Molte buone Sentenze, ma le Leggi sulla disabilità sono ancora poco applicate

«I diritti delle persone con disabilità non sono ignorati nell’attività dei giudici, spesso chiamati a garantirne effettività nei casi concreti, ma proprio il numero alto delle pronunce sembra rafforzare la convinzione che la normativa riguardante le persone con disabilità incontra ancora difficoltà applicative»: a dirlo è il giurista Giuseppe Arconzo, responsabile del gruppo di ricerca che ha prodotto il primo rapporto di un progetto tramite il quale costituire un Osservatorio permanente per il monitoraggio della giurisprudenza relativa alla condizione giuridica delle persone con disabilità

Ombre su varie forme di disabilità«Questo rapporto ha l’ambizione di colmare una grave lacuna presente in questo settore: mancava infatti, fino ad oggi, una recensione organica delle Sentenze che si occupano di diritti delle persone con disabilità»: a dirlo è Giuseppe Arconzo, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Milano, a proposito del primo rapporto prodotto nell’àmbito del progetto Empowerment of Persons with Disabilities: Innovative Tools for the Inclusion of People with Disabilities (“Empowerment delle persone con disabilità: strumenti innovativi per l’inclusione delle persone con disabilità”), iniziativa di ricerca che intende ovviare all’assenza di indicatori sull’attuazione della normativa antidiscriminatoria in sede giudiziaria e che si pone l’obiettivo di costituire un Osservatorio giuridico permanente per un monitoraggio costante sulla giurisprudenza relativa alla condizione giuridica delle persone con disabilità.
L’iniziativa è nata all’interno del progetto PNRR Musa – Multilayered Urban Sustainability Action, relativamente allo Spoke n. 6, che si concentra sul tema dell’inclusione con l’hub di ricerca sui diritti umani Human Hall, coordinato da Marilisa D’Amico, prorettrice alla Legalità, alla Trasparenza e alla Parità dei Diritti, oltreché docente di Diritto Costituzionale nella stessa Università di Milano.

Il documento di cui parla Giuseppe Arconzo, presentato a Milano (se ne legga già anche sulle nostre pagine), è frutto del lavoro di un gruppo di ricerca coordinato dallo stesso Arconzo, che è anche delegato dell’Università di Milano per la Disabilità e i DSA (dìsturbi specifici dell’apprendimento), composto inoltre dal ricercatore Stefano Bissaro, da Laura Abet e Giulia Bassi, legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della Federazione lombarda LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) e da Haydée Longo, avvocato e presidente della Consulta per le Persone con Disabilità del Comune di Milano.
«Questo rapporto – commenta Marilisa D’Amico – si inserisce perfettamente all’interno del progetto Human Hall con il quale si è inteso promuovere specifici progetti di inclusione sociale, in collaborazione con il mondo delle imprese, con le Istituzioni e con le Associazioni del Terzo Settore. In questa prospettiva, infatti, la ricerca sui diritti delle persone con disabilità, condotta in sinergia con l’Associazione LEDHA e anche con l’Associazione Luca Coscioni, è particolarmente preziosa, perché è volta a colmare la lacuna che caratterizza oggi la conoscenza dell’attuazione della normativa antidiscriminatoria in sede giudiziaria».

«Dal punto di vista quantitativo – sottolinea Arconzo -, la ricerca ha fornito un dato molto interessante, per certi aspetti anche superiore alle aspettative che era lecito attendersi sulla base delle tendenze giurisprudenziali fino ad oggi registrate dalla dottrina e dagli operatori del settore. Il tema della disabilità, infatti, è stato preso in considerazione da oltre trecento pronunce nei primi sei mesi del 2023. Un numero che ci dice come in ogni giorno lavorativo del primo semestre del 2023 almeno due persone con disabilità abbiano visto un loro diritto deciso da una pronuncia giudiziaria. È un dato di particolare rilievo, perché conferma l’idea che i diritti delle persone con disabilità non sono ignorati nell’attività dei giudici italiani, i quali vengono frequentemente chiamati, con il loro intervento, a garantirne effettività nei casi concreti. Allo stesso tempo, però, proprio il numero delle pronunce intervenute in pochi mesi sembra rafforzare la convinzione che la normativa che riguarda le persone con disabilità incontra ancora oggi criticità e difficoltà sul piano applicativo».

Il principale obiettivo della ricerca, va detto, è quello di offrire a chiunque sia interessato – avvocati, magistrati, operatori del settore e persone con disabilità – uno spaccato generale delle tendenze giurisprudenziali oggi in essere a livello nazionale. Per l’occasione si sono attinte informazioni dai portali istituzionali delle autorità giudiziarie (www.cortedicassazione.it; www.giustizia-amministrativa.it) e dalle banche dati giuridiche (Dejure; Italgiure, Onelegale; Infoleges), che sono state compulsate incrociando tecniche di ricerca e parole chiave differenti, per rintracciare all’interno della sterminata produzione giurisprudenziale del primo semestre del 2023 le pronunce potenzialmente rilevanti ai fini della ricerca.
Le Sentenze esaminate e commentate nel rapporto sono raggruppate per aree tematiche, per agevolare l’individuazione dei profili di maggior interesse di ciascun intervento giudiziale: accessibilità, mobilità e trasporti; accesso alle prestazioni; caregiver; compartecipazione alle spese; lavoro; progetto di vita individuale; scuola; altre decisioni rilevanti, riguardanti temi come l’amministrazione di sostegno e la violenza nei confronti delle persone con disabilità.
Il documento ospita infine un approfondimento sulla Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), per verificare, alla luce dei riscontri statistici relativi al primo semestre del 2023, l’effettivo impiego di questo fondamentale strumento introdotto più di quindici anni fa, per assicurare appunto una tutela giudiziaria alle persone con disabilità vittime di discriminazione.

«Sul versante dei contenuti – riprende Arconzo – va rilevato che un numero piuttosto alto di decisioni giudiziarie riguarda ancora oggi il diritto allo studio: la giurisprudenza in materia è ormai da tempo ampiamente consolidata e davvero si fa fatica a capire come le istituzioni scolastiche e gli enti locali facciano così fatica ad osservare principi giuridici ormai granitici. L’analisi effettuata ha poi consentito di confermare la presenza di una serie di punti fermi in materia di accesso alle prestazioni sociosanitarie, di progetti di vita individuale, di diritti dei cosiddetti lavoratori caregiver e sul tema del calcolo dei costi di compartecipazione al costo delle prestazioni».
«Per la riconosciuta conflittualità che questo tema ha determinato e ancora determina – aggiunge -, è interessante richiamare le decisioni relative alle terapie ABA [Analisi applicata del comportamento, N.d.R.], riconosciute come terapie certamente efficaci per il trattamento dei minori con autismo, la cui erogazione è però rimessa all’esclusiva valutazione delle Aziende Sanitarie sulla base delle specifiche caratteristiche del singolo contenute nel progetto individuale. Particolarmente innovative appaiono poi le decisioni che si sono analizzate in tema di accessibilità (si pensi alla fruibilità dei concerti), diritto che – almeno nell’applicazione giudiziaria – va sempre più consolidando quella centralità che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità gli attribuisce in ragione del suo essere presupposto per il diritto alla vita indipendente e alla piena partecipazione alla società delle persone con disabilità. Appare infine particolarmente innovativo l’orientamento della giurisprudenza – di legittimità e anche di merito – con riferimento al diritto del lavoro delle persone con disabilità: si sono infatti riscontrate diverse Sentenze che prendono una posizione netta sulla natura discriminatoria dei licenziamenti disposti per superamento del periodo di comporto, che non tengano conto delle peculiari condizioni delle persone con disabilità».

Il progetto di ricerca proseguirà in futuro attraverso il monitoraggio e lo studio delle pronunce che i giudici, e non solo quelli italiani, assumeranno nei prossimi mesi, aprendosi al contributo di tutti coloro – avvocati, magistrati e quanti svolgono attività di tutela dei diritti delle persone con disabilità (advocacy) – siano impegnati nel diffondere una cultura dell’inclusione.
«Una simile ricerca – conclude D’Amico – potrà risultare assai utile per gli operatori, insieme alle stesse persone con disabilità interessate, proponendosi come uno strumento concreto per potenziare le attività di advocacy già esistenti». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@unimi.it.

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