Di tanto in tanto, mentre cammino per la vita, mi fermo e sogno; mi guardo intorno e vedo linee che erano sfuggite e sempre sfuggiranno al mio occhio desto; mi fermo e ascolto suoni che nella realtà cosiddetta visibile, non ci sono.
In questi giorni, queste linee, questi suoni, queste possibilità, sono acuiti proprio dalla durezza di certe realtà. Perché quando ascolti alla tele che puoi morire in qualsiasi momento, magari dopo aver preso tuo figlio all’asilo, cominci a riflettere. E anche quando ti rendi conto che ti va bene perché sei un disabile sì, ma che non vive nelle patrie galere, come ha sottolineato su queste stesse pagine Franco Bomprezzi. O anche quando una persona come Salvatore Usala si spegne il respiratore [Salvatore Usala è segretario del Comitato 16 Novembre – Associazione Malati SLA e Malattie Altamente Invalidanti, che nei giorni scorsi, durante una manifestazione di protesta a Roma, si era staccato il respiratore, prima di essere ricevuto, insieme a una delegazione, da un rappresentante del Governo, N.d.R.]. Sì, sono tutte cose, per me, che sospendono la vita, che ti fanno… guardare un poco oltre.
È come se il mondo di oggi fosse pieno di “chiese” e parlo di chiese in senso lato, metaforico (ecclesia, infatti, significa “comunità”, prima ancora di avere un senso religioso). Dunque ci sono tante chiese, che hanno stili e caratteristiche diverse e ognuno porta la sua pietra alla chiesa che sente sua, che secondo lui gli appartiene.
Queste chiese sono fatte apposta perché ci si senta a casa nell’una o nell’altra, vi è la chiesa dei ciechi, quella dei disabili motori… poi quella dei gay, dei borghesi… Alcune di queste chiese sono molto ricche, nel tempo sono riuscite ad ottenere privilegi e accettano anche con una certa degnazione quello che – come membro di esse – puoi dar loro.
Molte sono piccole, estremamente povere e quasi dimenticate. Chi le frequenta ha il privilegio molto discusso di appartenere a minoranze rare, malattie complicate o poco diffuse, idee originali e non condivise.
Alcune, me ne accorgo con dolore, non sono chiese che si scelgono, ti ci buttano dentro, come nelle case di riposo abusive, dove i malati e i vecchi sono costretti a sperare di morire, legati al letto e vessati, mentre qualcuno fa mandar giù medicine scadute che non servono ad altro che ad offendere il nome stesso delle vere case di cura, quando lì, invece, la cura proprio non esiste.
Ma, per quanto giri gli occhi, in questo sogno non vedo altro che chiese, separate tra di loro, anche solo da un passo, ma separate.
Non entro in nessuna di esse. Il mio discusso privilegio è di non appartenere a una categoria sola, come mio figlio, come tutti coloro che hanno più di un problema. E, soprattutto, io non riesco a pensare di chiudermi in una sola chiesa.
Infatti, per quanto possa essere grande, numerosa, una chiesa è solo un’individualità, e quando le porte sono chiuse, le sue mura ci impediscono di vedere gli altri. E davvero mi sembra di vedere, di sentire, oltre le porte, tutti che parlano e difendono, e pensano anche cose giuste, che però potrebbero cambiare il mondo solo se condivise. Invece appartengono a quella chiesa, non si può, non si deve portarle fuori.
E nello stesso momento, sento argomenti che dovrebbero essere abbattuti, i ciechi che discriminano chi ha un orientamento diverso, persone con una religione che si arrogano il diritto di decidere anche per chi di quella religione non fa parte, “cattivi maestri” che si nascondono approfittando di quelle mura spesse, che chiudono fuori anche le proteste e le denunce.
Se si abbattessero quei muri, se fossero divelte le porte di quelle chiese, rimarrebbe un’enorme spianata e la gente si guarderebbe in faccia.
A questo punto ricordatevi che sto sognando e che quindi non si ucciderebbero tra loro come nella celebre “guerra di Piero” di De André. No, si guarderebbero, si riconoscerebbero e con stupore si vedrebbero uguali.
E sapete come va avanti il mio sogno? Che ognuno comincerebbe a guardare la chiesa dell’altro, a notare che se l’ingresso di una e la navata dell’altra fossero insieme, ne verrebbe fuori una bella cosa. Si radunerebbe una minoranza che comincerebbe a convincere gli altri a togliere le pietre delle varie chiese e a metterle insieme, per… fare una cattedrale.
C’è già stato un tempo delle cattedrali, non era perfetto, ma era un tempo in cui si aveva un sogno e che vedeva ognuno impegnato per realizzarlo. Perché l’individuo ha più importanza nel tempo delle cattedrali che nel nostro. Ognuno ha il suo compito, ognuno si impegna al suo massimo, perché non esiste nessuno che è superfluo in questa costruzione, la cattedrale della umanità, la scoperta, per il genere umano, dell’identità di specie, che sembra perduta.
Non c’è una diversità da tutelare, perché la diversità è indispensabile, per la cattedrale. Che tu sia costruttore, muratore, ideatore, nero, bianco, giallo, sei importante allo stesso modo. E le pietre non bastano, bisogna farne di nuove, creare un nuovo materiale, un nuovo linguaggio. Nuove parole che includano, perché quelle che ci sono ora sono nate dalle singole chiese e, per quanto belle, non vanno più bene.
Le cosiddette “minoranze” sono preziose nelle cattedrali, quanto invise nel tempo delle chiese, perché in una chiesa, grande quanto si vuole, non ci può mai essere posto per tutta la diversità, per tutta la bellezza variegata di un intero mondo. Qualcosa, qualcuno, deve restare fuori, cercarsi un’altra chiesa, un’altra comunità in cui rifugiarsi. Qualcuno può non essere ritenuto prezioso per nessuna di queste chiese, e rimanere solo, abbandonato, ferito nel corpo, ma sopratutto nello spirito. Perché si uccide un uomo anche tenendolo in vita, quando lo si lascia “fuori dalla porta” del resto del genere umano.
Ma nelle cattedrali no, perché una cattedrale non ha limite, è un dialogo tra l’uomo e se stesso e l’uomo e l’universo. Una cattedrale non si costruisce in un giorno, in un’ora, spesso nemmeno in un secolo, però quando è terminata…
Ci possono essere chiese grandi come una città, una nazione, più nazioni e anche una singola chiesa può arrivare molto lontano… Ma una cattedrale arriva fino alle stelle.