Deficit di attenzione e iperattività: famiglie lasciate sole

«In Campania – denuncia Massimo Micco dell’AIFA Regionale (Associazione Italiana Famiglie ADHD) – sono pressoché inesistenti percorsi di diagnosi, terapie appropriate e inclusione scolastica per chi soffre di ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività)». E le testimonianze di numerose famiglie lo confermano chiaramente, parlando tra l’altro di lunghe liste d’attesa, quando non di totale incapacità ad affrontare il problema in modo adeguato

Bimbo con deficit di attenzione e iperattività

Un bimbo con deficit di attenzione e iperattività

Come AIFA Campania, Associazione di famiglie di pazienti con diagnosi di ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), impegnata a sostegno delle famiglie stesse e anche in attività di informazione e sensibilizzazione, vogliamo lanciare un grido di allarme alle istituzioni regionali sanitarie e dell’istruzione, oltreché agli enti e ai centri di diagnosi e cura, sulla situazione dei protocolli diagnostici, delle terapie e dei percorsi di inclusione scolastica per l’ADHD.
Il «disturbo da deficit attentivo con iperattività» è stato definito da Pietro Panei e Andrea Geraci del Dipartimento del Farmaco, nel notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità (vol. 22, n. 1, gennaio 2009, ISSN 0394-9303), come «un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da in attenzione e impulsività/iperattività. L’ADHD ha una genesi multifattoriale. I fattori determinanti l’insorgenza della sindrome possono essere classificati in due raggruppamenti principali: fattori genetici e fattori ambientali».
Dal 2007, in Campania, è possibile fare una diagnosi di ADHD solo presso quattro centri regionali e qualche Distretto Sanitario ASL. Da allora, però, sono stati fatti solo alcuni timidi passi verso un’adeguata “presa in carico” del disturbo da parte del Servizio Sanitario Regionale.
Numerose, in tal senso,  sono le situazioni segnalateci in questi anni di mancata diagnosi e assistenza terapeutica, oltre che di assenza di inclusione scolastica (fatte le dovute e rarissime eccezioni), in genere riconducibili ai seguenti motivi:
– Insufficienza numerica di centri preposti/accreditati alla diagnosi e alla riabilitazione dei pazienti con ADHD, con conseguenti lunghe liste di attesa per il primo consulto (dai 6 ai 12 mesi) e ulteriori ritardi  per ricevere la diagnosi (dai 4 ai 6 mesi).
– Carenza di specialisti con formazione specifica sull’ADHD nelle strutture sanitarie pubbliche, in grado di diagnosticare e prendere in carico i pazienti con ADHD.
– Carenza di terapie riabilitative nelle strutture pubbliche, per il recupero dei pazienti colpiti dal disturbo, in particolare della psicoterapia cognitivo comportamentale, facente parte dell’intervento riabilitativo multimodale contemplato dal Protocollo Diagnostico emesso dall’Istituto Superiore di Sanità (Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2007). Tale disturbo costringe molte famiglie ad usufruire di queste importanti terapie purtroppo solo attraverso la consulenza di specialisti privati, con il relativo aggravio economico e l’accentuarsi di una disparità socio sanitaria per gli utenti che non hanno invece possibilità economiche.
– Impiego di terapie superflue, non idonee e non previste né raccomandate dall’Istituto Superiore di Sanità, dalle Linee Guida della SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e della NICE [il National Institute for Health and Care Excellence della Gran Bretagna, N.d.R.], con conseguente dispendio di risorse economiche sanitarie e cronicizzazione del disturbo per gli interventi ritardati e inadeguati.
– I centri di diagnosi e cura regionali attualmente riconosciuti in Campania sono dislocati prevalentemente nell’area napoletana (Napoli e Aversa, in provincia di Caserta), lasciando quindi “scoperte” le restanti Province della Regione (Avellino, Benevento e Salerno) e costringendo in tal modo molte famiglie a un impegnativo “esodo sanitario” anche in altre Regioni d’Italia, con aggravio della spesa regionale campana, all’interno della quale un pesante capitolo è rappresentato proprio da quella causata dalla migrazione sanitaria.
– Carenza dei percorsi terapeutici/formativi, previsti dai protocolli sanitari ai genitori (parent training), finalizzati all’incremento delle abilità genitoriali nell’identificazione e nella comprensione dei problemi comportamentali dei figli diagnosticati, consentendo l’acquisizione di specifiche strategie per gestirli.
– Grave carenza di formazione/sensibilizzazione delle figure che ruotano intorno ai soggetti con ADHD (insegnanti, educatori, assistenti sociali…) e conseguente mancanza di applicazione della normativa prevista per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (Direttiva Ministeriale Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, del 27 dicembre 2012), nonché ripercussioni nell’inclusione scolastica e sociale.
– Grave carenza sulla transizione dall’età adolescenziale a quella adulta, per l’inesistenza di strutture pubbliche con professionisti specializzati in ADHD, nonostante l’indicazione dell’Istituto Superiore di Sanità di identificare i centri di riferimento regionali in cui indirizzare gli adulti con tale disturbo.

In considerazione, dunque, della situazione critica sin qui descritta, in cui verte il Servizio Sanitario Regionale della Campania, per la presa in carico dell’ADHD, pur essendoci una maggiore consapevolezza e conoscenza del disturbo rispetto agli anni passati, risulta evidente l’importanza di un intervento sistemico, finalizzato – tramite nuove importanti azioni comuni – ad aumentare la consapevolezza, a ridurre lo stigma e la disinformazione sull’ADHD nei pazienti adulti e minori.
La nostra Associazione – attraverso le attività svolte in questi anni sul territorio, mediante sportelli di ascolto, iniziative di orientamento familiare e di mutuo aiuto – ha operato un monitoraggio dei servizi a disposizione delle famiglie con persone colpite da ADHD, e sta predisponendo un Libro Bianco sui disservizi che le famiglie stesse hanno incontrato e incontrano, sia in àmbito sanitario, per giungere a una diagnosi (per non parlare delle diagnosi negate, conseguenti al “disconoscimento” del disturbo), sia in àmbito scolastico, per la mancata attuazione di interventi volti all’inclusione e al successo formativo. Significative alcune testimonianze dirette qui di seguito riportate:

«Ieri siamo stati a visita al centro di diagnosi e cura regionale, avendo una prenotazione fatta 6 mesi fa. Al termine dell’incontro ci hanno detto che è necessario averne di ulteriori per somministrare dei test. Pertanto ci hanno prenotato un altro incontro in day hospital fra 5 mesi».
«A mio figlio è stata rilasciata dal centro di diagnosi e cura una dettagliata diagnosi di ADHD con disturbo d’ansia e dell’espressione scritta con tratti oppositivi, fornendoci le seguenti indicazioni terapeutiche: psicoterapia individuale; training cognitivo-comportamentale di rinforzo delle abilità neuropsicologiche di base e sulla gestione del comportamento impulsivo/iperattivo; logopedia ad indirizzo neuropsicologico; parent training per la coppia genitoriale; nell’àmbito scolastico, adozione della normativa sui Bisogni Educativi Speciali. Recatici al Distretto Sanitario dell’ASL di appartenenza, per ricevere le dovute terapie, solo dopo diversi mesi e su nostra richiesta, ci è stato rilasciata una relazione attestante una lieve difficoltà di apprendimento scolastico, dipendente da difficoltà del comportamento, quale facile reattività, intolleranza alle frustrazioni, disistima, relazione conflittuale con i genitori. Ci è stato quindi prescritto solo un semplice sostegno psicologico per le difficoltà emotivo-affettive e riconosciuta la necessità di adozione della normativa sui BES, senza alcun contatto con la scuola».
«Abbiamo ricevuto diagnosi di ADHD e relativa terapia lo scorso mese dopo circa un anno. Ci siamo recati al centro di riabilitazione per i trattamenti, ci è stato comunicato che hanno una lista di attesa di 2 anni».
«Abbiamo avuto diagnosi di ADHD in comorbilità con il disturbo oppositivo provocatorio. Con necessità di trattamenti cognitivo-comportamentali, di gestione della rabbia e parent-training. Abbiamo visitato alcuni centri di riabilitazione e ci hanno detto che non hanno la possibilità di fare i trattamenti richiesti».

Chi scrive, in qualità di rappresentante dell’AIFA Campania, ritiene a questo punto necessario che tutte le forze e le realtà esistenti sul nostro territorio regionale, del mondo associativo, scientifico e istituzionale, che si occupano a vario titolo di ADHD (tutela, diagnosi, cura, inserimento sociale e scolastico), si riuniscano in una Consensus Conference, per fare il punto della situazione attuale, che ci risulta essere gravemente carente.
L’obiettivo è tentare di colmare e superare tutte le difficoltà esistenti, come si sta facendo in altre Regioni d’Italia, cercando di predisporre specifiche linee guida regionali per la diagnosi e il trattamento del disturbo ADHD, ovvero Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), al fine di evitare l’aleatorietà degli interventi, garantendo maggiore accuratezza e appropriatezza diagnostica e riabilitativa, insieme a reali politiche scolastiche inclusive e a processi di transizione per le persone prese in carico dall’età infantile a quella adulta, presso i Servizi Sanitari Territoriali e i centri di diagnosi e cura.
In tal senso, chiediamo il rispetto delle leggi e del diritto alla cura e alla riabilitazione, come previsto dagli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione Italiana e anche dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (articoli 23, 24, 25, 28 e 29),un diritto leso da una politica sanitaria del territorio che non riteniamo affatto incentrata sulla salvaguardia delle necessità dei pazienti e delle loro famiglie.

Presidente dell’AIFA Campania (Associazione Italiana Famiglie ADHD), aderente alla FISH Campania (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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