Attenti a quei due… per le calli di Venezia

Li avevamo lasciati alla Mostra del Cinema di Venezia, Pietro Turco e Stefania Leone, vicepresidente e segretario generale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), e li ritroviamo ora tra calli e canali della città lagunare, tra Piazza San Marco e l’Arsenale, tra la Biennale di Architettura e il Ponte dell’Accademia, a chiedersi tra l’altro: «Ma quale soddisfazione possono provare due persone cieche a salire sul campanile di San Marco?». La risposta la forniscono loro stessi ed è quanto mai eloquente…

Vista di Venezia dal Campanile di San Marco

Una vista di Venezia dal Campanile di San Marco. «Ma quale soddisfazione possono provare due persone cieche a salire su quel campanile?». La risposta la forniscono Pietro Turco e Stefania Leone producendo alcuni esempi quanto mai significativi

Li avevamo lasciati alla Mostra del Cinema di Venezia, Pietro Turco e Stefania Leone, vicepresidente e segretario generale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), e li ritroviamo ora tra calli e canali della città lagunare, tra Piazza San Marco e l’Arsenale, tra la Biennale di Architettura e il Ponte dell’Accademia, a chiedersi tra l’altro: «Ma quale soddisfazione possono provare due persone cieche a salire sul campanile di San Marco?». La risposta la forniscono loro stessi ed è quanto mai eloquente… 

Siamo tornati sul luogo del delitto. O meglio, non ce ne siamo mai andati. Dopo avervi “deliziato” con il resoconto delle nostre scorribande lungo i viali del Lido tra red carpet e cineprese, parliamo ora della seconda parte della nostra “missione”, quella tra i canali di Venezia, lungo le calli più o meno affollate di una città che non finisce mai di sorprendere.

L’arrivo alla stazione di Santa Lucia ci catapulta in un posto fuori dal mondo. Dai binari del treno ai canali passano pochi metri, durante i quali si deve portare indietro l’orologio del tempo, per adattarsi a una dimensione che non è più nostra, quella dell’assenza delle automobili, dei motorini, dei monopattini elettrici, persino delle biciclette.
Dopo qualche ora di cammino per Venezia, ci si rende conto che quel silenzio di fondo non è l’intervallo tra un semaforo verde ed un altro, ma è la normalità. Il rumore lontano dei vaporetti a motore fortunatamente non riesce ad annullare questa magia silenziosa.

La Venezia che si allontana dal Canal Grande e dalla Giudecca ci avvolge con la sua atmosfera ovattata, lenta e dondolante, come lo sciabordio dell’acqua sui palazzi e sui pali di legno conficcati a terra, o meglio sul fondo del mare, che ne sostengono la struttura, come mute radici inverse di una città che sembra nata dalla fantasia di un sognatore.
Ci si ritrova a far parte di una veduta del Canaletto, lungo la Riva degli Schiavoni, impastati nel colore pastello. Lo si sente addosso – forse è l’umidità dell’aria che entra nelle ossa – il rollio intermittente delle barche alla fonda, il verso dei gabbiani che ci ronzano intorno o gli spruzzi portati da un vento sbarazzino.
Frasi fatte, parole scontate, ma a Venezia le parole mancano per descriverne fino in fondo la bellezza e allora, forse, vanno bene così.

Essendo arrivati fin lì, non potevamo evitare di provare a fare un giretto nella Piazza e nella Basilica di San Marco. I poliziotti ai varchi di controllo ci hanno fatto evitare la lunga fila, scortandoci fin dentro il Duomo e abbiamo potuto toccare molti dettagli tra l’altare, il pulpito e le colonne tra le navate. Piccoli privilegi di una condizione che, per ogni altro verso, regala solo complicazioni. Perché non approfittarne?
Sempre evitando le file, abbiamo imboccato con decisione l’ascensore che porta in cima al campanile!
Prima che ci si faccia la solita domanda su quale soddisfazione provino delle persone cieche nel salire sul campanile di San Marco, rispondiamo con qualche esempio: la comprensione di quanto sia grande una delle campane, che siamo riusciti a toccare delicatamente con la punta del bastone bianco, cercando di delimitarne i contorni e facendola suonare, leggermente, prima che qualcuno ci ammanettasse (c’è un cartello multilingue che vieta esplicitamente di farlo, ma noi ahimè non lo abbiamo letto…). E ancora, la sensazione dei suoni lontani da così in alto, del fresco del vento, e ovviamente la possibilità di crearci un’immagine del panorama circostante, grazie alla descrizione di chi ci accompagnava. Infine, perché no, ammettiamo che è particolarmente piacevole sentirsi in un luogo visitato da turisti che arrivano da ogni parte del mondo!

Cosa ci ha sorpreso di Venezia? Sicuramente l’Arsenale: la sua posizione defilata distante dalla confusione, l’assenza quasi totale di esercizi commerciali, la presenza di pochi turisti che si guardano di soppiatto, quasi a volersi nascondere, per non rivelare che c’è una zona di Venezia che conserva la sua dimensione ristretta di quartiere popolare. Abbiamo avuto modo di parlare con qualche veneziano che ci ha confermato come la zona dell’Arsenale sia la più bella da abitare, vicina al tutto eppure così lontana dal caos del mordi e fuggi. Fortunati noi a sceglierla, anche un po’ inconsapevolmente, come base delle nostre scorribande lagunari.
E che dire della visita alla Biennale di Architettura? Martina, la guida della Biennale che ci ha accompagnato, ci ha confessato che aveva delle perplessità sul reale interesse che avrebbe potuto esercitare la mostra per due non vedenti. Sarà stata la sua bravura, la bravura nostra o la congiunzione astrale, sta di fatto che ci siamo divertiti tantissimo e abbiamo passato due ore davvero interessanti.
La cura con la quale Martina ha scelto le opere e i padiglioni da farci visitare, toccare e annusare rileva una sensibilità e una conoscenza davvero profonda. Brava Martina e bravi quelli della Biennale!
Siamo stati due ore, ma avremmo potuto restarne altre due senza annoiarci; non pensavamo ci fosse tanto da dire e da scoprire dietro un progetto architettonico. e di tutto ciò ringraziamo sentitamente.

Cosa ci ha deluso? Purtroppo dobbiamo confessare che la visita alla Collezione Peggy Guggenheim ci ha un po’ deluso. Avevamo intercettato in passato una selezione della collezione a Palazzo Strozzi a Firenze, e ne eravamo rimasti incantati, anche grazie alla possibilità di toccare tutto il toccabile e grazie alla guida preziosa di una storica dell’arte. Volevamo rivivere l’esperienza nella casa madre, ma non è stata la stessa cosa.
Sul sito web c’è scritto che si può usufruire di un “kit doppio senso” per una visita sensoriale alla mostra: peccato che in biglietteria non fosse disponibile alcun kit, che avremmo dovuto prenotare in anticipo, diversamente da quanto riportato; peccato che non fossero disponibili le audioguide perché tutte impegnate; peccato che le poche opere scelte con una riproduzione tattile fossero le meno adatte ad essere comprese e gustate in esplorazione da una persona cieca; ce n’erano infatti di più semplici e belle! E peccato che gli addetti presenti non fossero palesemente formati per assistere una persona non vedente.
Peccati veniali, forse, ma per chi si fa quattro ore di treno per arrivare a Venezia con delle aspettative,  forse tanto veniali non sono.
Qualche nota positiva: abbiamo potuto toccare tutte le sculture presenti nel giardino del Palazzo Venier dei Leoni, sede appunto della Collezione Peppy Guggenheim (opere di Alberto Giacometti e Max Ernst tra gli altri); abbiamo potuto visitare comunque le stanze del palazzo che non essendo enorme e avendo una forma a “L” si comprende abbastanza bene; e infine abbiamo potuto godere di un affaccio unico sul Canal Grande dalla terrazza del palazzo che degrada sul canale, proprio quando stava passando il corteo legato alla Regata Storica. Davvero chic, molto vip, very top!

Tornando verso la realtà, abbiamo avuto modo di apprezzare ancora una volta l’atmosfera magica di una città in festa. La Regata Storica è molto sentita dai veneziani, che affollano le rive e i ponti per riprendersi gli spazi di una città altrimenti ostaggio dei turisti.
E di due ponti vogliamo parlarvi prima di riprendere il treno: il Ponte dell’Accademia e il Ponte della Costituzione.
Il Ponte dell’Accademia ha una storia travagliata alle spalle. Costruito in stile industriale a metà dell’Ottocento, presentò subito delle debolezze che ne minavano la sicurezza. Nel 1933, in soli 37 giorni, fu tirato su un ponte provvisorio in legno, in attesa della conclusione della gara per quello definitivo. Strano a credersi per l’Italia, ma la provvisorietà dell’opera è durata più di cinquant’anni, fino alla costruzione dell’attuale ponte che conserva il rivestimento in legno.
Il Ponte della Costituzione, invece, più noto come “Ponte di Calatrava”, ci riconsegna alla stazione di Santa Lucia. Anch’esso ha una storia travagliata che non sembra ancora finita. Il pavimento in vetro molto scivoloso, l’irregolarità degli scalini, la fantomatica ovovia che avrebbe dovuto consentire l’attraversamento del ponte alle persone con ridotta mobilità: tutti fattori che l’hanno reso il “ponte delle polemiche”.

Ci lasciamo polemiche e ponti alle spalle, sospesi per un ultimo momento prima di entrare in stazione. Annusiamo l’aria cercando di immagazzinare Venezia dentro i nostri polmoni. Il vociare della realtà incombe sui nostri sensi, non è facile, ma qualcosa ci resta appiccicato addosso come una pennellata di colore del Canaletto. Chissà se resisterà alla prima lavatrice!

Rispettivamente vicepresidente e segretario generale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Il presente contributo è già apparso nella testata telematica «Notizieaccessibili.it» e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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