Minacciavano prof disabile, arrestati 4 studenti per estorsione: questo il titolo di un articolo apparso il 24 marzo sul «Corriere del Mezzogiorno», ove si aggiunge che quei minorenni di una scuola media di Manfredonia (Foggia) minacciavano il loro ex insegnante disabile, ad esempio di «bruciargli l’auto», cosicché il docente «versava somme di denaro una o 2 volte a settimana». Questo il commento della tristissima vicenda, scritto da Franco Bomprezzi, direttore responsabile del nostro sito.
Non ho parole. La vicenda di Manfredonia, che la cronaca ci offre nella sua essenziale crudeltà, supera il limite della decenza. Ricorda in qualche modo film terribili nella loro cattiveria raccontata in modo calligrafico, come Funny Games, quando cioè ragazzi annoiati si inventano un modo per essere protagonisti di una violenza facile, nei confronti di vittime scelte con cura perché particolarmente deboli.
L’insegnante disabile di Manfredonia, che pur di non vedersi distrutta l’unica speranza di autonomia, ovvero la propria vettura adattata alla guida, subisce il ricatto costante e vessatorio senza reagire nell’unico modo che sarebbe logico, ossia la denuncia degli estorsori, ci deve far riflettere.
Sono la solitudine, l’isolamento psicologico, la debolezza e la fragilità personale, a costituire il grimaldello utilizzato da questa banda di piccoli teppisti, che sono riusciti a ridurre in stato di soggezione psicologica una persona per bene, un insegnante, un lavoratore che è riuscito a superare l’handicap attraverso l’esercizio delle proprie competenze personali.
Non siamo in presenza di un Cittadino privo di risorse mentali o civili, eppure l’insegnante di Manfredonia si è sentito talmente insicuro e solo da non avere alternative, costretto a pagare, a tacere, a perpetuare l’angoscia.
Potremmo liquidare questa come una storia di ordinario bullismo. Potremmo paradossalmente iscrivere questo episodio di cronaca nell’ambito di una cinica “normalità” nei rapporti con le persone disabili. Potremmo, ma non dobbiamo farlo.
Dobbiamo sforzarci di capire, di raccontare, di far esplodere dal silenzio quella piccola grande serie di soprusi e di sopraffazioni che si accompagnano ovunque, da Nord a Sud, alla condizione di disabilità. Molto spesso sono storie crudeli confinate fra le mura domestiche, legate quasi sempre all’impossibilità di esprimersi e di essere creduti, da parte di persone con disabilità intellettiva, più donne che uomini.
Ma spesso la sopraffazione, le piccole angherie, la cattiveria che nasce da una mal riposta sensazione di superiorità, sono più banali e grette, subite senza reagire, messe nel conto di esistenze difficili, complesse, neglette, sole.
Tiriamo fuori la verità, raccontiamola. Possiamo reagire, insieme. Perché è la solitudine la vera condanna che spesso si accompagna alla disabilità, anche quando non sembra, anche quando si è trovato, faticosamente, un percorso normale, di lavoro, di inclusione sociale.
Ora è interessante capire come Manfredonia reagirà a questa storia, come il professore disabile potrà riconquistare la propria dignità, la propria serenità ferita. Noi siamo qui.
*Direttore responsabile di Superando.it. Il presente articolo è apparso (con il titolo Il ricatto e l’angoscia) anche in InVisibili, blog del «Corriere della Sera» (di quest’ultimo si legga anche nel nostro sito cliccando qui). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al contesto, per gentile concessione di tale testata.