Un progetto nato per garantire il diritto alla salute delle donne con disabilità

Si chiama “Libellula”, l’importante progetto promosso in Toscana dal Distretto 2071 del Rotary, per garantire il diritto alla salute delle donne con disabilità. L’iniziativa, che ha una regia femminile, si prefigge di promuovere una raccolta fondi finalizzata ad acquistare lettini ginecologici elettrici, regolabili in altezza e in inclinazione, adeguati alle necessità delle donne con disabilità. I lettini saranno donati alle tre ASL della Toscana

Libellula

Una libellula

Ci voleva uno sguardo femminile, quello di Margherita Magi, dirigente medica di primo livello presso l’INAIL (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), nonché moglie di Fernando Damiani, governatore del Distretto 2071 del Rotary, per ideare Libellula, un progetto finalizzato a dare concretezza al diritto alla salute delle donne con disabilità.
Il termine “libellula”, evoca, tra gli altri, anche «concetti quali libertà, equilibrio, mutamento, e cambiamento come realizzazione del Sé», spiega lei stessa. Un’immagine, quella associata al progetto, capace di evocare una visione eticamente elevata (la libertà), ma anche, contemporaneamente, di suscitare interesse nei 70 Club Rotary della Toscana chiamati a sostenerlo.
Obiettivo del progetto è quello di promuovere una raccolta fondi finalizzata ad acquistare lettini ginecologici elettrici, regolabili in altezza e in inclinazione, adeguati alle necessità delle donne con disabilità. I lettini saranno donati alle tre ASL della Toscana, con l’indicazione che ne siano prioritariamente dotati gli ambulatori ginecologici ospedalieri e i consultori del territorio, quindi gli ambulatori del Codice Rosa (il percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato alle vittime di violenza).

Se conoscere l’obiettivo del progetto è fondamentale, è ugualmente importante individuare e comprendere le motivazioni che hanno portato all’ideazione di esso. La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09, riconosce che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple, e impegna gli Stati che l’hanno ratificata ad adottare tutte le misure per garantire anche ad esse il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali (articolo 6).
Si definisce discriminazione multipla un tipo di discriminazione che si basa su più fattori; infatti, le donne con disabilità sono discriminate sia per l’appartenenza al genere femminile – che comporta minori opportunità rispetto alle donne senza disabilità, ma anche rispetto agli uomini con e senza disabilità –, sia per l’essere persone con disabilità – dunque soggette a tutte le barriere fisiche, sensoriali e culturali che si incontrano in un ambiente pensato, progettato e costruito senza tenere conto delle loro caratteristiche.
La discriminazione multipla agisce in tutti gli àmbiti della vita delle donne con disabilità, e il minore accesso ai servizi sanitari è una delle aree in cui sono maggiormente penalizzate.

Da un’indagine svolta su un campione non probabilistico nel 2021 a cura della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) nel 2021, è emerso che il 44,4% delle donne con disabilità non esegue con regolarità i necessari controlli ostetrico-ginecologici. La mancanza di un lettino ginecologico adeguato alle loro esigenze è uno dei principali motivi individuati dal campione per l’irregolarità delle visite (fonte: Report del progetto “Sessualità, maternità, disabilità”, a cura del Gruppo Donne UILDM e del Gruppo di Psicologi UILDM, marzo 2022).
È difficile trovare dati aggiornati su questi aspetti. In materia di prevenzione, il Rapporto Osservasalute, prodotto dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, evidenziava come, nel 2015, la percentuale di donne con disabilità che avevano seguito un pap-test fosse del 52,3% (a fronte del 67,5% della popolazione femminile), mentre per la mammografia le percentuali erano 58,5% per le donne con limitazioni funzionali, e 75% per la popolazione femminile.
Stando all’Indice sull’Uguaglianza di Genere 2022, elaborato dall’EIGE (Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere), il 9% delle donne con disabilità ha bisogni sanitari non soddisfatti. Il dato è analogo a quello degli uomini con disabilità (8%) e molto più alto di quello delle donne e degli uomini senza disabilità (rispettivamente 3% e 2%).

L’inaccessibilità dei servizi per la salute sessuale e riproduttiva comporta, ad esempio, non poter individuare eventuali tumori femminili in fase iniziale, scoprirne l’esistenza quando sono ormai in fase avanzata, e incontrare barriere nell’accesso alle cure dopo la diagnosi. Oppure, altro esempio, può comportare che le donne con disabilità in stato di gravidanza non trovino un supporto sanitario adeguato.
Il problema, ovviamente, non è solo quello dell’accessibilità ambientale e strumentale (degli arredi e degli apparecchi diagnostici), ma si pone evidentemente anche una questione di formazione del personale sanitario alle esigenze delle donne con disabilità diverse, di accesso alle informazioni sui servizi ecc. Ma già eliminare la barriera di un lettino irraggiungibile per molte donne con disabilità motorie sarebbe un bel passo avanti nella costruzione di una società inclusiva per tutti e tutte.

Per predisporre il progetto Libellula, Magi ha saputo coinvolgere diverse altre figure con percorsi e competenze importanti in àmbito sanitario; le nominiamo di seguito, limitandoci a indicare solo qualcuno dei loro molteplici incarichi e qualifiche: Simona Dei, direttrice sanitaria aziendale da dodici anni, prima della ASL di Pisa, poi di Siena, dal 2016 dell’ASL Toscana Sud-Est (Province di Arezzo, Siena e Grosseto); Vittoria Doretti, medica ideatrice a livello nazionale e responsabile della rete regionale Codice Rosa, ovvero, come accennato, dello speciale percorso di accesso al Pronto Soccorso dedicato alle vittime di violenze e abusi, in particolare donne e bambini, ma anche vittime di crimini d’odio, progetto nato nel 2010 nell’ASL di Grosseto e diventato regionale nel 2011; Manola Pisani, medica, già responsabile dell’Unità Funzionale Cure Primarie Distretto Colline Metallifere-Amiata-Grossetana.
Del gruppo di lavoro fa parte anche chi scrive, Simona Lancioni, sociologa e documentalista, responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa), da venticinque anni impegnata nella promozione dei diritti delle donne con disabilità, e curatrice di una specifica sezione documentaria dedicata a questi temi. (Simona Lancioni)

A questo, questo e questo link sono disponbili altrettanti brevi filmati con testimonianze di donne con disabilità sull’accesso ai servizi sanitari (Antonella, Margherita e Carla), raccolte dall’Associazione DisabilmenteMamme, che ringraziamo sentitamente.
Per approfondire ulteriormente i temi trattati nel presente contributo (già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli, in provincia di Pisa e qui ripreso, con alcuni riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione), si può fare riferimento, sempre nel sito di Informare un’h, alle sezioni Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi e, più in generale, Donne con disabilità.

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