Ora Casey potrà divertirsi anche a scuola, non solo a casa, da sola. Casey Followay ha 15 anni, usa una carrozzina ed è dell’Ohio, Stati Uniti. A scuola non praticava sport, nella patria dello sport scolastico. «Faremo una squadra», immagina già. Uno studente con disabilità che vuole fare sport non può essere discriminato e deve poterlo praticare nella sua scuola, che deve metterlo in condizione di far sì che questo avvenga.
È una svolta storica quella voluta negli USA dall’Amministrazione Obama. Di fatto il primo intervento sulla scuola comincia da lì, dallo sport. Di più, lo sport paralimpico. In una Direttiva del Ministero dell’Istruzione statunitense, infatti, si precisa che gli studenti con disabilità devono far parte del programma sportivo scolastico all’interno delle attività, con «ragionevoli modifiche» da attuare, oppure, ove questo non sia possibile, creando un programma specifico per loro.
«Lo sport può fornire preziose lezioni di disciplina, abnegazione, passione e coraggio e attraverso questa Direttiva si possono aiutare le scuole a far sì che gli studenti con disabilità abbiano pari opportunità, per trarre beneficio dalle lezioni di vita che apprendono attraverso lo sport», ha spiegato in un comunicato Arne Duncan, segretario dell’Istruzione statunitense. Ex cestista, Duncan sa bene quanto lo sport sia importante nella crescita delle persone. Naturalmente anche di quelle con disabilità. Sia questa fisica, sensoriale o intellettiva e relazionale. Non è un consiglio, ma una richiesta specifica.
Negli States questa decisione viene paragonata a quella che all’inizio degli Anni Settanta aprì allo sport femminile, quando la stessa richiesta fu fatta per fare in modo che le studentesse avessero pari opportunità rispetto agli studenti nel praticare sport a scuola. Questo per capire l’importanza della svolta.
In alcuni casi basterà poco: un segnale visivo, ad esempio, invece del rumore della pistola nella partenza delle gare di atletica, se vi sono studenti sordi o ipoacusici. In altre ci vorrà magari qualche modifica strutturale. «È facile? No – ha detto Brad Hedrick, già campione di basket in carrozzina, ora all’Università dell’Illinois -, ma si può fare, anche se è necessario un cambiamento importante».
I funzionari del Ministero hanno precisato che non si intendono stravolgere i programmi sportivi delle scuole, solo che non si possono escludere da un insegnamento gli studenti in base a una condizione di disabilità.
Nel 1973, con il Rehabilitation Act e successivamente con l’Individuals With Disabilities Education Act, veniva imposto agli Stati di fornire educazione pubblica a tutti gli studenti, senza discriminazioni, e che sarebbero stati interrotti i fondi pubblici a quelle scuole che avessero discriminato gli studenti con disabilità. Ora si sottolinea che lo sport fa parte di quel diritto.
Chiaro che questa notizia fa pensare alla scuola, pubblica e privata, italiana e all’insegnamento dell’educazione fisica (parlare di sport sarebbe eccessivo…). Fra poco si rinnoveranno i vertici del CONI. Ecco, sarebbe bello che proprio il CONI si facesse parte attiva perché, all’interno di proposte per migliorare quello che, oggettivamente, è solo migliorabile nello sport a scuola, ci fossero poche parole per dire: nessuna discriminazione, anche nello sport. Perché anche in Italia, a ogni livello, ci sono studenti come Casey, che avrebbero voglia di imparare anche questo. E divertirsi.