«Una verifica della presenza nell’informazione televisiva delle diverse organizzazioni sociali, utilizzando lo stesso monitoraggio già in uso per le forze politiche»: è la richiesta avanzata dalla Cgil all’Autorità per le Garanzie e le Comunicazioni, tramite una lettera di Fulvio Fammoni, segretario confederale, con la quale si intende sollevare il tema della quantità e qualità della presenza delle forze sociali nell’informazione radiotelevisiva.
Su tale proposta si sofferma il presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) Pietro Barbieri.
Le persone con disabilità vivono in uno stato di marginalità non tanto per la presunta fragilità, quanto per lo stigma, il pregiudizio che le accompagna da sempre. Inutile motivare questa affermazione. Solo una domanda: chi da adolescente non ha mai usato la parola “mongoloide” per insultare un coetaneo?
Le organizzazioni europee della società civile hanno posto la questione politica e culturale al mondo degli organi d’informazione ad essi imputando di non aver cambiato quasi per nulla l’approccio alla disabilità.
Between beggar and Batman, “tra il mendicante e Batman”, dove si ricostruiscono i canoni usati dai mass media sulla disabilità, i due estremi: la pietas nei confronti di condizioni in cui nessuno ritiene di voler essere, oppure il supereroe che quotidianamente combatte contro le sue menomazioni per esistere. Nessuno si può immaginare quante sciocchezze sono state dette e scritte sulla condizione di Eluana Englaro da ogni parte in causa.
Il movimento europeo delle persone con disabilità – così come quello italiano – ha constatato il fallimento della cosiddetta “strategia educativa”, ovvero di poter contare su comunità di professionisti della comunicazione che possano modificare il loro stesso pregiudizio attraverso il confronto con le organizzazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari. Infatti, la costruzione di “codici” e di seminari informativi porta sempre con sé un non detto e il “benaltrismo” imperante nel sistema della comunicazione utile solo a creare le barriere dell’autoreferenzialità. E l’unico specchio con la società resta l’Auditel…
A livello europeo e nazionale misuriamo come in quest’assenza di riferimenti valoriali e culturali, si inseriscano solo gli interessi di poteri forti politici ed economici, i primi a trovare spazi significativi di comunicazione. Che abbiano o meno importanza e valore per l’audience, poco importa. Il modello si è consolidato: per le questioni sociali, anche nei mass media c’è solo una sorta di “beneficenza stracciona”.
Noi rifuggiamo questa logica sia nei contenuti che nella forma. Vogliamo infatti ripartire dal Nulla su di Noi senza di Noi, nella certezza di essere gli unici esperti di noi stessi, per il vissuto personale e per quello collettivo elaborato nelle nostre organizzazioni di mutuo aiuto.
La nuova strategia diventa dunque quella dettata dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, in via di ratifica in Parlamento. Per il cambio di paradigma è necessario «promuovere attivamente un ambiente in cui le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla condotta degli affari pubblici, senza discriminazione e su base di eguaglianza con gli altri, e incoraggiare la loro partecipazione alla vita pubblica, in particolare attraverso: la partecipazione ad associazioni e organizzazioni non governative impegnate nella vita pubblica e politica del Paese e alle attività e all’amministrazione dei partiti politici» (articolo 29, comma b, Partecipazione alla vita politica e pubblica).
Non a caso l’articolo 21 della stessa Convenzione si richiama alla Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione.
Oggi, dunque, Il movimento europeo delle persone con disabilità è impegnato a non delegare più ai professionisti della comunicazione. Niente più educazione dei comunicatori, niente più “carte” e “patti”.
C’è una profonda delusione che ci spinge persino a indicare candidati al Consiglio d’Amministrazione della Rai che appartengano al nostro mondo, come accade per Carlo Romeo [se ne legga, in questo stesso sito, al testo disponibile cliccando qui, N.d.R.]. Insomma un movimento che si struttura per dare concretezza all’articolo 21 della Convinzione, con la consapevolezza che gli ostacoli siano enormi, sia che si tratti di nomine al Consiglio d’Amministrazione RAI, sia alla direzione di un telegiornale, sia di spazi comunicativi riconoscibili e non marginali.
Il paradigma è «noi comunichiamo di noi stessi», dove chiediamo ai responsabili della comunicazione informativa o dell’intrattenimento di garantire la partecipazione dei nostri esperti nelle diverse funzioni.
Per dirla nel linguaggio volgare della comunicazione, vogliamo che la società civile “possa partecipare alla spartizione”, con una differenza, però: non si tratta di garantire visibilità al “leaderino” del momento, puntiamo invece alla qualificazione della comunicazione sulla disabilità, visto che tutti, persino l’ONU, riconoscono le virtù delle organizzazioni della società civile delle persone con disabilità e dei loro familiari.
A tal proposito è evidente come sia del tutto insufficiente l’analisi quantitativa proposta nella sede di confronto sul Contratto di Servizio Pubblico RAI.
Da tempo immemorabile chiediamo l’attivazione di un osservatorio sulla disabilità in grado di fotografare la drammaticità della qualità della comunicazione RAI in merito alla disabilità. Crediamo debba essere un punto di partenza della nuova strategia.
La proposta della Cgil di attivare uno strumento analogo all’Osservatorio di Pavia, di monitoraggio della partecipazione degli esponenti delle organizzazioni sociali nel sistema di comunicazione e informazione mainstream [la disabilità che “entra” nel flusso della comunicazione generale, N.d.R.], si muove nella stessa direzione. Anzi, interpreta le nuove istanze del movimento delle associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie che equipara la corretta informazione sulla disabilità con l’essere chiamati direttamente a intervenire nella comunicazione che li riguarda o che ricade sugli affari pubblici più generali che coinvolgono tutti e quindi anche le persone con disabilità.
*Presidente Nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).