsen, multinazionale con sede negli Stati Uniti specializzata in indagini di mercato, ha reso noti i risultati di una ricerca volta ad indagare la rappresentazione delle persone con disabilità nelle pubblicità trasmesse in prima serata dalle TV statunitensi. L’indagine è stata svolta negli USA nel mese di febbraio scorso, attraverso un campione di circa 450.000 pubblicità trasmesse in prima serata su trasmissioni e TV via cavo.
Ebbene, nonostante più di un quarto (il 26%) della popolazione statunitense sia interessato da una disabilità, solo l’1% delle pubblicità trasmesse in prima serata includeva la rappresentazione di temi, immagini o argomenti relativi alla disabilità, un dato che rivela lo scarso interesse della comunicazione aziendale per queste persone.

I media, osservano da Nielsen, hanno il potere di modificare la narrazione sulla disabilità, riflettendo meglio la reale esperienza vissuta dalle persone con disabilità, ma mentre i contenuti cinematografici e televisivi hanno fatto progressi nel rappresentare storie di disabilità – come risulta evidente dall’ondata di programmazione che include disabilità e temi correlati negli ultimi dieci anni – la pubblicità sembra essere ancora molto indietro. E tuttavia, con un potenziale di mercato di 21 miliardi di dollari, gli inserzionisti non possono permettersi di perdere l’opportunità di interagire con la comunità delle persone con disabilità e coloro che le supportano.

In merito ai contenuti della rappresentazione, lo studio ha rilevato che il più delle volte la disabilità è assente dalla pubblicità, tranne quando si concentra su prodotti relativi alla disabilità.
Raramente gli annunci mostrano persone con disabilità nella vita di tutti i giorni, come il lavoro, la genitorialità, le faccende domestiche o le attività ricreative. Solo il 3% della spesa pubblicitaria comprensiva del mese di febbraio (57 milioni di dollari) è andato ad annunci con persone con disabilità o che includevano i temi della disabilità nella creatività. Inoltre, quasi il 50% della spesa in annunci relativi alla disabilità riguardava prodotti farmaceutici, trattamenti e dispositivi sanitari.

I trattamenti medici e le attività di cura sono certamente aspetti importanti nella quotidianità delle persone con disabilità, ma è parimenti importante mostrare come la vita delle persone con disabilità non possa essere ridotta a tali aspetti. Sotto questo profilo le diverse aziende possono avere un ruolo significativo, poiché hanno l’opportunità di mostrare le persone con disabilità nella vita di tutti i giorni, mentre utilizzano i prodotti e i servizi offerti dai differenti brand.
Nel tentativo, dunque, di aumentare la visibilità dei temi legati alla disabilità, l’industria pubblicitaria può collaborare con organizzazioni di persone con disabilità, facendo attenzione a non scivolare nel cosiddetto Inspiration Porn (“porno motivazionale”), che viene spesso utilizzato per motivare le persone non disabili a scapito dell’esperienza delle persone con disabilità (sull’“inspiration porn” si veda una scheda pubblicata da Fabrizio Acanfora nel proprio blog).
Quando si pianifica una campagna, i marchi devono predisporre vari formati e funzionalità di accessibilità per accogliere una varietà di persone con disabilità diverse, inoltre possono migliorare la rappresentanza nelle loro organizzazioni assumendo più persone con disabilità.

Christina Mallon, influencer, attivista e responsabile del settore Design Inclusivo e Accessibilità dell’agenzia di marketing e comunicazione Wunderman Thompson, ha raccontato che, in quanto persona con disabilità, si è sentita poco rappresentata come consumatrice e ha dichiarato: «Diversi brand hanno compreso il bisogno di coinvolgere e di includere le persone con disabilità. Quando però includono persone con disabilità nei loro contenuti creativi, è necessario che ci presentino per quel che siamo – al di là delle nostre disabilità – senza ignorare il fatto che ne abbiamo una». (Simona Lancioni)

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcune modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.

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