Cure domiciliari: un ricorso contro la Regione Piemonte

Alcune Delibere della Giunta Regionale Piemontese sono state ritenute da numerose Associazioni «lesive dei diritti esigibili alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari per gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone colpite da demenza senile o da handicap intellettivo gravemente invalidante», portando quelle stesse organizzazioni a ricorrere contro tali provvedimenti presso il Tribunale Amministrativo Regionale

Donna spinge un'altra donna in carrozzinaLe Associazioni APS (Associazione Promozione Sociale), ULCES (Unione per la Lotta contro l’Emarginazione Sociale) e UTIM (Unione per la Tutela delle Persone con Disabilità Intellettiva) – tutte aderenti al CSA di Torino (Coordinamento Sanità e Assistenza tra i Movimenti di Base) -, insieme all’ANGSA del capoluogo piemontese (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e al GVA di Acqui Terme (Alessandria) (Gruppo Volontariato Assistenza Handicap), hanno recentemente presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Piemonte, contro le Delibere 25 e 26/03 e 5/14 della Giunta Regionale, ritenendole «lesive dei diritti esigibili alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari per gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone colpite da demenza senile o da handicap intellettivo gravemente invalidante».
Insieme a tali organizzazioni, contro quegli stessi provvedimenti hanno presentato ricorsi separati anche il Comune di Torino e vari altri Enti Locali del territorio regionale.

Nel ricorso, le Associazioni affermano che, in base alle leggi vigenti, le prestazioni domiciliari in favore degli anziani malati cronici non autosufficienti, dei soggetti colpiti da demenza senile e dei disabili intellettivi gravi rientrano a tutti gli effetti nei diritti sanciti nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria e Socio-Sanitaria) e che perciò per queste persone malate talmente gravi da essere approdate alla condizione della non autosufficienza, le prestazioni occorrenti devono essere assicurate dal Servizio Sanitario Nazionale attraverso risorse di quest’ultimo.
Come affermato infatti dalla Sentenza 199/14 del TAR del Piemonte, «le pur stringenti esigenze di contenimento dei costi, anche per quelle Regioni (come il Piemonte) che si trovino nelle condizioni di squilibrio economico-finanziario, non può [sic] ridondare in danno del diritto dei cittadini – costituzionalmente protetto – al godimento del già ricordato “nucleo irriducibile” della tutela della salute, coincidente, per quello che qui interessa, con la previsione dei LEA dell’area dell’integrazione socio-sanitaria». Quei provvedimenti della Regione Piemonte, invece, spostano queste prestazioni di lungoassistenza terapeutica domiciliare – escluso l’intervento dell’Operatore Socio Sanitario (OSS) – al di fuori di quelle garantite per diritto e finanziate dalla Sanità.
Si tratta in particolare degli assegni di cura, erogati in Piemonte in favore di ben 13.000 persone non autosufficienti, per il rimborso delle spese vive destinato ai familiari della persona con disabilità intellettiva in situazione di gravità o dell’anziano malato cronico non autosufficiente (quasi sempre ultraottantenne o ultranovantenne), familiari che volontariamente assumono il gravoso e frustrante impegno di assicurare prestazioni socio-sanitarie al loro congiunto, iniziativa, questa, che rende anche economicamente più sostenibile, da parte del Servizio Sanitario Regionale, l’impegno di cura della persona.
Con l’illegittima «riclassificazione degli interventi domiciliari in lungoassistenza come “extra LEA” – scrivono anche i legali del Comune di Torino – sostanzialmente viene trasferita la “garanzia” di tali prestazioni ai Comuni» e quindi al settore dell’assistenza, i cui interventi sono erogati in base a criteri di beneficenza e vincolati alla disponibilità di risorse.

Per quanto riguarda poi la limitazione delle prestazioni socio-sanitarie domiciliari al solo Operatore Socio Sanitario, tutti i ricorrenti hanno evidenziato come essa violi i LEA, nei quali le prestazioni di «assistenza tutelare e aiuto infermieristico» non sono affatto circoscritte a tale figura, andando inoltre contro la stessa Legge Regionale del Piemonte 10/10 (Servizi domiciliari per persone non autosufficienti), che all’articolo 5 prevede come le prestazioni domiciliari siano assicurate anche attraverso «contributi economici o titoli per l’acquisto, riconosciuti alla persona non autosufficiente, finalizzati all’acquisto di servizi da soggetti accreditati, […] da persone in possesso dell’attestato di assistente familiare»; «contributi economici destinati ai familiari, finalizzati a rendere economicamente sostenibile l’impegno di cura del proprio congiunto»; «contributi economici ad affidatari e rimborsi spese ai volontari».

In tale contesto diventa sempre più allarmante il caos creato dalla Giunta della Regione Piemonte che si sta concretizzando tra Regione, ASL, Comuni ed Enti gestori degli interventi socio-assistenziali, sulla “partita” delle cure socio-sanitarie domiciliari per le persone non autosufficienti. Le prescrizioni regionali contestate, infatti, prevedono un’irrealizzabile delega degli Enti gestori alle ASL, con trasferimento delle relative somme di denaro, per dare corso – tramite le risorse del Settore Assistenza – all’erogazione degli assegni di cura. Ma gli Enti che operano nel settore dell’Assistenza non hanno né le competenze (infatti non possono erogare prestazioni di competenza sanitaria), né gli strumenti amministrativi (regolamenti), né la disponibilità delle somme di denaro effettivamente in cassa per attuare quanto richiesto dalla Regione e sollecitato in nelle scorse settimane con vigore dalle ASL, sotto l’allarmante e minacciosa prospettiva dell’interruzione del servizio che, da parte di alcune Aziende, si è purtroppo già verificata, con un azzeramento drastico delle erogazioni di contributi economici.
Inoltre, le notizie di accordi particolari degli Enti con le ASL preoccupa ulteriormente le Associazioni che, sulla base di una situazione ritenuta «incivile» hanno appunto presentato i ricorsi di cui sopra, ribadendo ancora una volta che «la cura e le prestazioni socio-sanitarie in favore delle persone colpite da patologie e/o da disabilità gravemente invalidanti e da non autosufficienza è competenza della Sanità, e quindi delle ASL. Sono loro a dover garantire il servizio, e quindi loro ad essere messi in crisi dai provvedimenti regionali, non gli Enti gestori o i Comuni ai quali l’Amministrazione Regionale ha attribuito illegittimamente competenze non loro». (Fondazione Promozione Sociale)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@fondazionepromozionesociale.it.

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