Non esiste equità e giustizia nemmeno nell’essere vittime

«Non c’è nessun tipo di aiuto nemmeno per le persone con disabilità»: lo ha dichiarato Yousef Hamdouna, direttore dell’area di Gaza di EducAid, organizzazione non governativa italiana, in un’intervista sul conflitto nella Striscia di Gaza pubblicata dalla rivista «Vita». Nei giorni scorsi, va ricordato, la Federazione FISH aveva chiesto, come già fatto in precedenza per l’Ucraina, corridoi umanitari anche per la Striscia di Gaza, «per consentire l’accesso sicuro e ininterrotto alle cure e ai servizi necessari alle persone con disabilità»

Edificio bombardato nella Striscia di Gaza (fonte: ANSA)

Un edificio bombardato nella Striscia di Gaza (fonte: ANSA)

«L’Europa ha dato giustamente tutti i diritti a tutti gli sfollati ucraini. Però quando si tratta di 2,3 milioni di persone che vengono bombardate giorno e notte e che muoiono sotto le macerie delle loro case, che non hanno acqua, non hanno corrente, che vengono spostate da una parte all’altra, dov’è il mondo? C’è una doppia bilancia, non esiste equità e giustizia nemmeno nell’essere vittime», si conclude così una recente intervista rilasciata da Yousef Hamdouna, direttore dell’area di Gaza di EducAid, organizzazione non governativa italiana, alla rivista «Vita» (Veronica Rossi, Gaza, la menzogna dei luoghi sicuri (nemmeno per chi ha una disabilità), 14 ottobre 2023).
Fondata nel 2000 EducAid ha costruito proprio nella Striscia di Gaza un Centro per la Vita Indipendente per le persone con disabilità, e insieme alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), all’AIFO (Associazione italiana amici di Raoul Follereau) e a DPI Italia (Disabled Peoples’ International) ha costituito la RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), che promuove il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità, così come sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, nei programmi di cooperazione internazionale rivolti ai Paesi in via di Sviluppo.

Hamdouna si trovava a Gaza lo scorso 7 ottobre, quando Ḥamās ha sferrato un sanguinoso attacco allo Stato di Israele e, a distanza di qualche giorno, ha potuto rilevare che le informazioni fornite dai media italiani rispetto all’apertura di due corridoi umanitari per far spostare le persone verso Sud non sono veritiere. Hamdouna, infatti, sottolinea che «non ci sono corridoi umanitari», che in realtà nella Striscia di Gaza non vi siano luoghi sicuri per nessuno, nemmeno per le persone con disabilità, giacché molte persone sono state bombardate anche mentre stavano scappando.

Ovviamente per le persone con disabilità il tema della sicurezza nei conflitti armati presenta ulteriori complessità e richiede particolari attenzioni. Nei giorni scorsi è stata proprio la Federazione FISH, su queste stesse pagine, a chiedere che, come già fatto in precedenza per il conflitto in Ucraina, anche nella Striscia di Gaza vengano istituiti «corridoi umanitari per consentire l’accesso sicuro e ininterrotto alle cure e ai servizi necessari alle persone con disabilità che vivono in quei territori martoriati da violenza e devastazione».

Se moltissimi civili hanno difficoltà a spostarsi perché le macchine non funzionano e si tratta di camminare per molte ore sotto le bombe, «chi è disabile, poi, fa ancora più fatica a spostarsi – spiega Hamdouna –. La maggior parte dei miei colleghi a Gaza sono persone con disabilità: possiamo immaginare come la difficoltà sia raddoppiata per spostarsi da un posto all’altro. Ieri [il 13 ottobre, N.d.R.] è toccato a mia madre, che è allettata. Fortunatamente siamo riusciti a spostarla da Gaza City verso Sud: non da un posto pericoloso a uno sicuro, ma da un posto pericoloso a un altro pericoloso, per assurdo».

La drammatica verità descritta da Hamdouna è che in realtà «Non c’è nessun tipo di aiuto, quindi, nemmeno per le persone con disabilità. Nessuno sta aiutando nessuno là, nemmeno le Nazioni Unite riescono a fare qualcosa. Non ci sono squadre che lavorano sul campo in situazione di emergenza, neanche il Comitato internazionale della Croce Rossa riesce a garantire una goccia d’acqua per chi sta in una scuola. Io ricevo messaggi dai miei colleghi, che chiedono dove possono trovare una coperta per coprire i figli perché sta iniziando a fare freddo, altri domandano dove possono trovare un pezzo di pane. E questa è la situazione di chi è riuscito ad andare nei centri di rifugio, lasciando le proprie abitazioni».

Nell’intervista Hamdouna descrive molte situazioni di cui è testimone, ne consigliamo dunque la lettura integrale al seguente link. (Simona Lancioni)

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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