Il caso di Charlie e la necessità di un dialogo aperto

«Riteniamo importante – si dichiara da parte della Federazione Italiana Malattie Rare, a proposito del caso riguardante la sorte del piccolo Charlie Gard, che tanto clamore sta suscitando – instaurare un dialogo aperto tra ricercatori, università, mass media e cittadini su temi come questi che toccano tutti. Spesso l’onda mediatica tratta argomenti delicati in modo sensazionalistico, puntando sull’emozionalità del pubblico. Ma il dibattito pubblico, basato su un’informazione trasparente e di qualità, è fondamentale per aiutare la scelta individuale di ciascun paziente e di ciascuna famiglia»

Medardo Rosso, "Bambino malato", 1888

Medardo Rosso, “Bambino malato”, 1888

Il grande clamore che ha suscitato il caso del piccolo Charlie Gard in Gran Bretagna ci vede coinvolti in prima linea come Federazione Italiana dei Malati Rari. Non solo perché Charlie è affetto da una patologia rara mitocondriale, ma perché con questa Sentenza [la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dato torto nei giorni scorsi ai genitori del bimbo, stabilendo che «qualunque ulteriore trattamento danneggerebbe Charlie, sottoponendolo a dolore continuo, sofferenza e stress senza produrre alcun beneficio», N.d.R.] il destino di tutti i piccoli che nascono affetti da patologie rare e complesse è fortemente segnato, come il diritto di decisione sul loro futuro da parte dei genitori.

Di fatto, con questa battaglia legale siamo di fronte a una scelta epocale che ci vede coinvolti anche come società civile: il paziente e il caregiver [“assistente di cura”, N.d.R.] familiare hanno diritto di scelta o no sulla salute e, di conseguenza, sulla loro vita?
I Malati Rari sono “malati di frontiera” e per questo si trovano ad affrontare in modo pionieristico sulla loro pelle ricerche di confine e di cure avanzate e si confrontano anche con nuovi scenari etici-normativi. Sono sempre chiamati a prendere decisioni difficili sul proprio futuro di salute e su quello dei loro cari e per questo compito sono affiancati e preparati dalle Associazioni di pazienti, una presenza attiva nel loro percorso di cura e nel far rispettare il loro diritto ad essere i decisori ultimi, rispetto a scelte che condizioneranno la loro esistenza.
Ma sul destino di Charlie la volontà dei genitori e di chi segue da vicino le patologie mitocondriali non ha avuto alcun peso. Eppure è risaputo che le malattie mitocondriali sono molto poco conosciute e per questo hanno uno sviluppo imprevedibile. I medici non sono in grado di predire il futuro di questi bambini, perché poco possono sapere dello sviluppo di queste patologie. Molti sono i casi in cui bambini nati con questa malattia e a cui erano stati dati pochi mesi di vita hanno, invece, recuperato e da anni vivono – in maniera difficile, certo – superando le aspettative dei medici. La scelta, in casi aperti come questi, non dovrebbe essere tolta ai genitori in base a valutazioni cliniche comunque parziali, rispetto a quanto si sa dello sviluppo della malattia. L’équipe medica in questo caso dovrebbe essere prudente, e accompagnare la decisione dei genitori nel modo migliore possibile.

Riportiamo quanto dichiarato da Piero Santantonio, presidente di Mitocon ONLUS, l’Associazione che si occupa in Italia di queste patologie. «A metà giugno – ha ricordato – vi è stato il Convegno Internazionale dei Mitocondrologi che si svolge a Colonia,in Germani, ogni tre anni. Ebbene: si sono detti tutti disponibili a studiare il caso, per proseguire con la possibilità di testare le terapie. Non c’è solo il professor Hirano negli Stati Uniti, che è il massimo esperto. C’è una collaborazione scientifica internazionale a cui appartengono gruppi di medici anche italiani e spagnoli e che stanno studiando alcune soluzioni suppletive. Ad esempio la soluzione di supplementazione con nucleotidi per la sintesi delle proteine potrebbe supplire al deficit mitocondriale. Ci sono tanti studi in materia e molti risultati incoraggianti. Il problema è che non ci sono pazienti disposti a sottoporvisivi, ma questo accade in tutte le sperimentazioni medico-scientifiche. Nel caso di Charlie c’era la massima disponibilità a farlo. Ecco perché mi chiedo il motivo di questa decisione così drastica che lede il diritto di scelta dei genitori».

Come Federazione, riteniamo importante instaurare un dialogo aperto tra ricercatori, università, mass media e cittadini su questi temi che toccano tutti. L’onda mediatica enfatizza notizie, senza spesso approfondire i vari risvolti. Argomenti delicati vengono trattati in modo sensazionalistico, puntando sull’emozionalità del pubblico, senza offrire la possibilità di una riflessione serena. Ma il dibattito pubblico, sostenuto da un’informazione trasparente e di qualità, è fondamentale per aiutare la scelta individuale di ciascun paziente e di ciascuna famiglia, in un contesto di complessità nel quale le scelte non possono essere univoche.
Questo aiuterà i pazienti e le famiglie a superare momenti difficili e contribuirà ampiamente alla costruzione di una vera cittadinanza scientifica, che ad oggi manca in molte parti d’Europa. L’obiettivo è trovare un equilibrio tra la classe medica e pazienti resi più consapevoli dei loro diritti, per evitare di rompere l’alleanza terapeutica tra clinici e pazienti o familiari, cosa che finisce per approdare alla contesa giuridica, spesso teatro di decisioni drammatiche e di strumentalizzazioni condite da tempeste mediatiche tristemente superficiali.

Con la decisione di “porre fine alle sofferenze” di Charlie, vediamo soprattutto una Sentenza che decreta la fine dell’esistenza di un bambino nel nome del suo migliore interesse, non tenendo conto del diritto di scelta dei caregiver e delle sia pur flebili possibilità offerte dalla ricerca in un campo ancora tutto da esplorare come quello delle Malattie Rare.

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