Un robot in grado di riconoscere lo stato emotivo delle persone come l’ansia, lo stress o la noia, il livello di attenzione: è questo il risultato ottenuto dal prototipo sviluppato presso il Laboratorio di Intelligenza Artificiale e Robotica del Politecnico di Milano, nell’ambito di un progetto condotto in collaborazione con l’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia), la Fondazione Maugeri e l’Ateneo milanese.
Scopo di tale realizzazione è quello di fornire un ausilio nella riabilitazione robotizzata delle persone colpite da ictus che hanno spesso problemi motori agli arti e devono quindi sottoporsi a lunghe sessioni di fisioterapia.
In tal senso il robot è in grado di valutare le emozioni del paziente attraverso l’utilizzo di sensori non invasivi applicati sul corpo, che rilevano e misurano le attività fisiologiche della persona sottoposta alla terapia robotizzata. Questo permetterà un monitoraggio più preciso dello stato del paziente e una scelta più mirata dei trattamenti riabilitativi da utilizzare a seconda dei casi e delle risposte del singolo individuo. Il robot, infatti, dovrà adattare il proprio comportamento e il trattamento somministrato, tenendo in considerazione lo stato emotivo del paziente e la valutazione obiettiva della qualità del processo riabilitativo in corso.
Come è fatto e come funziona il robot
In sostanza, al paziente è richiesto di muovere una manopola collegata al robot: il movimento provoca lo spostamento di un elemento grafico sullo schermo di un computer. La persona deve quindi seguire un percorso per raggiungere degli oggetti visualizzati sullo schermo – come in un videogioco – e tale percorso è studiato ad hoc sul problema del paziente, in modo da fargli compiere i movimenti adatti allo specifico disagio motorio.
Se la persona non riesce ad eseguire dei movimenti, il robot lo aiuta, muovendo autonomamente la manopola. Inoltre, il robot può interpretare le emozioni del paziente, analizzando i dati dei sensori che sono in grado di rilevare l’attività muscolare, il ritmo polmonare, la sudorazione, la pressione cardiaca e l’attività elettrica del cuore. Le variazioni dei dati rilevati possono essere messe in relazione con gli stati d’animo delle persone. Quando il paziente ha difficoltà a compiere l’esercizio, i sensori rilevano, ad esempio, una situazione di stress e se questo è caratteristico della seduta, il robot ne può tenere conto per adeguare la seduta corrente o le successive.
Se poi il robot rileva che il paziente si annoia, il sistema cambierà il compito per renderlo più interessante. Infine, mano a mano che la persona migliora, il sistema stesso modificherà il tipo di esercizio da compiere, in modo da portare il paziente verso un recupero delle funzionalità.
Un robot, dunque, che si adatta a ciò che accade, vero esempio di intelligenza artificiale dai molti vantaggi potenziali. In un futuro prossimo, infatti, il robot potrà arrivare nelle case delle persone ed essere utilizzato nel momento prescelto, senza l’ausilio di fisioterapisti, “giocandoci” e ad un costo accessibile.
L’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale è nata negli anni Cinquanta per realizzare appunto “macchine intelligenti”. Uno degli aspetti più rilevanti di un essere intelligente è l’interpretazione autonoma dei dati che ha a disposizione – attraverso i suoi sensori – per poter capire in quale situazione si trova e comportarsi adeguatamente.
L’interpretazione di dati sensoriali è compito difficile e oneroso, dal punto di vista computazionale, sia per la relativa limitatezza degli apparati sensoriali artificiali a disposizione, sia per l’intrinseca complessità che il compito ha, e che l’uomo gestisce con un apparato molto più complesso degli attuali calcolatori, comprendente non solo il cervello, ma l’intero corpo.
Oggi abbiamo già a disposizione macchine che rendono la vita più facile, come automobili autonome, edifici intelligenti, robot che svolgono servizi di pulizia, sorveglianza, intrattenimento, monitoraggio dello stato fisico.
Ma quali sono i limiti? Si può dire in sintesi che l’autonomia delle macchine sia limitata dalle attuali capacità di generare o trasportare energia e di muoversi, dalla qualità dei sensori e dalla limitatezza delle risorse computazionali a disposizione a bordo di un oggetto mobile e autonomo. (Elena Rostan)
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