Da comprimario a coprotagonista: il muscolo scheletrico si rivela tra i bersagli principali della proteina tossica responsabile di buona parte delle forme ereditarie di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) (circa il 10% dei casi).
A dimostrarlo è uno studio finanziato dalla Fondazione Telethon, pubblicato on line dalla prestigiosa rivista Cell Metabolism e curato dal gruppo di ricerca guidato da Antonio Musarò del Dipartimento di Istologia ed Embriologia medica dell’Università La Sapienza di Roma.
La SLA è una malattia degenerativa che porta a una perdita graduale dei motoneuroni, le cellule del sistema nervoso che impartiscono ai muscoli il comando di movimento. Le persone affette vanno progressivamente incontro a paralisi entro un tempo relativamente breve dall’esordio dei sintomi: in Italia si contano dai 4 ai 6 pazienti ogni 100.000 abitanti. Circa il 10% di essi è affetto da una forma ereditaria della malattia che, nel 20% dei casi, è dovuta a una forma mutata di una proteina, la superossido dismutasi 1 (SOD1). In condizioni normali SOD1 funziona come uno “spazzino”, eliminando dalle cellule i pericolosi radicali liberi: quando però è mutata, diventa tossica a sua volta, favorendo la degenerazione cellulare.
Fino a poco tempo fa la comunità scientifica concordava sul fatto che la SLA colpisse esclusivamente i motoneuroni. Recentemente, però, questo “dogma” ha cominciato a scricchiolare: è diventato sempre più chiaro, infatti, che il danno riguarda anche altri tessuti e cellule, come ad esempio la glia, ovvero l’insieme delle cellule che forniscono nutrimento e supporto ai neuroni.
In particolare, lo studio di Musarò dimostra per la prima volta che anche il muscolo scheletrico può essere tra i tessuti danneggiati direttamente dall’effetto tossico di SOD1 e che può quindi contribuire allo sviluppo della patologia: i ricercatori, infatti, hanno creato un modello animale della malattia in cui la versione “sbagliata” della proteina SOD1 veniva prodotta soltanto nel muscolo scheletrico e non nei motoneuroni. Dal momento che l’animale mostrava comunque segni caratteristici della SLA – come atrofia dei muscoli e perdita della forza muscolare – hanno concluso che il muscolo scheletrico è tra i tessuti direttamente colpiti dal danno, alla pari dei motoneuroni.
Si tratta di un risultato che non solo aggiunge un nuovo tassello alla comprensione dei meccanismi alla base della SLA, ma apre nuove prospettive per disegnare strategie terapeutiche più appropriate.
Ad oggi gli scarsi risultati ottenuti con la terapia convenzionale dipendono proprio dal fatto che questi meccanismi non sono del tutto chiari. Occorre invece cominciare a considerare la SLA come una malattia multisistemica, che non riguarda soltanto i motoneuroni, ma che può coinvolgere direttamente anche altri tessuti (come la glia e il muscolo, appunto).
È in questa nuova ottica, dunque, che bisogna cominciare a sviluppare approcci terapeutici combinati, che aggrediscano la patologia da più fronti.
(Ufficio Stampa Telethon)
Ufficio Stampa Telethon (Anna Maria Zaccheddu)
tel. 06 44015402, gcoppi@telethon.it
Ad occuparsi in Italia della SLA vi è:
AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica)
Segreteria Nazionale, numero unico 199 242466, segreteria@aisla.it.