Quelle famiglie che ogni giorno lottano contro la disperazione

«La notizia di un genitore che uccide il figlioletto affetto da autismo nel Trevigiano e poi si toglie la vita – scrive Benedetta Demartis, presidente dell’Associazione ANGSA – ci ha lasciato di nuovo senza parole. Autismo è ancora una parola che fa paura e che getta nella disperazione più assoluta molte famiglie, ma non vogliamo più immaginare che siano lasciate a loro stesse. Servono presa in carico, riabilitazione garantita allo stesso modo su tutto il territorio nazionale, scuola inclusiva, inserimento nel mondo del lavoro e strutture per i nostri ragazzi con autismo»

Giovane nel buio, con mani nere sul voltoLa notizia di un genitore che uccide il figlioletto affetto da autismo nel Trevigiano ci ha lasciato di nuovo senza parole. Un omicidio-suicidio per sottrarre il proprio congiunto a un dolore ritenuto insopportabile, a un futuro incerto e pieno di ostacoli.
Il padre era sconvolto dalla diagnosi del figlio fino a diventarne ossessionato al punto da arrivare al gesto estremo. Non è bastato il legame solido con la moglie, non sono bastati i servizi sul territorio a scongiurare la tragedia. Un pensiero, non lo nego, che spesso ha sfiorato la mente di tanti genitori di persone affetto da autismo.
Autismo è ancora una parola che fa paura e che getta nella disperazione più assoluta molte famiglie. Alcune decidono di fare finta di niente, altre di farsi aiutare e altre ancora si rimboccano le maniche, lottando per i propri diritti e per quelli di altri bambini e ragazzi.
A volte, però, c’è il silenzio e l’incapacità di reagire, ma anche l’assenza di presa in carico delle famiglie da parte del sistema sanitario. Oggi, fortunatamente, possiamo avere una diagnosi precoce, ma spesso le famiglie sono sole.
Non conosco nel dettaglio la situazione di quella famiglia del Trevigiano, ma sono molte le realtà italiane in cui non vi sono percorsi di sostegno per i genitori.

In un prossimo incontro sull’autismo con la Ministra delle Disabilità Stefani porteremo certamente queste problematiche, affinché nessuno si possa sentire abbandonato.
Non vogliamo più immaginare famiglie lasciate a loro stesse e per coloro che hanno superato la disperazione della diagnosi, non possiamo più permettere che la paura per l’avvenire si faccia strada quotidianamente, con un logorio costante, fino a minare la salute di padri, madri, fratelli e sorelle.

Dobbiamo dare risposte alla domanda: «Cosa ne sarà di mio figlio quando non ci sarò più?». Presa in carico, riabilitazione garantita allo stesso modo su tutto il territorio nazionale, scuola inclusiva, inserimento nel mondo del lavoro e strutture per i nostri ragazzi sono i temi a cui la nostra Associazione [ANGSA-Associazione Nazionale Genitori di Persone con Autismo, N.d.R.] sta lavorando con la massima attenzione, portando sui tavoli istituzionali proposte dedicate esclusivamente al mondo dell’autismo.
Il mio pensiero va alla madre del piccolo ucciso, a una famiglia che non c’è più e a tutte quelle che ogni giorno lottano contro la disperazione.

Presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di Persone con Autismo), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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