Crescono le migrazioni sanitarie pediatriche dal Sud al Centro-Nord d’Italia

«Crescono le migrazioni sanitarie pediatriche da Sud verso il Centro-Nord. In particolare, un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo»: è uno dei dati che emergono dal rapporto “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla Salute”, curato dall’Associazione SVIMEZ, in collaborazione con Save the Children, ove si sottolinea anche che l’obiettivo dell’equità orizzontale della Sanità verrà ulteriormente messo a rischio dal progetto di autonomia differenziata

Medardo Rosso, "Bambino malato", 1888

Medardo Rosso, “Bambino malato”, 1888

«Sono numeri crescenti quelli delle migrazioni sanitarie pediatriche da Sud verso il Centro-Nord, segno di carenze o di sfiducia nel sistema sanitario delle Regioni del Mezzogiorno. In particolare, un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici, convergendo principalmente a Roma, Genova e Firenze, sedi di Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) pediatrici»: è uno dei dati che emergono dal rapporto Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla Salute, curato dall’Associazione SVIMEZ, in collaborazione con Save the Children e presentato a Roma, come avevamo anticipato nei giorni scorsi.

«L’obiettivo dell’equità orizzontale della Sanità – è stato inoltre sottolineato durante la presentazione del rapporto – è ulteriormente messo a rischio dal progetto di autonomia differenziata. Sulla base infatti delle risultanze del Comitato per l’individuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, in particolare tutte le Regioni a Statuto Ordinario potrebbero richiedere il trasferimento di funzioni, risorse umane, finanziarie e strumentali ulteriori rispetto ai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), in un lungo elenco di àmbiti, il che potrebbe determinare ulteriori capacità di spesa nelle Regioni ad autonomia rafforzata. Tutto ciò, in un contesto in cui i LEA non hanno copertura finanziaria integrale a livello nazionale e cinque delle otto Regioni del Mezzogiorno risultano inadempienti, determinerebbe un’ulteriore differenziazione territoriale delle politiche pubbliche in àmbito sanitario».
Torna segnatamente alla mente, a questo proposito, quanto affermato su queste pagine dal presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) Vincenzo Falabella, subito dopo l’approvazione al Senato del Disegno di Legge n. 615 sull’autonomia differenziata (Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione), in attesa ora di passare alla Camera. «L’assenza di risorse dello Stato – aveva infatti dichiarato Falabella -, lasciando tutto alle risorse territoriali, non consentirà di garantire i servizi minimi, aumentando, di fatto, le disparità territoriali e tra cittadini e cittadine. Saranno dunque i più vulnerabili, e tra loro le persone con disabilità, a pagare, ancora una volta, in termini di welfare e diritti. Sarebbe invece più giusto lavorare più che sull’autonomia differenziata, sull’autonomia solidale. In questo senso lo Stato dovrebbe sostenere le Regioni in maggiore difficoltà». (S.B.)

A questo link è disponibile un ampio testo di approfondimento sul rapporto Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla Salute, presentato a Roma. Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@svimez.it, ufficiostampa@savethechildren.org.

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