Correre sempre al massimo

Può essere proprio questo il motto della vita di Gianfranco Pigozzo, in auto, in moto, con il go-kart e ora con l’handbike, prima e dopo l’incidente che lo ha reso paraplegico. E la costanza negli allenamenti gli consente spesso di tagliare il traguardo anche prima di atleti con la metà dei suoi anni, come è successo ad esempio nel Giro d’Italia di Handbike 2012, che lo ha visto arrivare secondo nella sua categoria

Gianfranco Pigozzo

Gianfranco Pigozzo durante un’esibizione di kart. presso “Automotoretrò” a Torino Fiere

“Correre” può essere definito il motto della sua vita perché lui è un tipo che va forte, ma nel vero senso della parola. In auto, in moto, con i go-kart e anche con la sua handbike. Adesso corre con la squadra agonistica dell’Associazione PASSO (Promozione Attività Sportiva Senza Ostacoli) di Cuneo e i compagni più giovani lo prendono in giro, chiamandolo “nonno”, oppure “decano”, soprattutto quando taglia in traguardo prima di molti atleti juniores.
Si chiama Gianfranco Pigozzo, è nato a Treviso nel 1956, diplomato geometra, vive a Ciriè, nel Torinese e lavora in un’agenzia immobiliare a Giaveno, sempre nel Torinese.

Ma questa passione per “andare sempre al massimo” (ovvero correre), quando comincia? «Ho sempre avuto la passione per la competizione – racconta -; da ragazzo ho corso in moto nel Campionato Italiano Salita e in pista nel Campionato Italiano “Moto derivate dalla serie”, ottenendo diverse vittorie. Ho corso anche in qualche rally automobilistico, con la Fulvia HF e la Fiat 124 Abarth».
Poi è arrivato l’incidente, un banale incidente motociclistico nel 1989, praticamente un’impennata finita male. «Ma anche da disabile ho continuato a correre, all’inizio sui kart, poiché anche se predisposti con i comandi manuali, sono identici per prestazioni e potenza a quelli di serie e mi sono continuato a divertire anche con la limitazione fisica».

Hai un legame forte con lo sport?
«Dopo l’incidente, ho voluto provare numerose discipline sportive adatte a una persona paraplegica e così ho praticato lo sci di fondo, ho giocato in una squadra di hockey su ghiaccio, ma ho sempre rifiutato di correre con le carrozzine, ovvero fare l’atletica con le sedie a rotelle modificate, nonostante l’insistenza di numerosi amici che già praticavano tale disciplina e tentassero di coinvolgermi».

E la passione per l’handbike?
«L’handbike è una bicicletta a tutti gli effetti. Ci sono salito su la prima volta nel 2000, per andare in giro con mia moglie e mio padre, che è un appassionato ciclista. Poi mi sono reso conto che allenandomi e con un mezzo efficiente, potevo star dietro a mio padre quando usciva nel fine settimana con i suoi amici ciclisti, era fantastico! Rendersi conto che nonostante la disabilità e grazie a un altro tipo di bicicletta, adattata appunto per “pedalare” con le mani, potevo fare sport come tutti gli altri! Infatti, di quelle passeggiate domenicali con mio padre e con i suoi amici ciclisti conservo un ricordo bellissimo e indelebile!».

Credendo in se stesso e continuando ad allenarsi duramente dopo il lavoro, Pigozzo è riuscito ad ottenere traguardi sorprendenti: è arrivato, ad esempio, al secondo posto nel Campionato Societario a Squadre nel 2012 e anche secondo nella classifica della Maglia Rosa per la sua categoria MH3, durante il Giro d’Italia di Handbike del 2012.
«Lo sapevi – gli chiedo – che vai più forte di atleti che hanno la metà dei tuoi anni?». «Effettivamente me ne sono reso conto nelle ultime stagioni agonistiche dell’handbike. Il problema è forse che io mi alleno con molta continuità, ma partecipo alle gare con molta discontinuità. Il salto di qualità l’ho avuto tesserandomi con l’Associazione PASSO, con la quale ho iniziato a dedicarmi alle gare con maggiore regolarità».

Ma qual è il segreto di questa costanza?
«Ho visto che i risultati arrivano quando ci si applica con serietà; per questo motivo ho dovuto abbandonare tutte le altre attività sportive che mi attiravano molto, perché dovevo convogliare le energie verso un unico sport».

Ma che cosa rappresenta lo sport per te?
«Dire che è molto importante è riduttivo. Non è solo un modo per tenere il fisico in forma, ma riesce a tenere anche la mente allenata. Può essere una valvola di sfogo, ma soprattutto è un modo per stare con gli altri, per ritornare a socializzare. A me è servito per formare il carattere, per disciplinare la volontà. Penso che lo sport dovrebbe essere inserito in tutti i programmi di riabilitazione dei giovani disabili e non. Ritengo infatti che mai come in questo periodo la forza e il valore che lo sport rappresenta sia un potenziale strumento di aggregazione e di coesione sociale, come occasione per porre in contatto e dialogo diversità culturali, religiose e ideologiche. Oggi il valore dello sport, olimpico, paralimpico e dilettantistico è universalmente affermato e riconosciuto».

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