Non autosufficienza: la spesa delle famiglie

Tra le famiglie che sostengono spese di assistenza legate alla non autosufficienza, solo un quarto è in grado di coprire interamente tali spese, o con il proprio reddito o intaccando i risparmi o ricorrendo all’aiuto di amici e parenti. Nella stragrande maggioranza dei casi, invece, si tratta di famiglie che devono fare delle rinunce: è questo uno dei dati che emergono dal primo Rapporto dell’Osservatorio sul Bilancio di Welfare delle Famiglie Italiane, recentemente presentato a Roma

Donna spinge un'altra donna in carrozzinaIl 7 novembre scorso è stato presentato a Roma il primo Rapporto dell’Osservatorio sul Bilancio di Welfare delle Famiglie Italiane (il file che lo contiene, tra l’altro, è solo parzialmente accessibile alle persone con disabilità), promosso da MBS Consulting. Lo studio è stato realizzato dalla Società Innovation Team, attraverso la conduzione di due fasi di indagine: una in profondità, che ha coinvolto 302 famiglie, e una estensiva su un campione di 2.007 famiglie.
L’obiettivo della ricerca è stato quello di ricostruire il bilancio di welfare delle famiglie italiane, attraverso la misurazione delle voci di entrata e di uscita riferibili alle seguenti aree:
° Salute: le spese sanitarie dirette delle famiglie e i premi pagati per le assicurazioni contro le malattie e gli infortuni.
° Supporti per il lavoro: i costi di trasporto e ristorazione che i membri della famiglia sostengono per poter lavorare.
° Istruzione: le rette e le spese per i servizi prescolari (asili e scuola materna) e per l’istruzione a tutti i livelli, comprese le spese di trasporto, la mensa, l’acquisto di libri e di altri prodotti per la didattica.
° Assistenza: i servizi e le spese per la cura dei familiari anziani e non autosufficienti, dei figli minori e della casa.
° Cultura e tempo libero: le spese per l’editoria, lo spettacolo e le altre attività culturali, lo sport e la cura del corpo.
° Previdenza e protezione: le polizze pensionistiche e i versamenti individuali volontari nei fondi pensione integrativi, le assicurazioni vita di protezione, le assicurazioni per la casa e la famiglia diverse da quelle per la salute.

Da tale indagine, dunque, emerge che il welfare familiare vale oggi, in Italia, 109,3 miliardi di euro, ovvero il 6,5% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Di quella cifra, 14,4 miliardi sono destinati all’assistenza, ossia alle spese familiari per la cura residenziale e domiciliare delle persone non autosufficienti, per l’aiuto domestico (colf) e per la cura a domicilio dei bambini (baby sitter).
È proprio sulla spesa assistenziale delle famiglie italiane che in questa sede intendiamo concentrare la nostra attenzione, e in particolare sulla spesa che le famiglie destinano alla cura dei propri componenti non autosufficienti.

Dei 14,4 miliardi del welfare familiare impiegati per la voce assistenza, 7,4 miliardi vengono spesi per le colf (51,4%), 4,9 per la non autosufficienza (34%) e 2,1 per i servizi di baby sitting (14,6%). Tali uscite interessano 2,9 milioni di famiglie, con una spesa media di 4.989 euro. Tuttavia solo il 28,1% (pari a circa 810.000 famiglie) riceve un supporto pubblico, a copertura del 74,5% delle spese. In molti casi, invece (il 42,3%, pari a 1,2 milioni di famiglie), si ricorre all’aiuto di parenti o amici, il cui contributo risulta pari all’82% delle spese sostenute.

L’area assistenziale che viene considerata più critica è quella della non autosufficienza. A tal proposito lo studio in oggetto stima che nel 79% dei casi le famiglie con componenti non autosufficienti internalizzino la funzione di cura, che viene prestata da un altro familiare, senza ricevere alcun aiuto esterno. Tale valore arriva all’87,5% nelle famiglie in condizione di debolezza economica, ma risulta comunque superiore all’80% nelle famiglie di tutte le condizioni economiche, tranne quelle benestanti e agiate.
Esiste, quindi, una correlazione tra la ricchezza familiare e le scelte di cura delle persone non autosufficienti. Nella maggior parte dei casi, la motivazione per cui si rinuncia ai servizi di cura è di natura economica (50,2%). Seguono poi il rifiuto da parte della persona non autosufficiente (22,9%), la non soddisfacente qualità dei servizi (17,6%) e la loro indisponibilità (9,3%). L’inadeguatezza dell’offerta emerge soprattutto al Sud, dove la qualità dei servizi è giudicata non sufficiente nel 35,7% dei casi.

A fronte del 79% di famiglie che prestano direttamente assistenza ai propri componenti non autosufficienti, il 21% ricorrere invece all’acquisto di servizi di cura, per un importo medio di 8.627 euro. In particolare, il servizio più diffuso è quello delle badanti, cui ricorre l’11,5% delle famiglie con persone non autosufficienti, per una spesa media di 10.348 euro. Seguono gli Ausiliari Socio Assistenziali (7,1% delle famiglie, per una spesa media di 5.756 euro) e l’assistenza in strutture residenziali (2,3% delle famiglie, per una spesa media di 8.904 euro).

Le spese di cura per la non autosufficienza incidono significativamente sul bilancio familiare: molto o moltissimo per il 31% delle famiglie che vi ricorrono, abbastanza per il 44,4%, poco o per niente per il restante 25%.
La spesa per l’assistenza, nel 73,9% dei casi, viene sostenuta per intero dalle famiglie, senza poter contare su alcun contributo economico da parte dello Stato. Il 15,3% delle famiglie riceve invece trasferimenti che coprono interamente le spese, mentre il 10,7% può contare su contributi solo parziali.
La percentuale di chi riceve sussidi totali o parziali è maggiore tra le famiglie in condizioni di debolezza economica (42,5%) e si riduce, fino ad annullarsi, all’aumentare dei livelli di benessere. È tuttavia interessante notare che, anche nella fascia della debolezza, la maggioranza delle famiglie (57,5%) sostiene interamente a proprio carico le spese di assistenza ai propri componenti non autosufficienti. Inoltre, non in linea con le attese è il dato per cui solo il 14,6% delle famiglie in condizioni di debolezza economica riceve contributi a totale copertura delle spese di assistenza, a fronte del 27,9% di chi invece può contare su contributi parziali. Ciò risulta di difficile interpretazione, considerando che le famiglie con migliori condizioni economiche (livello economico medio-basso e medio) possono contare sulla copertura totale delle spese, rispettivamente, nel 41,1% e nel 27,5% dei casi. Occorrerebbe quindi un approfondimento capace di fornire un’interpretazione ai dati rilevati.

Complessivamente, tra le famiglie che hanno sostenuto spese di assistenza legate alla non autosufficienza, solo il 23,8% ha potuto coprire interamente tali spese, o con il proprio reddito (14,3%) o intaccando i risparmi (29,1%) o ricorrendo all’aiuto di amici e parenti (56,6%). Nella stragrande maggioranza dei casi, invece (76,2%), le famiglie hanno dovuto fare delle rinunce. In particolare, hanno rinunciato a un maggiore livello di assistenza per la persona non autosufficiente (40,4%) oppure hanno ridotto le spese per la salute (26,4%) o per i consumi alimentari (33,2%).

Responsabile del portale «Condicio.it – Dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità», spazio di comunicazione che è il frutto di un progetto della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e nel quale il presente contributo è già apparso (con il titolo “La spesa delle famiglie per la non autosufficienza”). Viene qui ripreso – con alcuni minimi riadattamenti, alla luce del diverso contenitore – per gentile concessione.

Per ulteriori approfondimenti sui temi trattati nella presente nota, suggeriamo anche la consultazione dei focus presenti nel portale «Condicio.it – Dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità», dedicati rispettivamente al Lavoro di cura e a Colf e badanti.

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