Avevamo ospitato anche noi, qualche settimana fa, la lettera-appello con cui Cinzia Rossetti si era rivolta alle Istituzioni nazionali e regionali lombarde, per parlare del suo progetto di Vita Indipendente e soprattutto dei rischi di vedersi drammaticamente ridurre le alternative a propria disposizione, di fronte ai ventilati tagli in ambito sociale (il testo – che avevamo intitolato Posso vivere o no? -è disponibile cliccando qui).
Quel messaggio ha certamente provocato reazioni, ma non quelle attese da chi l’aveva scritta, tanto da indurre la stessa Cinzia Rossetti, oggi, ad alcune precisazioni – riferite soprattutto a una serie di cifre – e a ricordare che non vuole «chiedere una vita benestante, ma bensì condurre una vita come gli altri, lavorando, accrescendo le mie conoscenze e far parte della società a cui appartengo in qualità di cittadina italiana».
Anche questa volta riceviamo e ben volentieri pubblichiamo la sua nota.
Il 20 febbraio scorso avevo scritto una lettera relativa al mio Progetto di Vita, che è uguale a quello di molte altre persone che hanno una disabilità fisica e desiderano lavorare, partecipare alla vita pubblica e sociale, condurre una vita propria, sia per se stessi che per i familiari da cui sono stati aiutati per anni sotto tutti i punti di vista.
Tale lettera ha suscitato l’intervento dei Delegati Regionali, che hanno chiesto ai servizi a cui afferisco informazioni sulla mia famiglia, chiedendo «dov’era», «cosa faceva per me», che il costo richiesto per l’assistenza era «esorbitante» e che potevo «contare sul volontariato». Il tutto senza minimamente sapere chi sono, cosa ho fatto in questi anni per avere un lavoro che mi rendesse economicamente indipendente, senza conoscere la realtà e i limiti naturali del volontariato su cui appoggiarsi in casi di necessità.
Inoltre, anche l’opinione pubblica ha espresso stupore e malumori sull’entità delle spese da me dichiarate, non informandosi minimamente sul costo effettivo da sostenere per un’assistente personale, assunta regolarmente in base al Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Lavoro domestico, che prevede categoricamente un costo mensile di 1.369,06 euro per una copertura settimanale di 5 giorni e mezzo (costo annuo di 16.428,72 euro), lasciando “scoperti” il sabato pomeriggio e l’intera giornata della domenica, le festività e il mese dell’assenza per ferie, previsti dal Contratto stesso.
A tale costo, poi, si devono aggiungere il vitto e un alloggio adeguato e le utenze (acqua, elettricità e gas).
Nella mia lettera-appello, avevo comunicato che la Regione e il Comune mi erogano complessivamente 15.600 euro per questo Progetto di Vita. Come tutti poi sanno, l’indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità, assommate, danno un totale di circa 760 euro, con i quali dovrò pagare l’affitto, le utenze, il vitto, la macchina per spostarmi e le visite fisiatriche, oltre alle spese di base per la cura e l’igiene comune della persona.
Con queste precisazioni, quindi, desidero far presente che non chiedo una vita benestante (da ricca!), ma bensì di condurre una vita come gli altri, lavorando, accrescendo le mie conoscenze e facendo parte della società a cui appartengo in qualità di cittadina italiana.