Le difficoltà economiche che stringono in una morsa sempre più gelida gli Enti Locali – soprattutto quelli a dimensioni più grandi, metropolitane – non possono giustificare la mancata realizzazione di servizi di aiuto e sostegno, per altro previsti dalla normativa vigente, fondamentali anche per l’integrazione sociale a favore delle persone con disabilità; queste ultime, infatti, non sono “birilli” o “bocce” con cui “giocare”, relegandole, quando non se ne ha più voglia, in condizioni poco dignitose, che tengono scarsamente conto del rispetto della vita umana; sono bensì persone con la loro voglia di vivere, con i loro desideri, con le loro aspirazioni, con le loro necessità ed esigenze quotidiane, certamente superiori rispetto a quelle di una persona cosiddetta “normodotata”.
Indubbiamente queste difficoltà economiche sono addebitabili alla più generale crisi che vive l’Italia e il mondo intero, ma, soprattutto, esse sono ascrivibili a una mancata programmazione che, disconoscendo la legislazione sull’area della disabilità e del sociale in genere, ha fatto sì che crescesse a dismisura la discrezionalità con cui politici e amministratori locali hanno potuto privilegiare ora questo ora quel settore.
La differenza tra il Nord e il Sud dell’Italia si concretizza nel fatto che, mentre in alcune regioni del Settentrione l’area del sociale ha avuto da sempre un diverso sviluppo, che ha privilegiato la solidarietà e la sensibilità sociale, portando, ad esempio, all’istituzione delle Aziende di Unità Socio-Sanitarie Locali, ciò che in qualche modo ha anticipato la stessa Legge 328/00 [“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, N.d.R.], al Sud queste condizioni non si sono verificate, per cui, al degrado del territorio e dei suoi cittadini, si è aggiunta una sempre minore dotazione di risorse economiche che impedisce, o rende più difficile, la realizzazione dei servizi primari, come già invece esistono in molte parti del Nord Italia.
Il problema principale in passato, e a maggior ragione oggi, è quello di sapere e voler razionalizzare gli interventi, i servizi e quindi la spesa; infatti, in questo modo si potrebbero dare risposte molto più concrete a tutti i cittadini e a quelli più deboli e in difficoltà, come indubbiamente sono le persone con disabilità.
In Sicilia e, soprattutto, nella città di Palermo, la mancata politica d’indirizzo e di programmazione rende difficile la concreta realizzazione di quello che prevede la legislazione sia dello Stato, sia della Regione a favore dell’area della disabilità.
Le leggi in questo settore dal 1986 hanno previsto – sia per i disabili che per le altre fasce di cittadini che hanno bisogno di sostegno – delle somme da erogarsi annualmente sulla base delle singole capacità progettuali delle Amministrazioni Locali; a queste leggi di settore è stata aggiunta una normativa, la Legge Regionale 22/1986, sull’area del sociale in genere.
Per facilitare la spesa delle Amministrazioni Locali negli anni Novanta, sia le somme previste dalle leggi di settore, sia quelle per l’area del sociale in generale, sono confluite in un unico capitolo, dal quale le stesse Amministrazioni Locali attingono, senza avere alcun vincolo di destinazione di spesa e d’uso.
In realtà queste somme vengono trasferite direttamente, e periodicamente, dalla Regione agli Enti Locali e tali trasferimenti sono sempre più esigui, anche se una parte di essi è riconducibile all’area della disabilità, in quanto proveniente dalle leggi di settore che la stessa Regione si è data.
Non si può parlare, quindi, di “distrazione di fondi”, ma, sicuramente, di scarsa capacità e inadeguatezza da parte delle Amministrazioni Locali a programmare e quindi a razionalizzare gli interventi per l’area della disabilità e del sociale in genere.
La situazione che vive attualmente l’Amministrazione Comunale di Palermo ha del paradossale, generando una profonda tristezza e provocando al tempo stesso rabbia e amarezza.
Infatti, la stessa Amministrazione ha predisposto nei mesi scorsi i propri Bilanci, senza prevedere nemmeno un euro per la spesa sociale, i cui interventi sono stati tagliati indiscriminatamente, non tenendo conto né delle disposizioni legislative, né, soprattutto, delle reali necessità dei cittadini con disabilità; figurarsi, quindi, se in questa situazione è possibile parlare di implementazione e realizzazione di nuovi servizi, previsti, pure, dalle normative!
L’esempio del servizio di assistenza domiciliare che in questi anni il Comune ha erogato a cento persone con disabilità grave, è eclatante; infatti, questo servizio – che è uno degli interventi primari per consentire di mantenere il contatto con il proprio tessuto familiare e sociale, realizzando inoltre una serie di economie sociali e consentendo anche un sostegno a quelle persone che vivono da sole o che sono prive di adeguata sistemazione o assistenza familiare – negli ultimi anni è in condizioni di vera e propria precarietà in quanto, periodicamente, corre il rischio di essere interrotto (o viene effettivamente interrotto) da un momento all’altro.
In particolare in queste settimane il rischio è quello di una completa interruzione, motivata dalla carenza di risorse economiche – ciò che lascerebbe in una situazione di abbandono e di drammatico sconforto i disabili, attualmente assistiti, e i loro familiari.
Fino a tre anni fa l’Amministrazione Comunale di Palermo, sotto forma di progetti, finanziava alcune associazioni di disabilità, che erogavano servizi socio-educativi fondamentali per l’integrazione sociale delle persone con disabilità. Questi finanziamenti sono stati progressivamente ridotti fino ad interrompersi completamente, ma le associazioni, in forma di autogestione, hanno continuato ad erogare quei servizi, senza tuttavia poterli potenziare né migliorarne la qualità.
Ma fino a quando potranno gestirli, senza adeguati finanziamenti pubblici, che ne riconoscano, oltre tutto, la funzione vicariante che assolvono le stesse associazioni, in mancanza di un intervento diretto dell’Amministrazione Comunale?
Si tratta di Centri Socio-Educativi realmente essenziali, un impegno rispetto al quale l’Amministrazione Comunale non può sottrarsi, come prevedono le leggi esistenti. E anche strutture alternative come le Comunità Allogggio, le Residenze Protette e altre dovrebbero essere realizzate dall’Amministrazione Comunale palermitana ai sensi della normativa vigente sull’area.
Sono tutte strutture che dovrebbero consentire alle persone con disabilità di vivere esperienze autonome per avere una possibilità in più di integrarsi e di sfruttare le proprie capacità; esse sono utili altresì a pensare all’attivazione dei cosiddetti progetti del “Dopo di noi”, per assistere cioè, anche in regime residenziale, le persone con disabilità prive di un’adeguata sistemazione familiare.
Per l’integrazione scolastica, poi, il Comune di Palermo dovrebbe in genere fornire gli adeguati servizi di trasporto e di supporto, ma il trasporto stesso, erogato tramite automezzi fatiscenti, è insufficiente e periodicamente, quando qualcuno di questi veicoli si blocca, gli alunni con disabilità sono costretti a disertare le lezioni o a farsi accompagnare a scuola dai genitori i quali affrontano molte difficoltà, assentandosi anche dal lavoro.
Appare perciò essenziale non solo il rinnovo dei mezzi, ma anche la definizione di accordi stringenti con l’autoparco municipale, affinché le riparazioni e/o il lavaggio di quei veicoli siano prioritari, per assicurare questo fondamentale servizio di pubblica utilità.
E ancora, in tema di integrazione degli alunni disabili, il Comune deve fare in modo che il servizio di assistenza igienico-personale negli istituti scolastici, già svolto in maniera insufficiente, venga erogato con continuità fin dall’inizio dell’anno scolastico, con un aumento della sua qualità; a questo proposito è necessario anche assicurare il servizio di assistenza specialistica, per completare e rendere più agevole una frequenza scolastica che è in continua crescita.
Su un altro versante, il servizio di trasporto per le terapie o per le visite e altre esigenze sanitarie e sociali – attualmente erogato – rischia di bloccarsi completamente a causa non solo della scarsa dotazione di risorse economiche, ma anche perché vi è difficoltà a fare comprendere che le autovetture adibite allo stesso servizio devono avere sempre la priorità nelle riparazioni e/o quando sono costrette a entrare, periodicamente, in officina.
Inoltre non dovrebbero esserci ostacoli di natura politica, burocratica e organizzativa per fare funzionare questi automezzi, soprattutto quelli adibiti al trasporto scolastico.
Parliamo poi di quel decreto emanato nel 2007 dal Ministero dell’Economia [è il Decreto del 2 agosto 2007, disponibile cliccando qui, N.d.R.], che ha previsto come le persone affette da alcune gravi patologie, dopo il primo riconoscimento da parte delle apposite Commissioni Mediche delle Aziende USL, non debbano essere più sottoposte ad ulteriori visite mediche e/o specialistiche, per fruire di servizi ed agevolazioni.
Ebbene, tale provvedimento rende indispensabile che l’Amministrazione Comunale di Palermo modifichi i criteri e le modalità con cui, in base a un’ordinanza sindacale di quasi vent’anni fa, rilascia il contrassegno H per la circolazione e la concessione del parcheggio alle persone con disabilità.
E ancora, l’eliminazione delle barriere architettoniche, ma anche di quelle sociali e culturali, dovrebbe essere sempre, e prioritariamente, all’attenzione dell’Amministrazione Comunale, soprattutto per quegli uffici, servizi, luoghi pubblici o aperti al pubblico, che le persone con disabilità frequentano maggiormente, vuoi per necessità, vuoi per fruire del proprio tempo libero; un’attenzione che dovrebbe essere riservata ai mezzi di trasporto pubblici di linea, ma pure a quelli delle autolinee private.
Infine, il turismo accessibile e la fruizione del tempo libero dovrebbero essere tra i punti programmatici del Comune di Palermo, poiché anche questi aspetti sono fondamentali per l’integrazione sociale delle persone con disabilità e per la loro possibile autonomia, fisica e psicologica.
Purtroppo non c’è ancora la diffusa consapevolezza che i problemi riguardanti le persone con disabilità hanno riflessi negativi su una parte consistente dell’intera collettività. Si tratta di questioni trasversali, per le quali servirebbe una politica di indirizzi e di programmazione che coinvolgesse tutti gli Assessorati Comunali e gli uffici preposti, i quali – direttamente o indirettamente – si occupano degli stessi problemi. Da tempo, perciò, si ravvisa la necessità dell’istituzione, da parte dell’Amministrazione Comunale, di un Comitato Interassessoriale, con la partecipazione delle Associazioni di tutela dei disabili, per pianificare la politica sociale del Comune in questo settore.
Tale organismo potrebbe servire anche ad evitare servizi di interventi non in rete, con “doppioni” inutili, che rischiano di rendere poco efficienti gli interventi stessi.
In questo quadro, dunque, è più che mai necessario attuare concretamente, nello spirito e nella lettera, una delle parti più significative del Piano Triennale a favore delle Persone con Disabilità della Regione Siciliana – pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale Regionale n. 4 del 27 gennaio 2006 – che prevede l’istituzione di Unità Operative Territoriali Integrate per la “Presa in Carico”.
Queste Unità, che lo stesso Piano Triennale, strumento operativo della Legge Nazionale 328/00, denomina Unità di Valutazione della Disabilità (UVD), devono essere formate da figure professionali, provenienti sia dalle Aziende USL sia dai Comuni; infatti, esse sono fondamentali perché devono seguire la persona con disabilità durante tutte le fasi della sua esistenza, indirizzandola ai servizi sanitari e sociali più adeguati per le sue condizioni e predisponendo per la stessa un piano di intervento personalizzato che, raccogliendo tutte le informazioni necessarie, eviterebbe inutili passaggi sia burocratici sia da un ufficio a un altro, per risolvere problemi anche di ordine quotidiano.
Proprio per l’operatività delle UVD – che in linea di continuità costituiscono anche uno strumento per l’attuazione, in qualche modo, dell’articolo 14 della Legge 328/2000, quello cioè che prevede la predisposizione di Progetti Individualizzati – l’Amministrazione Comunale di Palermo deve attivarsi al più presto, tramite i necessari accordi di programma e di collaborazione con l’Azienda USL 6 del capoluogo siciliano.
Oggi, per una serie di motivi, un numero consistente di azioni previste dal Piano di Zona del Distretto Socio-sanitario D-42, il cui Comune capofila è quello di Palermo, non sono ancora partite; e alcune di queste azioni riguardano proprio la realizzazione di servizi per le persone con disabilità.
È quanto meno opportuno, dunque, che si adoperino tutti gli strumenti amministrativi e burocratici a disposizione, affinché il citato Piano di Zona venga attuato in tutte le sue parti nel più breve tempo possibile, valorizzando e considerando anche il radicamento territoriale delle Associazioni che già si occupano dei problemi delle persone con disabilità e che hanno un’esperienza consolidata sul territorio perché, o per conto del Comune o in forma di autogestione, hanno già erogato servizi in sostituzione dell’Amministrazione Pubblica, anche sotto forma di progetti.
Tutti i servizi e gli interventi illustrati non sono contenuti in un “libro dei sogni”, ma richiedono una specifica attenzione e una grande volontà politica per essere realizzati; in questo senso gli amministratori del Comune di Palermo sono stati più volte sollecitati anche nella convinzione che, pur in presenza di gravi ristrettezze economiche, le politiche sociali sull’area della disabilità e la conseguente realizzazione dei servizi indispensabili costituiscono un volano per offrire alle stesse persone con disabilità e a tutta la collettività una società più a misura d’uomo, in cui si esaltino le pari opportunità.
*Responsabile del Coordinamento H per i Diritti delle Persone con Disabilità nella Regione Siciliana ONLUS.