Opinioni

Il bello diventa un patrimonio dell’umanità solo se è di tutti

Persone con diverse disabilità in vacanza

«Insisto nell’idea – scrive Antonio Giuseppe Malafarina- che dobbiamo ripensare il concetto di accessibilità, parlando di “progettazione universale”, cioè di una disciplina per rispondere massimamente alle esigenze di ognuno che contamini tutte le discipline che edificano il mondo. Dobbiamo creare reti fra architetti, amministratori, territorio e ogni elemento che contribuisca a concepire una nuova era del bello. Il bello per tutti. Perché il bello può anche stare nelle casseforti dei nababbi del pianeta, ma è solo quando si espone e diventa di tutti che si eleva a patrimonio dell’umanità»

Il mio primo canto libero

Il mio primo canto libero

«Le luci mi accecano completamente – racconta Rosa Mauro, persona con disabilità motoria e visiva, al suo esordio da cantante su un palco -, rubandomi quel poco di vista che mi rimane. Il microfono tra le mani, prezioso e anche unico strumento davvero tangibile tra me, l’aria e il respiro delle persone. Il mio legame con la musica, colui che trasformerà il mio corpo in qualcos’altro, un ibrido tra materia e vibrazione. Un infinito momento di sospensione tra il tempo e lo spazio. Prima di cominciare a volare»

La cosa più naturale del mondo

La cosa più naturale del mondo

«Qual è la cosa più naturale e comune al mondo? – si chiede Giorgio Genta – È naturalmente quella più diffusa. E siccome sulla Terra ci sono circa un miliardo di persone con disabilità di vari gradi e tipi, tenendo anche conto che – soprattutto in Italia – l’innalzarsi dell’età media della popolazione ha portato anche a far crescere ulteriormente il numero degli anni con disabilità, potremmo concludere che in Italia si vive nel modo più naturale, più dieteticamente giusto, più elegante, più fantasioso e più “disabile”. Peccato che i nostri politici e amministratori non se ne siano accorti…»

Parecchie criticità in quella Proposta di Legge del Friuli Venezia Giulia

Una serie di pittogrammi riguardanti persone particolarmente interessate al concetto di accessibilità

«Il Consiglio Regionale del Friuli Venezia-Giulia – scrive Lorenza Vettor, vicepresidente della FISH Friuli Venezia Giulia (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – ha approvato nei giorni scorsi la Proposta di Legge recante “Principi generali e disposizioni attuative in materia di accessibilità”, ma pur riconoscendo che essa fornisce delle linee di intenti finora assenti, riteniamo che la stessa sia, sotto molteplici aspetti, alquanto generica e che non tenga conto di alcuni punti per noi viceversa fondamentali»

Stephen Hawking, che con il merito ha risucchiato lo stigma della disabilità

Il grande scienziato Stephen Hawking, scomparso nei giorni scorsi, durante la Cerimonia di Apertura delle Paralimpiadi di Londra 2012

«Bastava il nome – scrive Antonio Giuseppe Malafarina, ricordando lo scienziato Stephen Hawking – per evocare una persona in carrozzina che identificavamo prima come scienziato che come persona con disabilità. Fra la pena e la stima prevaleva la stima, guadagnata con i suoi studi. Le sue ricerche hanno oscurato l’ombra della sua poltrona con le ruote. L’anima del suo pensiero ha smantellato il concetto di ausilio dall’apparecchio che gli dava voce. In un mondo all’assalto della meritocrazia, il genio ha fatto del merito il veicolo per risucchiare lo stigma della disabilità»

Diciamo sempre no a quel ghetto di persone con disabilità

«Ancora una volta dobbiamo ribadire che realizzare in campagna, alla periferia della città, un grande polo che concentri funzioni residenziali, riabilitative e abilitative, significa ghettizzare le persone con disabilità isolandole»: torna a pronunciarsi, e si appella direttamente ai vertici della Regione Toscana, la quasi totalità delle organizzazioni toscane impegnate sul fronte della disabilità, rispetto al Progetto “Terrafino” che si sta attuando a Empoli (Firenze) e che ha recentemente subìto un’ulteriore accelerazione

Chiediamo proposte chiare sulla disabilità

«Sembra quasi – scrive Gianluca Rapisarda – che i diritti primari allo studio, all’inclusione, al lavoro, all’accessibilità, alla riabilitazione e alla cura siano diventati oggi degli “optional” o, ancor peggio, semplici “concessioni” da elargire ai cittadini con disabilità. L’auspicio e l’appello accorato che rivolgo quindi a un mondo politico colpevolmente assente è che, sbrogliata presto – almeno così si spera – la matassa dei Presidenti delle due Camere e del Consiglio, esso rimetta al centro della scena l’uomo con i suoi diritti e collochi la questione disabili in cima alle sue priorità»

Chi è il miglior caregiver? Il povero vecchio o il cane?

La vita di una “famiglia con grave disabilità” e di un “vecchio caregiver” (per autodefinizione) si arricchisce di un ulteriore protagonista, il cane Milton, che «quando è in giardino con Silvia – racconta il padre di quest’ultima Giorgio Genta – le fa molte feste e ne rallegra la giornata. Chi è dunque il miglior caregiver? Il povero vecchio che scrive o il cane? In casa non hanno dubbi…»

Quanti ostacoli, per finire quel Master in Olanda!

«Per scrivere la tesi di Master all’Università Radboud di Nijmegen in Olanda – scrive Arianna Colonello, giovane donna con disabilità visiva -, ho la necessità di leggere cinque libri, che però mi vengono resi disponibili solo su carta e che solo con grande dispendio di tempo ed energie, sto riuscendo a convertire in un formato a me accessibile. Eppure la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata anche dall’Olanda, chiede ben altro, così come il Trattato di Marrakech, riguardante la circolazione e la diffusione di libri e altri materiali di lettura accessibili»

L’uso distorto di quei Rapporti di Autovalutazione delle scuole

A proposito della polemica riguardante quelle scuole che si sarebbero “vantate” di avere pochi stranieri, poveri e disabili tra i propri alunni, «si tratta – secondo Claudia Villante – di una lettura distorta dei Rapporti di Autovalutazione presentati da quelle scuole. Il problema, infatti, non è di questo o quel liceo che pur di attirare “clienti” fa passare come punto di forza il fatto di non dover investire risorse extra in progetti di inclusione sociale, ma di un serio problema di scarsa presenza di quelle tipologie di studenti nel nostro Paese». Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo

A tutte le donne caregiver: grazie!

«L’8 marzo – scrive Giorgio Genta – potrebbe assurgere a un vero emblematico significato, se venisse particolarmente dedicato alle donne caregiver, che assistono familiari con grave disabilità, e sono poi la maggioranza e delle donne e dei caregiver. Su di loro abbiamo versato tutti fiumi di inchiostro telematico e più di ogni interessato elogio credo possa valere, particolarmente per me, vecchio caregiver maschio, bisognoso a sua volta di assistenza, una semplice parola: grazie!»

La visione “cubista” delle donne con disabilità

«Oggi – scrive Simona Lancioni – è l’8 marzo, Giornata Internazionale delle Donne, e forse è proprio questo il regalo più bello che potremmo fare e potrebbero farsi le donne con disabilità: rileggere la Convenzione ONU e scoprire che non parla solo di persone con disabilità, ma anche di donne e di uomini, soggetti le cui esigenze talvolta sono sovrapponibili, ma che altre volte non lo sono per niente. E quando non lo sono, vanno rilevate, differenziate e soddisfatte entrambe. C’è forse qualcosa di più affascinante, nobile e rispettoso che restituire interezza alle persone?»

Né retorica, né beatificazione: “semplicemente” senso civico

«Storie come quelle dei calciatori Fabio Caramel e Jermain Defoe – scrive Andrea De Chiara – il primo dei quali ha rinunciato a un’importante partita per donare il midollo osseo, mentre il secondo è stato accanto sino alla fine a un bimbo gravemente malato, sono di esempio per tutti, poiché non è il numero dei trofei guadagnati che fa di un atleta un vero campione, ma lo è colui che aiuta spontaneamente il prossimo, senza ricorrere alla retorica e alla beatificazione del gesto compiuto. È lo stesso Fabio Caramel a dirlo: “Ho semplicemente seguito la mia volontà e il mio senso civico”»

Caregiver 2.0

Stanno di fatto assumendo le caratteristiche della serialità le storie di Giorgio Genta, vecchio caregiver – o meglio, per sua stessa definizione, “caregiver vecchio” – consentendo di porre in piena luce la situazione degli assistenti di cura familiari e di chi da più di trent’anni è a fianco della figlia con gravissima disabilità. In questo caso si parla di ciò che potrà succedere «quando il caregiver familiare primario necessiterà egli stesso di assistenza e non sarà più in grado di fornirla al proprio assistito»…

Codice Braille: a chi appartiene il deficit?

«Le mie perplessità – scrive Carmen Monteleone – nascono di fronte alla vera e propria negazione delle trascrizioni dei testi in Braille e al vincolo di scrivere su supporto digitale. È come chiedere ad un alunno vedente di scordarsi del libro cartaceo e della propria penna». Ampliando poi la riflessione, si sofferma «su una questione di “provenienza dell’handicap”», chiedendo: «A chi appartiene, a ragion veduta, il deficit più marcato? All’individuo con disabilità o al contesto? Da dove ha origine l’effetto maggiormente invalidante? Dalla patologia o dall’organizzazione sistemica?»

La lezione del vecchio caregiver

«Un po’ di anni fa – scrive Giorgio Genta, raccontando la lezione “da vecchio caregiver” tenuta a all’Università di Genova, sulle problematiche di una famiglia con disabilità – scrissi un articoletto sulla collaborazione spesso un po’ difficile tra professionisti e famiglie con disabilità: oggi di certo sarei meno problematico sul medesimo tema»

Tanti problemi aperti per la comunità dei Malati Rari

«Egregio futuro Ministro della Salute – scrivono dall’Alleanza Italiana per le Malattie Rare – negli ultimi anni sono stati fatti alcuni passi importanti, ma ora le chiediamo di lavorare al nostro fianco, fin dall’inizio della Legislatura, per mantenere questo ruolo e per risolvere problematiche ancora aperte per il settore, dalla definizione del nuovo Piano Nazionale per le Malattie Rare alla piena applicazione dei nuovi LEA, da un’adeguata assistenza domiciliare a un potenziamento della ricerca nel settore, fino alla necessità di rendere più funzionale la rete, a livello nazionale»

L’inaccettabile paradosso delle prove INVALSI e dei concorsi del Ministero

«Da un lato – scrive Gianluca Rapisarda – il Ministero “declama” il ruolo strategico dell’inclusione scolastica “per tutti e per ciascuno”, dall’altro lato, agli studenti ciechi che dovranno effettuare le prove INVALSI solo in forma cartacea in Braille non verrà rilasciata la certificazione di competenza prevista per legge, mentre quelli ipovedenti incontreranno gravi problemi di accessibilità sulle piattaforme online. A questo punto la preoccupazione è data dal fatto che le prove INVALSI sono diventate requisito d’ammissione all’Esame di Stato conclusivo del primo e del secondo ciclo»

La cecità può diventare uno spartito da suonare

«Come fatto sociale – scrive Luca Spaziani -, anche il nostro handicap, il modo di viverlo e di percepirlo, è figlio del suo tempo. E questo, a parere di chi scrive, è il tempo del riscatto totale per la cecità e per i ciechi. Viviamo in una società in cui tutti si muovono nell’affannosa ricerca di senso, d’identità, di una parte in commedia da recitare, di uno spartito da suonare. La cecità può rappresentare quello spartito, ricordando, però, che quello spartito non si suona da solo, come ben dimostra anche la protagonista del film “Il colore nascosto delle cose”»

Qualche idea per un domani di inclusione sociale e di rispetto dei diritti

«I centri diurni, le comunità alloggio, le residenze – scrivono dal Comitato Legge 162 Piemonte – hanno rappresentato una tappa cruciale nell’evoluzione delle politiche rivolte alla disabilità. E tuttavia oggi quelle strutture devono adeguarsi a un ineludibile cammino verso ulteriori livelli di civiltà, partendo dal presupposto che le persone con disabilità – senza eccezioni di sorta – hanno il diritto di vivere una vita piena e inclusa nella società. Non chiediamo la luna, ma semplicemente meno rette e più progetti e percorsi di vita, per tutti e per tutti quelli che lo desiderano»