Per i ciechi senza lavoro c’è solo l’esclusione sociale

Lo dichiara il presidente dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), nel concludere una riflessione sullo stato di emergenza di lavoro dei ciechi e degli ipovedenti, prodotta in occasione della XVII edizione del “Premio Louis Braille”, tradizionale manifestazione promossa dall’UICI stessa, in programma per il 31 luglio a Roma

Louis Braille

Louis Braille (1809-1852)

La XVII edizione del Premio Louis Braille, tradizionale iniziativa promossa dall’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), in programma per martedì 31 luglio a Roma (Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica, ore 21), con la partecipazione di numerosi nomi noti del mondo dello spettacolo e della cultura, che verrà tra l’altro riproposta il 16 agosto sugli schermi di RaiUno, fornisce l’occasione a Tommaso Daniele, presidente nazionale della stessa UICI, per proporre una riflessione sullo stato di emergenza del lavoro dei ciechi.
Una riflessione che riceviamo e pubblichiamo, con la convinzione che potrà contribuire ad un interessante e ampio dibattito.

La XVII edizione del Premio Louis Braille dell’UICI, in questo periodo di grande difficoltà, vuole accendere i riflettori soprattutto sullo stato di emergenza del lavoro dei ciechi.
Sono anni che ci scontriamo con il “muro di gomma” del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e con la pigrizia delle Regioni senza alcun risultato; sono anni che chiediamo al Ministero di individuare nuove professioni lavorative per i ciechi e gli ipovedenti e un intervento nei confronti della Conferenza delle Regioni, per l’attuazione del Decreto Salvi del 2000 [Decreto Ministeriale del 10 gennaio 2000, N.d.R.] che individua tre nuove attività lavorative: l’addetto alle relazioni con il pubblico, il gestore di banche dati e l’operatore di marketing. Ma il risultato è stato sempre lo stesso: il silenzio o vaghe promesse.
Si ha la sensazione che la classe politica e la Confindustria – che ci vedono come dei “privilegiati” – considerino le leggi speciali del collocamento dei ciechi e degli ipovedenti come qualcosa di superato e che ci sia la voglia di inserirci nelle regole del collocamento obbligatorio delle altre persone con disabilità, obbedendo alla logica perversa di voler fare parti uguali tra disuguali.
Dobbiamo tutti insieme innalzare la bandiera della resistenza, forti delle nostre buone ragioni; infatti, il lavoro, insieme all’istruzione, ha sempre costituito la via maestra per la piena conquista dell’integrazione sociale.
Paolo Bentivoglio [1894-1965, fu presidente dell’Unione Italiana Ciechi, N.d.R.] sosteneva che «il lavoro è luce che ritorna», io mi permetto di aggiungere che il lavoro è lo strumento per la conquista della dignità di ogni uomo e in particolare dei ciechi e degli ipovedenti, che devono sempre dimostrare di essere più bravi degli altri per essere considerati Cittadini con pari dignità.

È davvero singolare che si voglia privarci del lavoro proprio oggi che la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, firmata e ratificata dal nostro Governo [Legge 18/09, N.d.R.], ne afferma l’intangibilità senza se e senza ma, per tutti i disabili del mondo.
Non c’è più tempo da perdere, dobbiamo difendere le leggi speciali senza falsi pudori e pretendere che esse siano estese ad altre categorie di lavoratori ciechi e ipovedenti. Le leggi speciali sono il frutto dell’intelligenza dei nostri predecessori che hanno saputo dimostrare che le possibilità lavorative dei ciechi sono largamente inferiori a quelle degli altri disabili; non costituiscono, quindi, un privilegio ma una dura necessità.
Le leggi speciali costituiscono anche una difesa contro il pregiudizio dei datori di lavoro che ancora oggi, nonostante le grandi prove di professionalità dei ventimila lavoratori ciechi, non li assumono volentieri e si oppongono con pervicacia in Parlamento alle modifiche migliorative della Legge 113/85 (centralinisti telefonici) e della Legge 29/94 (terapisti della riabilitazione).

Il futuro dei ciechi passa attraverso il lavoro e senza il lavoro c’è solo l’esclusione sociale e il ritorno alle miserie di un secolo fa.
Il contesto nel quale ci muoviamo è estremamente difficile e si può definire con un solo aggettivo: drammatico. Ma è proprio in queste situazioni che l’UICI ha sempre trovato le energie migliori e ha vinto. Vinceremo anche questa volta, tanto più che le nostre richieste sono a costo zero.

Presidente nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).

Per ulteriori informazioni (anche sul programma del XVII Premio Louis Braille): ustampa@uiciechi.it.

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