In questi giorni è infuocato il dibattito su una proposta del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, tendente ad evitare che in ogni classe di scuola ci possano essere troppi alunni migranti rispetto al numero degli italiani. L’iniziativa è stata certo suggerita da casi estremi di classi in cui la maggioranza degli alunni era costituita da migranti e probabilmente anche dallo spirito estremista della Lega.
A ben riflettere, la proposta sembra suggerita “apparentemente” dal buon senso, giacché se in una classe la maggioranza è costituita da migranti, quella classe avrà certamente grossi problemi, dovuti alla difficile comprensione della lingua italiana per i migranti e di ritardo apprenditivo per gli alunni “nostrani”.
Dico “apparentemente”, perché così come formulata la proposta ha un sapore razzista. Infatti, non tutti i migranti hanno difficoltà di comprensione della lingua; anzi, le esperienze delle scuole dell’infanzia e di quella primaria dimostrano come i ragazzini migranti imparino la nostra lingua con estrema facilità e sia anzi “un gioco” per i compagni “nostrani” insegnare loro il senso delle parole.
E allora, per rendere la proposta in concreto accettabile, sarebbe bene precisare che il tetto massimo dovrebbe essere costituito da migranti che non conoscono la nostra lingua. In tal modo il sapore razzista che la proposta veicola si perderebbe. Certo, ci saranno problemi organizzativi per lo spostamento di alunni migranti da una scuola all’altra, dal momento che i migranti non vivono equamente distribuiti su tutto il territorio delle nostre città e dei nostri Paesi, ma quasi “ammassati” solo in certi quartieri. E tuttavia si tratta di un problema organizzativo risolvibile, se collaborano enti locali e organi dell’amministrazione centrale.
La soluzione proposta dal ministro Gelmini dovrebbe inoltre avere risvolti pratici importanti, se applicata al campo degli alunni con disabilità presenti nelle nostre classi. Infatti, lo stesso problema di concentrazione si era avuto inizialmente quando – a partire dalla fine degli anni Sessanta e poi in modo sempre più massiccio – gli alunni con disabilità sono transitati dalle scuole e dagli istituti speciali nelle classi comuni.
Certo, la presenza massiccia di alunni con disabilità nella stessa classe crea problemi di didattica difficilmente risolvibili. Il Ministero emanò allora il Decreto 141/99 che fissava un tetto massimo alla presenza di alunni con disabilità nella stessa classe, ovvero uno nelle classi composte da venticinque alunni e due in quelle composte da non più di venti alunni. Anzi il Decreto precisava che superando questi tetti le classi andavano obbligatoriamente sdoppiate.
Purtroppo, però – come abbiamo già avuto modo di rimarcare su queste colonne – la bozza del Regolamento sulla riformulazione degli organici e delle classi, di prossima emanazione, ha abrogato tale Decreto, fissando sì un tetto massimo di venti alunni per classe, ahimè “di regola” (il che significa che vi possono essere eccezioni), ma nulla dicendo sul numero massimo di alunni con disabilità presenti nella stessa classe.
Dio non voglia che, a causa dei risparmi sulla spesa pubblica, non si ricorra alla soluzione geniale (!) di mettere nella stessa classe da venti alunni tre, quattro o cinque studenti con disabilità. Se così avvenisse in sede applicativa del Regolamento, la sbandierata qualità della scuola e dell’integrazione scolastica andrebbe irrimediabilmente perduta, con gravissime conseguenze per il benessere di tutti gli alunni e si potrebbero verificare fenomeni di rigetto, come è avvenuto nei casi limite di sovraffollamento di migranti nella stessa classe.
Se dunque il ministro Gelmini ha avuto questa ragionevole proposta per i migranti, la invitiamo ad essere coerente e ad accogliere la richiesta che la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha insistentemente avanzato in questi giorni – purtroppo ancora inascoltata dal Ministro – di porre un tetto massimo della presenza di due o tre alunni con disabilità nella stessa classe.
Vogliamo sperare che il Ministro sia coerente e non si occupi solo dei migranti per “fare un favore” alla Lega, ma si ricordi che nelle scuole italiane sono presenti, ormai da moltissimi anni, quasi 200.000 aluni con disabilità, che frequentano le nostre classi non per un rispetto puramente formale al principio di pari opportunità ed eguaglianza sancito dall’articolo 3, comma 1 della Costituzione, ma che in tali classi sono riusciti ad integrarsi, con vantaggio reciproco di tutti gli alunni, grazie all’attuazione del comma 2 dello stesso articolo, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena partecipazione alla vita della comunità.
Signor Ministro, fissi un tetto basso anche per questi alunni e le loro famiglie gliene saranno grate!
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).