Nelle ultime settimane si sono susseguite una serie di notizie relative alla pubblicazione della Linea Guida n. 21, “Trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e adolescenti”, emanata dall’Istituto Superiore di Sanità nell’ottobre 2011 e presentata a Roma il 26 gennaio 2012, con la collaborazione di F.A.N.T.A.Si.A., la Federazione delle Associazioni Nazionali a Tutela delle Persone con Autismo e Sindrome di Asperger, di enti di ricerca e di altre Istituzioni.
In una precedente conferenza stampa, convocata alla Camera [se ne legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.], si era avuta una contrapposizione tra alcuni parlamentari e riabilitatori – che avevano accusato di «parzialità» la Linea Guida – e altri appartenenti al mondo scientifico, politico e associativo che ne avevano invece fortemente difeso la correttezza. Nel dibattito che ne è conseguito, entrambi gli interlocutori si sono espressi in modi reciprocamente critici, tanto che, al momento, sono in corso raccolte di firme per chiedere la riapertura del tavolo di lavoro, allo scopo di implementare il documento.
La mia intenzione non è di intervenire nel merito di quel dibattito. Intendo invece affrontare gli aspetti sottostanti la valutazione di efficacia dei trattamenti, a beneficio di chi desidera farsi un’opinione rispetto a quanto si sta leggendo in queste settimane.
Che cos’è una Linea Guida?
Questa tipologia di documento non si configura come una mappa territoriale dei servizi, né come una rassegna di strumenti e nemmeno quale manuale operativo.
Riporto qui il testo presente in una delle prime pagine della Linea Guida di cui si parla: «In Italia, l’elaborazione di linee guida e di altri strumenti di indirizzo finalizzati al miglioramento della qualità dell’assistenza avviene all’interno del Sistema Nazionale per le Linee Guida (SNLG). La legislazione vigente propone l’adozione di linee guida, come richiamo all’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse disponibili e come miglioramento dell’appropriatezza delle prescrizioni».
Più avanti vengono esplicitati gli obiettivi sottostanti alla stesura del testo, che sono quelli di «produrre informazioni utili a indirizzare le decisioni degli operatori, clinici e non, verso una maggiore efficacia e appropriatezza, oltre che verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse».
Il documento contiene raccomandazioni, formulate sulla base di un’analisi degli studi di efficacia, prodotti per ciascun trattamento, che possono orientare nell’adottare (o non) una certa terapia, per intervenire sui disturbi dello spettro autistico in bambini e adolescenti.
Negli ultimi anni si è assistito alla divulgazione di numerose Linee Guida, rivolte a una varietà di ambiti sanitari e a diversi professionisti della salute.
È utile sapere, ad esempio, che risale al 2001 la pubblicazione dell’AGREE (Appraisal of Guidelines for Research & Evaluation), strumento che negli anni è divenuto il riferimento internazionale per valutare la qualità delle linee guida. La nuova versione – AGREE II – è stata pubblicata nel 2010 e la Fondazione GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) ne ha curato la traduzione ufficiale italiana.
Che cosa contiene la Linea Guida n. 21?
L’obiettivo del documento è quello di orientare l’organizzazione dei servizi – e l’allocazione delle risorse economiche – verso le attività che offrono maggiori garanzie di efficacia e appropriatezza. Ritengo che questo non leda il diritto e la libertà di cura, in quanto gli approcci non annoverati come efficaci non sono comunque vietati, a garanzia delle possibilità di scelta personale.
D’altra parte è utile riflettere su quale sia la funzione di un’Agenzia di Governo, indirizzata alla tutela della salute, se non quella di informare i Cittadini sulle ricerche volte ad analizzare l’efficacia dei trattamenti, dal momento che spesso è difficile per le singole persone verificare questo aspetto.
La valutazione di efficacia acquisisce maggiore rilevanza quando interessa i servizi educativi e abilitativi rivolti alle persone con disabilità, in quanto vede coinvolti soggetti per definizione “non guaribili”, ma che possono migliorare comunque la qualità della propria vita e del proprio funzionamento, dell’attività e della partecipazione; miglioramento che, come insegna l’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, definita nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della sanità, N.d.R.], spesso si ripercuote solo su alcuni aspetti.
Tornando alla Linea Guida n. 21, essa è sostanzialmente una meta-analisi della letteratura esistente, in particolare di quella che possiede alcune caratteristiche peculiari riconducibili alla capacità di misurare l’efficacia dei trattamenti, divisi per tipologia. Nello specifico, vengono riportate le ricerche che hanno misurato l’efficacia dei seguenti trattamenti:
– Parent Training (interventi mediati dai genitori).
– Comunicazione Aumentativa Alternativa.
– Interventi per la comunicazione sociale e l’interazione, come le Social Stories [esempi verbali o raffigurati tramite foto/disegni, per insegnare alle persone con autismo le regole non scritte delle interazioni sociali, N.d.R.].
– Interventi riabilitativi erogati attraverso software.
– Programmi educativi come il Reciprocal Training e altri interventi in ambiente naturale.
– Interventi comportamentali strutturati come l’ABA e il TEACCH [rispettivamente l’Applied Behaviour Analysis, ovvero “Analisi applicata del comportamento” e il Treatment and Education of Autistic and Related Communication-Handicapped Children, ovvero il “Trattamento e l’educazione dei ragazzi con autismo e disturbi della comunicazione”, N.d.R.].
– Programmi intensivi precoci come l’Early Start Denver Model.
– Terapie cognitive come quelle che adottano la “Teoria della Mente”.
– Auditory Integration Training [metodo di training di rieducazione dell’udito, N.d.R.].
– Musicoterapia.
– Comunicazione Facilitata.
– Interventi nutrizionali.
– Psicofarmacoterapia.
Nel documento sono riportate le ricerche che siano state condotte in modo rigoroso, persino in assenza di evidenza di efficacia del trattamento in esame; infatti, la scelta di un intervento dovrebbe essere guidata anche dal sapere che questo non ha prodotto esiti, quantomeno ad oggi, dimostrabili.
Sono state escluse, invece, le ricerche – anche quando riferite ai trattamenti sopra elencati – qualora la metodologia non sia risultata idonea; pertanto, l’esclusione non ha riguardato il tipo di trattamento, ma piuttosto il rigore metodologico sottostante.
Entro breve approfondiremo anche – in un successivo intervento – il tema specifico della valutazione dell’efficacia dei trattamenti.
*Psicologa e psicoterapeuta. Esperta nelle problematiche psicologiche, riabilitative ed evolutive delle persone con disabilità. Consulente sul deficit visivo dal 1994, psicoterapeuta dal 1997, ha scritto numerosi articoli e libri. Lavora come psicoterapeuta e consulente di private famiglie e pubbliche istituzioni ed è docente di corsi e seminari di formazione per operatori, insegnanti e riabilitatori. Per accedere al suo sito cliccare qui.